domenica, Settembre 15, 2024

Promuovere una dieta sana e lottare contro lo spreco

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PRESENTATO IL “WORLD FOODWASTE REPORT 2022”. IL RAPPORTO DI WASTE WATCHER RACCOGLIE I DATI SULL’IMPATTO DELLO SPRECO ALIMENTARE DOMESTICO DI MOLTI PAESI DEL MONDO. INTERVISTA AD ANDREA SEGRÉ

Il 2030 si avvicina e tra gli obiettivi che dovremmo perseguire, quello ancora lontano è la riduzione dello spreco alimentare. In Italia vale ben 9 miliardi di euro lo spreco domestico. Si sale a 15 miliardi se si considera il costo di risorse, come quelle energetiche. Ogni settimana si gettano circa 674 grammi di cibo. Questo è il dato che emerge dal World Foodwaste Report del 2022, presentato il 13 ottobre scorso nello Spazio Europa, sede della Commissione Europea a Roma.

È il primo rapporto globale sul legame fra cibo e spreco, a cura di Waste Watcher, International Observatory on Food & Sustainability. Indaga i diversi stili alimentari e comportamenti dei cittadini di nove Paesi del mondo: Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Brasile e Giappone.

«Waste Watcher International è un osservatorio di percezione. Il panel rappresentativo di mille persone per Paese ci permette di fare delle istantanee dello spreco domestico con una serie di indicazioni che provengono direttamente dai consumatori – spiega Andrea Segré, professore di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna, fondatore di Last Minute Market e direttore scientifico dell’Osservatorio -. I dati sono importanti ma l’obiettivo non è stilare delle classifiche. Per scoprire cosa è utile fare per contrastare lo spreco e promuovere diete sane e sostenibili abbiamo bisogno di misurazioni più precise possibili».

Lotta allo spreco: è un problema di cultura

L’Italia non è l’unico Paese a registrare uno spreco alimentare domestico elevato. In Europa i peggiori da questo punto di vista sono la Germania con 892 grammi e Regno Unito con 859 grammi. Mentre per la Francia lo spreco arriva solo a 634 grammi. Invece gli Stati più virtuosi monitorati sono Sudafrica, con 324 grammi a settimana, e Giappone con 362 grammi. Il maggiore spreco in assoluto è, al contrario, registrato negli Stati Uniti con 1338 grammi di cibo gettati alla settimana.

«Dei Paesi che abbiamo rilevato è interessante notare che molto dipende dalle tradizioni – continua Segré -. Si riscontra infatti omogeneità nell’area europea. Colpisce la sobrietà dei giapponesi per le loro abitudini alimentari, le loro porzioni piccole e la dieta. Invece gli Stati Uniti sprecano tre volte di più rispetto ad altri Paesi europei. Questo dovrebbe interrogarli sul rapporto con il cibo, che è diverso rispetto al nostro».

Infatti i cittadini americani sono anche coloro che sono meno attenti alle esigenze e ai possibili rimedi di questa grave emergenza, delineando quindi un problema culturale.

Quali sono i cibi che vengono sprecati di più?

Un altro dato interessante emerso dal report è la stagionalità dello spreco che si verifica soprattutto in Italia. Si spreca di più in estate. Ciò si lega anche al maggior consumo di frutta e verdura, che sono, purtroppo, le tipologie di cibi che più spesso vengono gettate. In Italia sprechiamo individualmente 30,3 grammi di frutta alla settimana. Poi c’è l’insalata con una media di 26,4 grammi e il pane fresco con 22,8 grammi. Tra gli alimenti più sprecati ci sono anche latte e yogurt (38,1 grammi settimanali negli Stati Uniti e 27,1 in Germania), affettati e salumi (21,6 grammi in Francia e 14,2 in Giappone), riso e cereali, che in Brasile si gettano per 27,2 grammi settimanali, e infine i cibi pronti, che i giapponesi sprecano mediamente 11,5 grammi settimanali.

Motivi e rimedi per ridurre lo spreco alimentare

Le motivazioni sono sempre le stesse: la dimenticanza, la cattiva conservazione dei supermercati e la frequenza d’acquisto.

