UNA RICERCA EUROPEA METTE AL CENTRO LE GIOVANI GENERAZIONI E LE LORO ASPETTATIVE VERSO IL FUTURO
Disillusi, disimpegnati, in bilico in una perenne crisi: così vengono descritte le giovani generazioni. Ma cosa pensano di loro stesse? A rispondere a questa domanda lo studio europeo The Movers of Tomorrow? (I promotori del domani?), realizzato dalla Fondazione Allianz, in collaborazione con l’Istituto SINUS.
10mila giovani, tra i 18 e i 39 anni, della Germania, Grecia, Polonia, Gran Bretagna e Italia sono stati intervistati su come vedono la società e il loro futuro e sono stati invitati a dare la propria opinione su tematiche di grande attualità, come il cambiamento climatico, la crescita economica, i diritti delle minoranze e la militarizzazione. E ciò che scaturisce è preoccupante.
La maggior parte di loro si aspetta che la società diventi più ingiusta, insicura e divisa e l’80% si chiede apertamente se la loro generazione potrà avere figli. I giovani italiani sono ancora meno ottimisti rispetto ai coetanei degli altri Stati sul proprio futuro e su quello del Paese e dell’Europa:
- solo il 33% di loro ha fiducia nel governo nazionale per affrontare questioni sociali e ambientali;
- solo il 41% ritiene che i media indipendenti siano “molto importanti” per una società futura auspicabile;
- il 63% ritiene importante un sistema giudiziario indipendente.
Il futuro della battaglia contro l’emergenza climatica
Eppure questa sfiducia non coinvolge la crisi climatica. In Italia, il 63% dei giovani vede il cambiamento climatico e le sue conseguenze come una delle sfide più urgenti, più che in altri Paesi. Proprio i giovani italiani sono i più convinti che la battaglia sul clima possa essere vinta (58%) attraverso, per esempio, l’incremento dell’utilizzo di energie rinnovabili. Al contrario solo l’8% delle nuove generazioni nella Germania ha questa speranza.
«I giovani italiani sono preoccupati e disillusi rispetto al proprio futuro, ma allo stesso tempo vogliono migliorarlo – chiarisce Luca Iacoboni, responsabile relazioni esterne e strategia per la decarbonizzazione di ECCO, think tank italiano indipendente per il clima -. Interessante scoprire che il cambiamento climatico non è solo una delle priorità delle giovani generazioni, ma è anche un tema legato a migliori condizioni di vita, un più forte stato sociale e un lavoro soddisfacente. Chi saprà coniugare l’azione climatica con la risposta all’attuale crisi sociale riuscirà a far superare alle giovani generazioni la disillusione che attualmente esprimono, soprattutto rispetto alla politica dei partiti e alle istituzioni».
Gli italiani sono i più attivi nella lotta per l’ambiente
Inoltre proprio gli italiani sono i più proattivi nel rispondere al cambiamento climatico e alle sue conseguenze ambientali e sociali, soprattutto attraverso azioni individuali come discutere del problema in famiglia e con gli amici e regolare il proprio consumo energetico. Il 39% dei giovani ha già boicottato prodotti con un cattivo impatto ambientale. Invece il 68% di coloro che sono preoccupati per il riscaldamento globale si è già impegnato facendo donazioni o firmando petizioni online. Molti vorrebbero intraprendere un’azione politica “attiva” e il 56% è addirittura favorevole alle proteste di piazza, ma solo poco meno di un terzo vi ha partecipato almeno una volta.
«Almeno due terzi degli intervistati hanno già cambiato le loro abitudini quotidiane, ad esempio diventando consumatori più sostenibili – commenta Esra Kücük, CEO della Fondazione Allianz -. Circa la metà è pronta a impegnarsi ancora di più per un futuro equo e verde. Ma molti sono esitanti. Spesso non sanno come impegnarsi. È qui che i politici e la società civile sono chiamati a ricostruire la fiducia e a creare percorsi di coinvolgimento».
La società futura immaginata dai giovani è anche una società più aperta, che dovrebbe essere pronta ad accogliere le persone che fuggono dai Paesi gravemente colpiti dai cambiamenti climatici. E a pagare una quota maggiore per sostenere i costi di una transizione ecologica dovrebbero essere, secondo l’80%, le industrie ad alta intensità energetica. Al contrario solo il 9% pensa che le generazioni precedenti dovrebbero fare di più per combattere l’emergenza climatica.
