LA SOLA RICCHEZZA DEL PATRIMONIO IDRICO ITALIANO NON BASTA AD ARGINARE LA CRISI CHE SI STA VERIFICANDO. L’AUMENTO DELLE TEMPERATURE E LA CONSEGUENTE DIMINUZIONE DELLE PRECIPITAZIONI POTREBBERO CONDURCI VERSO UNA SITUAZIONE IRREVERSIBILE. LO STUDIO ARTHUR D. LITTLE È VOLTO ALLA SENSIBILIZZAZIONE E TUTELA DI QUESTO PATRIMONIO FONDAMENTALE PER LA VITA E PER L’AMBIENTE
Il patrimonio idrico italiano è a serio rischio. Nonostante l’Italia ne vanti di uno dei più ricchi d’Europa, la riduzione delle precipitazioni, l’aumento delle temperature ma anche la poca sensibilizzazione da parte dell’uomo rischiano di determinare una progressiva diminuzione della disponibilità idrica e
un’intensificazione della crisi, già in atto. Le nuove sfide del futuro sembrano più ardue del previsto.
La situazione critica del patrimonio idrico
Non bastano le numerose fonti, se il sistema di infrastrutture non funziona. È proprio quello che sta accadendo nel nostro Paese, dove la carenza d’attenzione verso questo importante capitale e la conseguente vulnerabilità potrebbero rivelarsi deleterie.
Le infrastrutture idriche italiane, infatti, sono poco interconnesse e scarsamente digitalizzate. Questi due problemi sono alla base della mancata ottimizzazione del bilanciamento tra fonti e impieghi.
Inoltre, tra le maggiori difficoltà, si rilevano anche le elevate perdite di acqua poco cautelate. Appare fondamentale, quindi, un rinnovo dei sistemi esistenti, unitamente allo sviluppo di ulteriori nuovi, al fine di garantire la tutela futura della risorsa idrica.
Lo studio evidenziato da Arthur D. Little
Ad affrontare un tema così importante come la salvaguardia del patrimonio idrico italiano è stata la società di consulenza Arthur D. Little Italia (AdL). Partendo da un’attenta analisi dello scenario attuale, infatti, i periti hanno evidenziato le falle delle attuali infrastrutture e dei meccanismi che regolano la quantità di acque disponibili oggi in Italia. Allo stesso tempo, si sono posti l’obiettivo di sviluppare un nuovo sistema, che proponga una programmazione strategica a livello centrale. In questo modo, sarebbe più semplice realizzare nuove tecniche di intervento, oltre che stabilire un criterio di selezione delle priorità esteso all’intero territorio nazionale.
Lo studio evidenzia come la nuova strategia di organizzazione potrebbe portare anche profitti nell’organizzazione delle risorse in termini economici. In questo modo, quindi, potrebbe definirsi un nuovo bilanciamento: da una parte, le risorse finanziarie disponibili dei gestori, dall’altra quelle derivanti dai fondi nazionali ed europei, al fine di coordinare le attività degli enti locali. Proprio la frammentazione dei gestori, infatti, è una delle principali cause delle criticità evidenziate.
Le possibili soluzioni a salvaguardia del patrimonio idrico
Gli studi portati avanti dalla società di consulenza AdL, oltre a evidenziare le criticità dell’attuale gestione della ricchezza italiana di acqua, hanno tentato di promuovere delle possibili soluzioni che salvaguardino il pianeta e le sue ricchezze. L’obiettivo fondamentale è quello di superare questo stato di vulnerabilità attraverso la promozione e l’attuazione di nuovi piani. Da un lato la realizzazione di un ampio programma di interventi, che dia maggiore importanza ai benefici, piuttosto che ai costi. Dall’altra, il consolidamento del settore, aumentando quindi gli operatori del settore, ponendosi differenti limiti.
La priorità è quella di dare inizio al programma di riparazione e potenziamento dei servizi di fognatura e depurazione. In questo modo, si giungerebbe anche a una significativa diminuzione delle perdite idriche, traendone di conseguenza importanti benefici. Fondamentale è anche procedere a una connessione delle infrastrutture, tra reti e servizi idrici, e conseguente digitalizzazione dell’intero sistema, che porterebbe a una massimizzazione dei benefici tra investimenti di rinnovamento e potenziamento dell’infrastruttura.
Il connubio tra risorsa idrica pubblica e gestione industriale
Andando avanti nell’analisi dello studio condotto da Arthur D. Little, attraverso la creazione di una struttura interconnessa e il necessario ampliamento degli operatori è stato evidenziato che in questo modo si potrebbe garantire un’accelerazione nello sviluppo idrico con ulteriori capacità di investimento, territorialità, competenze industriali e circolarità. Sulla scia del modello della rete di distribuzione di energia elettrica e gas, infatti, possono essere fatte nuove considerazioni sull’attuale governance e gestione del patrimonio idrico italiano.
«Innanzitutto, si può affermare che acqua pubblica e gestione industriale non siano in contrapposizione: la risorsa idrica in quanto tale e le infrastrutture idriche sono di proprietà pubblica mentre la gestione dell’infrastruttura viene affidata per un arco temporale prestabilito ai cosiddetti “gestori del SII”, che possono essere pubblici o privati – esattamente come già avviene nei settori della distribuzione di gas ed energia elettrica […], senza che questo abbia mai rappresentato un potenziale ostacolo alla tutela dell’interesse pubblico, anzi, portando a migliori performance grazie alla capacità di investimento in capitali, risorse umane e ricerca», ha evidenziato Irene Macchiarelli, partner di Arthur D. Little Italia e leader dello studio.
Oltre a sottolineare le criticità, AdL, anche in questo caso, ha proposto differenti soluzioni. Tra queste, quella di inserire un meccanismo di perequazione e allentare il cap tariffario. La seconda azione da intraprendere sarebbe quella di rafforzare il ruolo delle strutture centrali, favorendo il trasferimento della gestione economica a un unico gestore e rafforzano il meccanismo di tutela della morosità. Poche, ma fondamentali azioni volte alla salvaguardia un patrimonio prezioso e indispensabile per il pianeta e per l’uomo.