Ma quali sono allora le strategie da adottare per ridurre lo spreco? Molti consumatori sottolineano la possibilità di creare prodotti di piccolo formato, che si adattino anche ai nuovi nuclei familiari (il 47% dei brasiliani, il 39% dei tedeschi, il 37% degli italiani). Poi, in riferimento ai prodotti freschi, dovrebbe aumentare la frequenza d’acquisto. Invece ancora i consumatori italiani sono reticenti a congelare i prodotti non consumati. Solo un italiano su due dichiara di farlo, contro il 49% dei sudafricani o il 39% degli statunitensi. Allo stesso modo anche la “family bag”, cioè portare a casa il pasto acquistato al ristorante ma non terminato, è una soluzione che pochi adottano: in Giappone il 23%, in Germania il 49% e in Italia il 50%. Questo dato riflette soprattutto un problema culturale, come sottolinea Lino Stoppani, vicepresidente Confcommercio.

Il grave problema dello “spreco metabolico”

Con le criticità di questo periodo storico, tra crisi energetica, pandemia globale e una guerra alle porte dell’Europa, scaturisce nel rapporto come la percezione dello spreco delle popolazioni del mondo, in particolare in Italia, stia cambiando. Per la prima volta lo spreco alimentare diventa una pratica da evitare non solo per non dare un cattivo esempio alle giovani generazioni ma perché sinonimo di spreco di denaro.

«Ridurre lo spreco non è più solo visto dal punto di vista etico ma diventa sinonimo di progressione economica – sottolinea il direttore scientifico IPSOS, Enzo Risso, durante la conferenza -. È parte dello sviluppo».

Tuttavia i consumatori italiani non stanno compiendo semplicemente un taglio nette alle proprie spese, come invece accade in Giappone e negli Stati Uniti. Stanno in realtà ridisegnando il proprio “carrello”. Come infatti sostiene Luca Falasconi dell’Università di Bologna commentando i dati ISTAT, spendiamo di più, con un aumento del 7%, per portarci a casa di meno (-3%). E a preoccupare è soprattutto la qualità dei prodotti acquistati.

«Quello che abbiamo notato è che non è soltanto uno spreco di quantità, chili di alimenti buoni gettati nella spazzatura, ma anche di qualità – precisa Andrea Segré -. Il costo della caloria sempre più basso che va ad alimentare i più poveri ha un impatto sulla salute». È ciò che si definisce “spreco metabolico”, un grave problema che emerge a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Alimentazione.

Il diritto al cibo e il saggio di Andrea Segré

Ma il diritto al cibo sano e salutare dovrebbe essere preservato in ogni democrazia. Su questo concetto si concentra anche l’ultimo saggio di Segré: “D(i)ritto al cibo. La mia playlist dallo spreco alla cittadinanza alimentare”.

«Sprecare il cibo non è soltanto un problema etico e morale, dato che ci sono tante persone che sono in povertà alimentare e che non riescono ad avere accesso al cibo adeguatamente. È un dovere non sprecare. Potremmo quindi riconoscere un diritto. – spiega l’ideatore di Last Minute Market -. È il diritto al cibo, a un’alimentazione adeguata, “ius cibi”: mangiare in maniera sufficiente, in modo sano e sostenibile. Con questo testo si vuole promuovere un riconoscimento de facto, a partire dalle nostre comunità e dai Comuni. Da politiche di contrasto alimentare, si prosegue con la formazione nelle scuole e la creazione di filiere più corte. Lo scopo è far sì che il cibo diventi un valore per tutti e che, a fronte del dovere di non sprecare, si riconosca questo diritto».

Politiche pubbliche e responsabilità della filiera

Durante la conferenza sono intervenute diverse personalità di spicco del panorama del food e non solo e delle istituzioni, come il Chief Economist della FAO, Maximo Torero Cuellen, e il vicedirettore generale aggiunto della FAO ed ex ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, che hanno sottolineato come a politiche individuali debbano affiancarsi a politiche pubbliche per combattere lo spreco.

Poi è intervenuto Stefano Gatti, inviato speciale per la sicurezza alimentare del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e Massimiliano Giansanti di Agrinsieme, in collegamento dalla Croazia. Quest’ultimo ha evidenziato come i modelli agricoli attuali debbano cambiare alla luce degli effetti del cambiamento climatico.

World FoodWaste Report 2022 ha avuto anche il sostegno di ENI, Conai, Natura Nuova, UNITEC e Fruttagel. Inoltre tra gli sponsor c’è anche Federalimentare, il cui presidente, Ivano Vacondio, ha reso noto come lo spreco alimentare provenga soprattutto dalla fase di produzione e raccolta. Quindi tutti gli attori della filiera devono essere consapevoli del proprio ruolo, proprio come lo è l’industria alimentare.

Numero verde ONA

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