PER EVITARE CHE I FILM DISTOPICI NON SIANO PIÙ FANTASIA OCCORRONO AZIONI CONCRETE PER DIFENDERE IL PIANETA. LA RIFLESSIONE DI MARCO RONCACCI
A volte i film predicono ciò che accadrà in futuro, elaborano possibili scenari di ciò che potrebbe succedere alla società e alla Terra. Questa idea è alla base di molti film di fantascienza ma non solo. Anche i film di animazione hanno spesso immaginato il futuro del nostro mondo, non dimenticando mai l’intento educativo. L’obiettivo è condurre i più piccoli a non commettere gli errori delle generazioni precedenti.
Ne è un esempio Wall-E, pellicola del 2008 diretta da Andrew Stanton e prodotta da Pixar Animation Studios, in co-produzione con Walt Disney Pictures. Come un presagio, a distanza di anni, i timori e la mancanza di soluzioni per porre un rimedio concreto ai problemi che affliggono l’ambiente sono gli stessi.
È questo che ci fa notare un lettore del nostro giornale, Marco Roncacci. Studente romano di diciannove anni, si è appena diplomato all’Istituto di Istruzione Superiore Federico Caffè della capitale e i suoi interessi sono da sempre l’ambiente e la crescita sostenibile. Proprio questo film ha segnato la sua giovinezza ma, come lui stesso ci scrive, seppur siano passati anni, purtroppo non si vedono reali progressi nelle politiche globali riguardo una concreta difesa ambientale: «ciò che si vede nel film è molto attuale, sta diventando pian piano realtà e sta succedendo sempre più in fretta».
Il riutilizzo è la chiave per difendere il pianeta
Ma di cosa tratta questo famoso film di animazione da aver colpito così tanto Marco Roncacci? La storia è ambientata nell’anno 2805 sulla Terra, ormai abbandonata da settecento anni a causa della grande quantità di rifiuti accumulati e dall’inquinamento prodotto. Il pianeta è diventato così inabitabile per qualsiasi essere vivente, tranne che per il protagonista, un piccolo robot di nome Wall-E (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class), un sollevatore di carico per la ripartizione dei rifiuti, lasciato sulla Terra per cercare di ripulirla. Inizialmente l’impresa era compiuta da tanti robot come lui ma pian piano si sono tutti disattivati, lasciando Wall-E l’ultimo abitante della Terra.
Ma «il robot non compatta tutto, salva alcuni oggetti per noi di uso comune. Li conserva perché possono essere sempre riutilizzati – chiarisce Roncacci, evidenziando uno dei messaggi che il film trasmette -. Si vuole rendere chiara l’idea di come gli oggetti che noi acquistiamo debbano avere un lungo utilizzo, perché altrimenti aumenterebbero sempre di più i rifiuti». Per questo il giovane Marco punta il dito contro il consumismo. «Produciamo una quantità sempre maggiore di oggetti, che verranno poi sostituiti da altri, inquinando sempre di più – continua -. Sono proprio le aziende che si nutrono del meccanismo del consumismo. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo noi che acquistiamo a capo di questa dinamica. Perciò possiamo fermarla».
Per difendere il pianeta servono politiche più efficaci
Spetta a noi esseri umani questo compito, perché «l’homo sapiens si diffuse sull’intero pianeta dominando ogni specie vivente -chiarisce Marco -. L’uomo si può adattare facilmente a cosa lo circonda, senza il bisogno dell’aiuto della natura. Ha cambiato sé e gli altri simili, intrecciando fenomeni di causa ed effetto con la società umana e la natura primitiva. Ma ogni causa ha un effetto e in questo caso l’effetto sarà sempre più disastroso, come è evidente dal clima».
Marco Roncacci cita anche il libro di Gianfranco Pacchioni “L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie”: noi cambiamo il mondo e il mondo prima o poi cambia noi. Ed è proprio questo che spera di fare Marco scrivendoci, far riflettere per spingere a un cambiamento.
«Gli allarmi che incessantemente ci ammoniscono ad adottare comportamenti responsabili, devono finalmente trovare un approdo concreto nelle politiche di ogni Nazione, con particolare responsabilità per i Paesi che producono maggiore inquinamento – fa notare Roncacci -. Già con il Protocollo di Kyoto del 1997 si è tentato di far qualcosa, ma non tutti gli Stati hanno partecipato. Questo è molto grave dato che siamo tutti insieme sulla Terra».
Cosa possono fare i più giovani, secondo Marco Roncacci
Lo studente Marco Roncacci è solo uno dei molti appartenenti alle giovani generazioni che si sono mobilitati per difendere l’ambiente. Hanno dato vita a movimenti per incentivare il cambiamento, come Fridays For Future. Ma c’è ancora molto da fare, anche tra i più giovani.
«Dal punto di vista economico, occorre puntare sulle nuove start up che offrono prodotti utili, salvaguardando allo stesso tempo l’ambiente. Questo significa appunto che lo scopo economico non esclude una maggiore attenzione ambientale – dichiara Roncacci -. Poi, dal punto di vista individuale, dobbiamo migliorare la sensibilità verso vari aspetti che riguardano la tutela e il rispetto per il pianeta, come anche il film mostra».
La forza della comunicazione grazie ai nuovi mezzi
Ciò è possibile grazie alle innovazioni del settore della comunicazione, i cui nuovi protagonisti sono internet e i social media, che danno grandi opportunità a tutti per trasmettere la propria idea. «Grazie alla comunicazione possiamo pensare tutti insieme a un modo per risolvere il problema dell’inquinamento globale, che porterà il pianeta a condizioni non abitabili – scrive Marco -. Ormai nel ventunesimo secolo è internet il mezzo che facilita la distribuzione della comunicazione in modo quasi istantaneo e lo dobbiamo usare per confrontarci con gli altri e mostrare le nostre idee per risolvere il problema. Internet è una grande fonte di informazioni che può arricchire la nostra conoscenza per arrivare a un’idea innovativa».
Infatti, come mostra il film Wall-E, l’uomo abbandona il pianeta quando non ci sono più possibilità. Ma appena si riaccende la speranza, non a caso sotto forma di una pianta, l’essere umano è subito pronto per tornare sulla Terra e cercare di porre rimedio al danno provocato. «La pellicola mostra il nostro futuro se non riusciremo a cambiare il tragitto del nostro destino, che abbiamo costruito con le nostre stesse mani».