lunedì, Dicembre 2, 2024

Non solo l’essere umano comunica con i suoi simili

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RECENTI STUDI HANNO VERIFICATO CHE SIA NEL REGNO ANIMALE SIA NEL REGNO VEGETALE C’È UNA SORTA DI COMUNICAZIONE TRA SIMILI

La comunicazione umana è un processo complesso e ricco di sfumature che coinvolge diversi livelli di espressione. Il linguaggio parlato, per esempio, fa uso di “etichette” o “tag” vocali.

Ossia quegli elementi che, aggiunti alla fine di una frase, possono cambiare il significato o l’intonazione di quanto appena detto. Possono trasmettere un’emozione, indicare il tono della conversazione o fornire informazioni sullo stato d’animo di chi sta parlando. Può suggerire un desiderio di conferma o un’attenzione particolare alla risposta, per esempio.

Gli elefanti africani chiamano per nome i propri simili

L’ecologo comportamentale Michael Pardo della Colorado State University (USA) ha collaborato a uno studio sui pachidermi con le ONG Save the Elephants, Elephant Voices e Amboseli Trust for Elephants.  La ricerca ha dimostrato che gli elefanti africani si chiamano e si interpellano a vicenda attraverso richiami specifici e diversi per ogni individuo.

E proprio come gli esseri umani adottano etichette o tag vocali che, per esempio, si riferiscono al cibo oppure al pericolo.

La stessa ricerca, però, non rileva che anche altre specie del regno animale facciano uso dei tag vocali, in particolare per quanto riguarda i nomi di ogni individuo. Nell’uomo questo processo di apprendimento si sviluppa nel corso degli anni.

Gli elefanti africani comunicano tra essi anche “via terra”

Tornando agli elefanti africani, era già noto che il barrito, simile a una tromba, produce un suono a bassa frequenza. Non udibile dall’orecchio umano. Ma, le vibrazioni prodotte sul terreno dai barriti si propagano sul suolo come vere e proprie onde sismiche di superficie che questi grandi mammiferi usano per comunicare anche a lunga distanza.  

Una ricerca dell’Università di Stanford in California, afferma che gli elefanti africani raccolgono le comunicazioni “via terra” anche a 16 chilometri di distanza, invece dei 4-6 chilometri attraverso l’aria. Quindi, per questi animali chiamarsi per nome sarebbe un modo utile per tenersi in contatto con il branco, in caso di allontanamento.

Le piante “parlano”, le piante “rispondono”, ai propri simili

Una ricerca pubblicata su Nature Communications svela, invece, come comunica il regno vegetale.

Anche la notizia che le piante parlino è nota da diversi decenni. Ma come possano “ascoltarsi” a vicenda non era ancora stato chiarito.

I ricercatori dell’Università di Saitama in Giappone hanno svelato come le piante ricevono segnali di comunicazione da quelle vicine e come rispondono.

Per esempio, in risposta a ferite e attacchi da parte degli erbivori – scrive sul magazine scientifico Masatsugu Toyota, autore principale dello studio -, le piante rilasciano una serie di composti di segnalazione noti come “Composti Organici Volatili”.

Questi COV, quindi, svolgono diverse funzioni protettive, come respingere direttamente gli erbivori o attrarre i nemici naturali di questi ultimi.

Le piante circostanti, ancora intatte, interpretano tali COV come segnali di pericolo, pertanto mettono in atto risposte di difesa e si preparano a reagire con rapidità alle minacce cui stanno per incorrere.

Quando le piante subiscono danni meccanici o attacchi da parte degli insetti, rilasciano un gruppo specifico di segnali COV noti come “volatili delle foglie verdi”.

L’odore dell’erba appena tagliata un “grido di dolore”

Queste emissioni hanno lo scopo di avvertire le piante attigue di una minaccia vicina. Tali molecole, che producono il caratteristico odore dell’erba appena tagliata, in un certo senso, sono il “grido di dolore” del prato falciato.

Ma come fanno le altre piante a percepire questi segnali di allarme e a rispondere?

Il team di ricercatori, secondo un piano prestabilito, ha raccolto i COV rilasciati da un gruppo di piante alimentate da bruchi. Quindi ha diffuso i suddetti composti sulle piante sane in prossimità.

Era risaputo che gli ioni calcio rivestono un ruolo di rilievo nella trasmissione delle risposte allo stress all’interno delle piante. Pertanto i ricercatori hanno dotato le piante sane di un sistema di imaging a fluorescenza.

Osservando i cambiamenti nella fluorescenza, gli scienziati hanno potuto monitorare la concentrazione di calcio all’interno delle cellule vegetali. Da cui hanno evidenziato come una pianta reagisce allo stress.

La scoperta decisiva è, quindi, che le cellule che rivestono gli stomi, ossia quei minuscoli fori sulla superficie delle foglie che regolano l’ingresso e l’uscita di aria e acqua dalla pianta, sono le prime a percepire questi segnali esterni. Sarebbero perciò gli stomi il “naso” dei vegetali.

Numero verde ONA

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