SCELTO SPESSO COME SIMBOLO DALLA POLITICA, IL PONTE SEMBRA RISPONDERE A ESIGENZE NON PIÙ IN LINEA CON LA REALTÀ, MAGGIORMENTE ATTENTA ALLA TUTELA DELL’AMBIENTE
Il ponte sullo Stretto di Messina è legge. Lo ha deciso il Senato il 25 maggio scorso. Sembra così che il progetto di unire la Sicilia al resto della penisola si farà, nonostante tutte le criticità.
L’idea è nata addirittura prima dell’Unità d’Italia con Ferdinando II di Borbone. Egli voleva utilizzare la realizzazione del ponte come simbolo di unificazione della nazione. Tuttavia il terremoto di Messina del 1908, con le sue tragiche conseguenze e con più di 80mila vittime, ha interrotto qualsiasi sviluppo del progetto.
Eppure la politica ha continuato a far risorgere il “mito del ponte” nei propri programmi elettorali: da Bettino Craxi nel 1985 a Silvio Berlusconi nel 2002 e nel 2010, fino a Matteo Renzi nel 2016. E adesso con il governo Meloni sembra che il progetto di edificare la grande opera sia compiuto, o quasi.
Ponte sullo Stretto di Messina sarà il più lungo al mondo
Secondo il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, che ha fatto della realizzazione del ponte uno dei suoi obiettivi politici principali, il progetto esecutivo dovrebbe essere presentato e approvato entro la fine di luglio 2024. Poi dovrebbero iniziare i lavori.
«I cittadini risparmieranno soldi e tempo, e l’ambiente ne guadagnerà – ha dichiarato il leader della Lega -. Il ponte sullo Stretto dà l’idea di un’Italia che cresce, che sogna, che costruisce, che verrà studiata e invidiata».
Sarà, infatti, il ponte a campata unica più lungo al mondo: la lunghezza totale sarà di 3.666 metri, con una campata centrale di 3.300 metri. Ci saranno sei corsie stradali e due binari ferroviari per una capacità dell’infrastruttura di 6mila veicoli all’ora e duecento treni al giorno. La resistenza della struttura al sisma sarà pari a 7,1 magnitudo della scala Richter, con un impalcato aerodinamico di terza generazione stabile fino a velocità del vento di 270 km/h.
Inoltre sarà «un’opera green – continua Salvini -, con più di 100mila tonnellate di mancate emissioni di CO2 nell’aria e un mare più pulito e non solcato da centinaia di traghetti».
Eppure le associazioni ambientaliste sono da sempre contrarie al progetto. Infatti, sebbene si voglia “tingere di verde” l’infrastruttura di cemento che sovrasterà le coste calabresi e siciliane, sono molte le criticità che mettono in discussione la fattibilità dell’opera e la sua sostenibilità.
Le alternative al ponte delle associazioni ambientaliste
Tutto ciò è illustrato nel Contro-Dossier La corretta valutazione delle alternative all’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, redatto da Kyoto Club, Legambiente e WWF. Nelle sue pagine si contestano le conclusioni della relazione del Gruppo di Lavoro, incaricato, nel 2020, di valutare le alternative per l’attraversamento stabile dello Stretto.
“Il Ponte rimane uno slogan politico. Consente di nascondere il fallimento delle politiche di questi anni per il Sud e l’assenza di una strategia per il futuro – sottolinea il report presentato dalle associazioni -. Oggi più che di grandi opere abbiamo bisogno di una visione che accompagni le scelte di decarbonizzazione in questa area del Paese e crei così opportunità per i cittadini e le imprese”.
Infatti bisogna tener conto degli impegni sulla riduzione delle emissioni di gas serra prese dal nostro Paese per una completa decarbonizzazione al 2050. Sarebbe quindi più utile rafforzare il trasporto marittimo e ferroviario tra Sicilia e Calabria.
L’Europa, con il Green New Deal, sta cercando di ridurre sempre più il traffico su ruote nel continente. Il progetto sembra invece scoraggiare questi obiettivi. Inoltre il ponte dovrebbe essere realizzato nel posto meno esteso dello Stretto, tra due punti lontani dalle città di Messina e Reggio Calabria. Questo renderebbe di fatto problematico il traffico e costringerebbe molti a continuare a utilizzare i traghetti. Sarebbe invece più saggio utilizzare i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, circa 8miliardi e mezzo di euro, per il trasporto locale “verde”. Di questi quasi 4 miliardi sono previsti per la transizione ecologica della flotta navale e per l’elettrificazione delle operazioni portuali, al fine di ridurre le emissioni e l’inquinamento.
La transizione ecologica della flotta navale italiana
È proprio il traghettamento, per le associazioni, l’alternativa migliore dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale. La flotta italiana di traghetti è infatti la seconda più grande d’Europa, preceduta solo dalla Norvegia. La traversata con la più alta frequenza è proprio quella per la Sicilia. A oggi il tempo di attraversamento è di circa 30 minuti, con corse che si alternano circa ogni 40 minuti.