Contrastare le discriminazioni nonostante la crisi economica
Oltre al cambiamento climatico, una delle tematiche che spinge i giovani italiani a impegnarsi attivamente è il contrasto alle discriminazioni. In Italia ben il 35% ha già partecipato a iniziative, rispetto al 27% in altri Paesi, e un ulteriore 30% disposto a farlo in futuro. Secondo le nuove generazioni il futuro che ci aspetta offrirà maggiori opportunità per i migranti, per la comunità LGBTQI+ e per le altre minoranze.
E ciò avverrà nonostante invece le previsioni economiche siano poco incoraggianti. In questo campo i giovani italiani e greci sono i più pessimisti. Non c’è nessuna aspettativa per quanto riguarda la crescita economica, le opportunità di lavoro e l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Inoltre quasi il 60% teme che il divario tra ricchi e poveri si allarghi a causa dell’aumento dei costi di energia, cibo e trasporti.
I Paesi, secondo le nuove generazioni, diventeranno sempre meno sicuri non solo per cause geopolitiche, ma anche per l’indebolimento del sistema giudiziario. Circa il 60% dei partecipanti al sondaggio concorda sul fatto che il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe estendersi fino al proprio Paese. Tuttavia solo il 17% degli intervistati ritiene prioritario avere una forza militare potente e la maggior parte respinge categoricamente l’idea di un servizio militare obbligatorio.
Il futuro per la Generazione Z e i Millennial
Lo studio “The Movers of Tomorrow?” si è concentrato sull’indagare le opinioni di due generazioni di giovani:
- Generazione Z, con un’età compresa tra 18 e 26 anni;
- Generazione Y, conosciuta anche come Millennial, di età compresa tra 27 e 39 anni.
All’interno di queste due generazioni, accumunate da molte caratteristiche, esistono però anche alcune differenze sostanziali. Per esempio la Generazione Z risulta in media leggermente più ottimista sul futuro, leggermente più preoccupata per il clima e per le tematiche legate alla diversità e alla giustizia sociale, ed è più pronta a ricorrere all’azione civile. Invece i Millennial intervistati sono in media leggermente più preoccupati per la libertà di stampa, più conservatori quando si parla di migrazione e di valori tradizionali, e più delusi dalla leadership politica.
Al contrario l’appartenenza a un Paese diverso non porta con sé differenze sostanziali tra i partecipanti. Ciò che emerge è invece una prospettiva “europea” per costruire uno stato sociale solido con prezzi stabili e una forte rete di sicurezza sociale, un futuro equo ed ecologico, con pari opportunità per le minoranze e i meno privilegiati, non solo nell’istruzione e nell’occupazione ma anche nella condivisione delle responsabilità della transizione verde.
I livelli di partecipazione giovanile secondo lo studio
L’indagine ha poi identificato sei macrogruppi per descrivere i diversi livelli di partecipazione. La maggior parte degli italiani si divide tra Mainstream silenzioso (27%), cioè coloro che sono più inattivi e meno orientati politicamente ma che delegano le responsabilità allo Stato, e Centro proattivo (21%), cioè coloro che sono meno orientati nell’affrontare una specifica questione, ma che sono comunque disposti a partecipare all’organizzazione del futuro attraverso azioni individuali.
Poi ci sono coloro che sono stati considerati:
- Promotori progressisti (17%), la fascia di popolazione più giovane e con il più alto livello di partecipazione civica ma con una visione più pessimista del proprio Paese;
- Tradizionalisti passivi (13%), i quali hanno soprattutto più di 30 anni e, nonostante un forte orientamento religioso, non sono particolarmente coinvolti in cause sociali o ambientali;
- Progressisti esitanti (11%), che hanno una visione pessimistica del futuro ma devono ancora compiere un’azione significativa rispetto alle preoccupazioni manifestate sul tema della giustizia ambientale e sociale;
- Attivisti conservatori (11%), i quali sono maggiormente coinvolti e, con le loro azioni, tentano di promuovere i valori della ricchezza individuale e dell’identità nazionale.