Anno nuovo, autorizzazioni vecchie. La ricerca di petrolio nelle acque del basso Adriatico e dello Ionio è causa dell’ennesima querelle tra favorevoli e contrari, tra ambientalisti, forze politiche e all’interno dello stesso governo.
Il ministero dello Sviluppo Economico autorizza la ricerca di petrolio nel Mar Ionio.
Dura la replica di Emiliano e dei No Triv…
Ad accendere la miccia è stato il rappresentante dei Verdi, Angelo Bonelli. Ha osservato che «in data 31 dicembre 2018 è stato pubblicato sul BUIG (Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse del MISE, il ministero dello Sviluppo Economico, guidato da Luigi Di Maio) che autorizza tre nuovi permessi (F.R43-44-45.GM) di ricerca petrolifera su una superficie complessiva di 2200 km/q a favore della società americana Global MED LLC, con sede legale in Colorado, Usa».
La ricerca di idrocarburi, cioè di petrolio, sarà effettuata con l’uso dell’air gun. È uno strumento usato per le prospezioni geofisiche in aree marine o grandi laghi, che spara sui fondali grosse bolle di aria compressa; una tecnica, come denunciano scienziati e ambientalisti, dannosa per l’ecosistema marino e molto pericolosa per delfini e cetacei in particolare.
I permessi rilasciati riguardano due aree marine adiacenti che vanno da Santa Maria di Leuca, in Puglia, a Isola di Capo Rizzuto, in Calabria.
Le proteste per i nuovi permessi di ricerca del petrolio
Ad alzare gli scudi contro la decisione del governo è stato, prima di tutti, il governatore della Puglia Michele Emiliano. Annuncia di voler impugnare «le nuove autorizzazioni rilasciate dal MISE a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. Ci siamo sempre battuti in difesa del nostro mare e continueremo a farlo».
Emiliano lamenta che «avrebbero potuto, nel programma di governo e quindi nella legge finanziaria, bloccare tutte le ricerche petrolifere in Italia, come avevamo sempre detto di voler fare».
Il presidente della Regione Puglia reagisce al vicepremier Di Maio e al ministro dell’Ambiente Sergio Costa. «Hanno tradito ancora una volta quanto dichiarato in campagna elettorale». «Difenderà il suo mare in ogni sede e con tutti i mezzi disponibili».
In linea con quanto dichiarato dal presidente Michele Emiliano, l’assessore all’Ambiente della Regione Puglia, Gianni Stea conferma «la volontà della Regione di impugnare le nuove autorizzazioni rilasciate dal MISE per cercare idrocarburi nel Mar Ionio».
«Non possiamo assistere passivamente», continua Stea, «ai continui tentativi di avviare ricerche petrolifere sottomarine davanti a coste che hanno nel mare la propria ricchezza turistica».
Giustificazione del governo per la ricerca del petrolio
La risposta dell’esecutivo non si è fatta attendere. «Da quando sono ministro», ha pubblicato sulla sua pagina Facebook il generale dei Carabinieri forestali Sergio Costa, «non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e i nostri mari e mai lo farò. Non sono diventato ministro dell’Ambiente per riportare l’Italia al Medioevo economico e ambientale. Anche se arrivasse un parere positivo della Commissione VIA, non sarebbe automaticamente una autorizzazione. Voglio che sia chiaro».
Di Maio, a sua volta, replica. Afferma che «le ricerche di idrocarburi erano state autorizzate dal governo precedente e in particolare dal ministro dell’Ambiente guidato da Galletti, che aveva dato una “Valutazione di Impatto Ambientale” (VIA) favorevole».
Non ottemperando all’obbligo, si sarebbe perpetrato un reato, afferma il titolare del MISE.
Nei giorni scorsi, Costa aveva anche chiarito che «quelle diciotto verifiche di ottemperanza non sono provvedimenti che danno i permessi ad Agip e Eni per trivellare».
«L’ottemperanza», spiega Costa, «è la verifica della conformità di un progetto soggetto a Valutazione di Impatto Ambientale, alle prescrizioni previste nel decreto di rilascio della VIA». In sostanza, insiste il ministro, «durante il governo precedente è stata rilasciata la VIA con delle prescrizioni ambientali. La commissione tecnica di verifica della VIA del ministero dell’Ambiente accerta, con proprio atto, l’avvenuta ottemperanza. È, dunque, una procedura di garanzia, perché le prescrizioni previste nella VIA sono obblighi a carico delle aziende. È un’azione di vigilanza per permessi già accordati nel passato».
Le proteste continuano dopo la risposta del governo
Le dichiarazioni del governo, però, non sono sufficienti a placare gli animi.
«Di Maio e Costa, i responsabili dei dicasteri coinvolti», ha commentato Emiliano in una nota diffusa nel pomeriggio di oggi, «hanno affermato che, una volta intervenuta la VIA favorevole, l’autorizzazione sarebbe un “atto dovuto” e il dirigente, a meno di non compiere un reato, giammai avrebbe potuto negarla. I ministri si trincerano dietro una assurda e inesistente ipotesi di reato», continua il governatore della Puglia. «Hanno volutamente omesso di considerare che, in sede di autotutela, l’Amministrazione statale avrebbe potuto disporre il riesame della VIA già rilasciata, sulla base di evidenze scientifiche di segno contrario, avvalendosi delle competenze e professionalità della rinnovata Commissione VIA».
«Tutto quello che avevamo contestato ai precedenti governi, viene attuato da quello attuale, il governo del cambiamento», ha commentato ad Huffpost Enzo Di Salvatore, costituzionalista cofondatore del Coordinamento Nazionale No Triv. È anche autore dei quesiti referendari del 2016 contro le trivellazioni petrolifere. Che annuncia la sua defezione all’invito rivolto alle associazioni ambientaliste dal minambiente e MISE a Roma.
Fa notare ancora il professore di Diritto costituzionale all’Università degli studi di Teramo, «i permessi in mare violano il limite di 750 kmq stabilito per legge alle aree di ricerca. Le due aree previste sotto Santa Maria di Leuca nel Salento sono contigue: una di 729 kmq, l’latra di 749 kmq. Sono state concesse ad un’unica multinazionale, la Global Med. Oltre il limite quindi».
Per ricostruire un fronte politico contro le trivellazioni nei mari, il governatore della Puglia, Emiliano, ha invitato a Bari, per il 14 gennaio prossimo, i membri del Comitato Promotore dei Referendum anti trivelle petrolifere e dei rappresentanti di Regioni e Consigli regionali. Quest’ultimi con il voto chiesero promossero la consultazione referendaria del 17 aprile 2016.