«La percorrenza stradale per accedere all’infrastruttura di 20 chilometri – fa notare Stefano Lenzi, responsabile dell’Ufficio relazioni istituzionali del WWF – ridurrebbe i tempi delle operazioni di transito dello Stretto di Messina di soli 10 minuti rispetto al traghettamento».
Il problema dei traghetti in Italia è in realtà costituito dalle emissioni: ben 697mila tonnellate di CO2. È indispensabile quindi migliorare e potenziamento i servizi di traghettamento. Servono interventi infrastrutturali e logistici, e innovazioni tecnologiche per favorire l’instradamento dei treni e l’accessibilità degli autoveicoli. E soprattutto occorre passare all’elettrificazione di questo traffico marittimo. In questo modo si possono ridurre del 50% le emissioni.
«Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha stanziato 510milioni (di cui 246 afferenti al PNRR) per l’attraversamento dinamico dello Stretto – continua Lenzi -. Questi fondi sono destinati all’efficientamento e all’ambientalizzazione del naviglio, alla transizione energetica della mobilità marittima, al rinnovo del materiale rotabile, alla riqualificazione delle stazioni, degli approdi e dell’accessibilità stradale ai porti».
La necessità di migliorare il trasporto ferroviario
In più perché concentrarsi sul ponte se in Sicilia i treni sono lenti e vecchi? Rispetto alla Lombardia, le cui corse di treni regionali sono più di 2mila, in Sicilia queste sono meno di cinquecento. Tra Palermo e Catania, a seconda delle fasce orarie, si impiegano fra le tre e le cinque ore. Mentre, partendo da Catania, per andare a Trapani ci vogliono ben otto ore tra treni, bus e tratti a piedi. Infine il collegamento tra Palermo e Trapani è addirittura interrotto da dieci anni.
Per questo le associazioni di Legambiente Sicilia e Calabria chiedono da tempo di investire in collegamenti veloci e frequenti tra le due regioni grazie, per esempio, ai treni d’alta velocità. Inoltre è fondamentale acquistare traghetti Roll-on/Roll-off (Ro-Ro). Lunghi duecento metri, permettono di far entrare questi treni senza scomporli e di farli uscire direttamente nella direzione opposta a quella di ingresso, una volta oltrepassato il mare, dimezzando così i tempi di attraversamento di oggi.
«Tra linee ferroviarie inesistenti o abbandonate, tratte a binario unico, treni vecchi, a gasolio e a bassissima frequenza, gli spostamenti in Calabria e Sicilia oggi non sono da Paese civile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -. La mobilità extraurbana va sostenuta con una massiccia “cura del ferro”. I porti vanno dotati di banchine elettrificate per liberare dallo smog le comunità che lavorano all’interno e quelle che vivono a ridosso delle aree portuali. In questo scenario è davvero senza senso continuare a parlare di “cattedrali nel deserto” come il Ponte sullo Stretto di Messina. Il governo pertanto faccia marcia indietro. Punti su quegli interventi che servono davvero al Paese e che permetteranno anche di accelerare la giusta transizione ecologica, come chiesto dall’Europa».
Il Recovery Plan per migliorare il trasporto ferroviario
E per farlo si potranno anche utilizzare i fondi previsti dal Recovery Plan. Secondo il rapporto Pendolaria di Legambiente, saranno destinati:
- 4,64 miliardi di euro per creare nuovi collegamenti ad alta velocità al Sud;
- 2,4 miliardi per il potenziamento e l’elettrificazione di alcune linee ferroviarie al Sud;
- 700 milioni di euro per il miglioramento delle stazioni ferroviarie al Sud;
- 200 milioni per l’acquisto di nuovi treni Intercity, in particolare per le regioni del Sud.
Il Ponte sullo Stretto di Messina minaccia la biodiversità
Oltre a dimostrare l’inutilità del ponte sullo Stretto di Messina per quanto riguarda gli spostamenti, le associazioni sottolineano il grave danno che un’opera di questa entità avrà sulla delicata e rara biodiversità del luogo.
Tutta l’area dello Stretto di Messina è sostanzialmente ricompresa in due importanti Zone di Protezione Speciale. Ci sono sul lato calabrese quella della Costa Viola e su quello siciliano quella dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e Area Marina dello Stretto. In più ci sono ben undici Zone Speciali di Conservazione, che tutelano dalla fragile costa calabrese alla zona umida della Laguna di Capo Peloro, fino al prezioso ecosistema botanico dei Monti Peloritani.
