Rockhopper Exploration chiede un risarcimento per Ombrina
Rockhopper Exploration chiede all’Italia un risarcimento di 350milioni di dollari per la mancata realizzazione della piattaforma petrolifera Ombrina Mare, in Abruzzo
Chi sono i tre giuristi che decideranno sull’arbitrato Ombrina Mare, fino a 350milioni di dollari?
La Rockhopper Exploration annuncia ai suoi investitori che l’arbitrato internazionale contro il governo italiano in merito alla questione Ombrina Mare si concluderà a Luglio 2021.
La compagnia britannica prevede di ricevere compensi elevati dovuti alla mancata realizzazione di Ombrina a pochi chilometri dal litorale della costa teatina, in Abruzzo.
Assieme alla piattaforma petrolifera e ai pozzi, il progetto prevedeva la realizzazione di una Floating Production, Storage and Offloading (FPSO). Cioè una nave, vera e propria raffineria galleggiante, desolforante, molto inquinante. La sua fiaccola brucia-idrogeno solforato sarebbe stata attiva 24 ore al giorno, tutti i giorni.
Le pretese del CEO della Rockhopper
In una conferenza agli investitori, il CEO della Rockhopper, Sam Moody stima costi sostenuti di circa 40-50 milioni di dollari e mancati profitti di circa 200-300 milioni di dollari.
L’arbitrato è iniziato nel 2017 con la Rockhopper che accusa l’Italia di presunte violazioni all’Energy Charter Treaty (ECT). Il trattato, entrato in vigore nel 1998, prevede la protezione di “investimenti stranieri” in campo energetico e la risoluzione di conflitti fra investitori e Paesi ospitanti.
Negli scorsi decenni, l’ECT è stato molto criticato da organizzazioni non-governative europee per essere troppo favorevole alle multinazionali del petrolio. E per fare troppo poco per difendere residenti, consumatori e ambiente.
Dal triumvirato segnali poco trasparenti su Ombrina
La questione Ombrina non fa eccezione. Il triumvirato che compone l’arbitrato è stato poco trasparente in questi quattro anni, e non ha coinvolto minimamente il popolo d’Abruzzo che ha eroicamente protetto i propri mari dal mostro Ombrina Mare. Alta quanto un palazzo di 10 piani, sarebbe stata posizionata con ancoraggi a 10 km di distanza dalla costa.
Ma chi sono questi tre giuristi così sfuggenti?
Il presidente è Klaus Reichert, tedesco-irlandese. Con lui un arbitro nominato dalla Rockhopper, Charles Poncet, svizzero e un altro dal governo italiano, Pierre-Marie Dupuy, francese.
Nessuno di loro ha sentito l’esigenza di visitare i posti dove Ombrina sarebbe dovuta sorgere, di sentire la storia di Ombrina e dell’immenso movimento popolare che l’ha accompagnata. Evidentemente per loro (e per la Rockhopper) Ombrina e l’Abruzzo sono solo concetti astratti legati al business e non alla nostra casa.
Charles Poncet, “l’arbitro pro-petrolio”
Dei tre, il più pro-petrolio è Charles Poncet, ex dirigente della CMS. Una mega-società composta da quattromila avvocati specializzata in supporto legale alle ditte di “oil and gas” in tutto il mondo. Al momento della dimissione dalla CMS per dedicarsi agli arbitrati internazionali nel 2017, Poncet ha dichiarato di farlo perché c’erano “troppi” conflitti di interesse. Tutto questo non ispira molta fiducia di imparzialità, anzi. È una piccola vergogna.
Secondo il Corporate Europe Observatory, un osservatorio non-profit europeo che sottolinea spesso la mancanza di neutralità dell’ECT, quando Charles Poncet è stato selezionato dalla Rockhopper gli investitori hanno esultato dicendo che con lui vincere sarebbe stata “una passeggiata nel parco”.
Nel 2010 un decreto già fermò il progetto Ombrina Mare
“… L’articolo 2 del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, delibera che le attività di ricerca, prospezione e coltivazione degli idrocarburi sono state ritenute dal legislatore comunque in grado di arrecare un danno (o almeno un pericolo di danno) all’ecosistema marino che si è inteso proteggere con l’istituzione dell’area marina protetta… tra i progetti che beneficiano della modifica normativa introdotta figura quello di “Ombrina mare 2”… “ (fonte Senato della Repubblica)
Non sappiamo che linea difensiva l’Italia abbia preso. Ma certo è che nel 2014, quando la Rockhopper ha acquistato Ombrina Mare, avrebbe dovuto essere pienamente consapevole dei rischi economici associati e del quadro legislativo in perenne mutazione.
La perdita di denaro di Rockhopper non è colpa dell’Italia
Dopotutto c’era già stata la legge del 2010 che aveva fermato Ombrina. Un investimento è sempre un rischio. E investire, come ha fatto la Rockhopper con un intero popolo contrario, è un rischio grande. Può andar bene, può andar male. È la regola numero uno dell’investire. Se hanno perso soldi con Ombrina non è colpa dell’Italia. È perché si sono stupidamente ostinati a perseguire trivelle che nessuno voleva. Producendo impatti ambientali superficiali e pieni di errori, ignorando la vox popoli. Bastava solo leggere la stampa d’Abruzzo, i tanti blog e anche solo venire in Abruzzo per rendersi conto che Ombrina sarebbe stato un pessimo affare.
Non siamo (ancora!) diventati un distretto petrolifero
Comunque vada a finire, noi cittadini d’Abruzzo e d’Italia che non abbiamo mai sentito nominare né Reichert né Poncet né Dupuy. Resta la soddisfazione di aver protetto i nostri mari, la nostra dignità, e di aver dato una lezione di democrazia anche al misterioso triumvirato.
Non siamo (ancora!) diventati un distretto petrolifero, e questo non ha prezzo.