UN’AFFASCINANTE SCOPERTA SCIENTIFICA HA SVELATO UN SINGOLARE MISTERO RELATIVO AL MAGICO MONDO DELLE RENNE DI BABBO NATALE. PARE CHE QUESTI MAGNIFICI ANIMALI MASSIMIZZINO L’ASSUNZIONE DI CIBO DURANTE I MESI ESTIVI, PER POI ATTIVARE LA “MODALITÀ SONNO” DURANTE L’INVERNO. LO STUDIO, CONDOTTO DA UN TEAM DELL’UNIVERSITÀ DI ZURIGO, NON SOLO SVELA UN LATO INEDITO DEL COMPORTAMENTO ANIMALE MA FA LUCE SULLA NATURA STESSA DELLA SOPRAVVIVENZA NELL’ESTREMO AMBIENTE ARTICO
La modalità sonno: un’arma per affrontare l’inverno polare
Nell’atmosfera gelida dell’Artico, le renne sono note per essere maestre nell’arte della sopravvivenza. Ma cosa le rende così abili nell’affrontare gli inverni spietati di quei territori selvaggi?
La “modalità sonno”, sostengono gli autori di un recente studio pubblicato su Current Biology, svelando un aspetto straordinario del comportamento degli affascinanti cervidi.
Scopriamo l’arcano.
Essendo dei ruminanti, le renne possiedono uno stomaco suddiviso in quattro camere: il rumine, il reticolo, l’omaso e l’abomaso.
Il rumine fa da deposito temporaneo per i licheni e le altre erbe che vengono ingerite, per poi essere rapidamente rigurgitate e masticate. Ed è proprio nella prima fase dell’alimentazione che entra in gioco il sonno.
In pratica, mentre i grandi mammiferi artici masticano il cibo, il loro cervello si immerge in una sorta di “torpore”, che non implica un sonno profondo, ma che permette agli animali di continuare a nutrirsi, senza la necessità di interrompere il pasto per un riposo completo.
Grazie a questo stratagemma, i cervidi riescono a massimizzare il tempo dedicato al nutrimento durante il periodo estivo.
«Le renne possono soddisfare le esigenze digestive e di sonno allo stesso tempo», afferma Melanie Furrer, principale autrice dello studio e neuroscienziata dell’Università di Zurigo, Svizzera.
Ma come si è arrivati alla conclusione?
Dettagli sullo studio e sullo strano comportamento delle renne
I ricercatori, armati di elettroencefalogrammi (EEG), hanno esplorato l’attività cerebrale delle renne eurasiatiche nella tundra norvegese e la bizzarra alternanza di onde lente e pulsazioni ritmiche, tipiche del sonno non REM.
Con grande sorpresa, è emerso, appunto, che mentre ruminano, sembrano addormentate ma non chiudono del tutto gli occhi. Si siedono o stanno in piedi, in silenzio, quasi intrappolate in una sorta di sonno catatonico.
Più mangiano, meno hanno bisogno di dormire?
A quanto pare sì, anche perché quando gli scienziati hanno disturbato il loro riposo consueto, le renne hanno mostrato un aumento dell’attività cerebrale tipica del sonno, quasi una risposta biologica alla privazione dello stesso.
Insomma, questo processo sembra offrire loro una modalità di riposo unica, che riduce la necessità di sonno tradizionale, combinandolo magistralmente con l’atto del nutrimento.
Nella “modalità sonno” il segreto dell’adattamento
Diversamente da molti altri animali, le renne non vanno in letargo.
Ebbene, sorprendentemente, il tempo totale di sonno misurato dall’elettroencefalogramma (EEG) rimane costante lungo tutto l’anno, sfidando le aspettative degli scienziati che si aspettavano una variazione tra estate e inverno.
Una rivelazione così straordinaria porta dunque a una nuova prospettiva sulla natura e sulle abilità adattative delle renne nelle regioni artiche, luoghi dal clima estremo, in cui si alternano estati rigogliose e inverni nevosi.
Secondo gli esperti, questo approccio è vitale per la sopravvivenza. È una tattica mirata ad accumulare riserve di grasso durante l’abbondanza estiva, preparandosi così per affrontare gli inverni artici, notoriamente spietati per quanto riguarda la disponibilità di cibo.
Lo studio integra una serie di ricerche condotte su diversi animali, dimostrando come il sonno degli animali sia intimamente legato al loro ambiente. Modelli simili di onde cerebrali durante la ruminazione sono stati osservati in altre specie, tra cui pecore, bovini e topi-cervi, rivelando un parallelismo interessante con il sonno non REM.