«Un ponte sospeso, sorretto da due torri di quattrocento metri, che prevede l’operatività per un decennio di diciassette cantieri e di nove siti di deposito, avrà un notevole impatto ambientale in un’area di grande pregio naturalistico e ambientale, inquinando aria, acqua e suolo– denuncia Stefano Lenzi – . Già nel 2013 la Valutazione di Incidenza fatta dalla Commissione Tecnica VIA-VAS è stata negativa. La creazione di una barriera trasversale alla migrazione, come il ponte, e la distruzione di aree di sosta e alimentazione contrasterebbero nettamente con la responsabilità di conservazione degli uccelli migratori. Infatti lo Stretto di Messina è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica. Qui transitano oltre trecento specie diverse di uccelli, con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di trentotto specie diverse di rapaci e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie, sia durante il giorno sia la notte».
Bisogna custodire la biodiversità marina
Non è poi solo una delle rotte migratorie per l’avifauna più importanti. Lo Stretto è anche un luogo con una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo. Le sue acque sono un unicum nel Mediterraneo, con caratteristiche peculiari dal punto di vista oceanografico e delle biocenosi dei fondali. Il suo ambiente marino, ricco di praterie di Posidonia oceanica, è popolato dal passaggio di cetacei, del tonno rosso e di pesce spada, con correnti superficiali che arrivano sino a 18km/h.
Eppure, come fa notare il Contro-Dossier di Kyoto Club, Legambiente e WWF, la Relazione del Gruppo di Lavoro incaricato dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile ha sottovalutato l’importanza dello Stretto come via di comunicazione tra bacini oceanografici diversi. Infatti non si dà risalto al fatto che il suo habitat è uno dei tre esempi esistenti e conosciuti di una complessa coesistenza di specie di origine atlantica dell’interglaciale Riss-Wurm e di specie mediterranee. Non si parla assolutamente dei fenomeni innestati dall’upwelling. La risalita delle forti correnti ioniche arricchiscono di plankton le acque e portano in superficie specie abissali.
«Una città intelligente punterebbe sulla tutela del territorio, con i suoi profumi, colori e sapori, del mare e della biodiversità – ha sostenuto Anna Giordano, naturalista e ornitologa del WWF -. Dovrebbe fermare il cemento che dilaga e rinaturalizzare il territorio».
Ponte sullo Stretto di Messina, una zona sismica
L’area dello Stretto di Messina è fragile non solo perché ospita una biodiversità unica ma anche perché è attraversata da un sistema di faglie attivo, che la rende uno dei punti più sismici d’Europa.
Secondo i geologi, le coste di Sicilia e Calabria si allontanano ogni anno di 4-10 millimetri. Infatti sia tutta l’area di Reggio Calabria sia quella messinese sono ricomprese nella Zona sismica a maggiore pericolosità. Inoltre l’Istituto di Scienze Marine (ISMAR – CNR) nel 2020 ha pubblicato la relazione “Lo Stretto di Messina: criticità geologiche e tettoniche”, a cura della ricercatrice Alina Polonia. Qui si sostiene che: “Lo Stretto di Messina è un’area cruciale, nella quale avviene l’interazione tra profonde strutture tettoniche ed estesi blocchi crostali che convergono, divergono, e si muovono lateralmente tra loro, provocando terremoti, frane sottomarine, tsunami e vulcanesimo”.
Infatti spiega che: “È una zona di svincolo meccanico, che assorbe i movimenti relativi tra i diversi blocchi di crosta terrestre. Per questo rappresenta una delle aree a maggior rischio geologico del nostro Paese”. In più “le catene montuose in prossimità dello Stretto di Messina si stanno sollevando a tassi molto alti, incrementando la pericolosità geologica. Lo scuotimento sismico, anche per terremoti di non elevatissima magnitudo, ha la possibilità di generare frane sottomarine e tsunami”.
Come sarà finanziato il ponte sullo Stretto di Messina?
Infine un aspetto da non dimenticare del progetto è anche la copertura finanziaria. Secondo quanto sostiene il ministro Salvini, la spesa prevista è di 14miliardi. Il governo è intenzionato ad affidare i lavori alla società “Stretto di Messina s.r.l.”, costituita nel 1981 per progettare e gestire il ponte di collegamento tra le due regioni e, a oggi, sotto l’attività direzionale di “ANAS S.p.A.”.
Tuttavia nulla ancora è definitivo dato che sono ancora in corso gli studi aggiornati sui flussi di traffico, sull’impatto ambientale, sulla capacità di carico. Dal 1965 a oggi solo per gli studi di fattibilità sono stati spesi 1,2miliardi di euro.
Resta quindi il problema di come verrà finanziato il progetto. Matteo Salvini è attualmente in trattativa con la Banca europea degli investimenti. Invece è un’ipotesi poco probabile utilizzare i fondi del PNRR, poiché l’opera dovrebbe rispettare alcuni canoni ambientali imprescindibili, difficilmente compatibili con il progetto presentato.