OGNI ANNO IN EUROPA, BEN 230 MILIONI DI CAPI D’ABBIGLIAMENTO NUOVI VENGONO DISTRUTTI. UN DATO SCONCERTANTE CHE PORTA ALLA LUCE IL PROBLEMA DELLA FAST FASHION, SETTORE CHE, SEPPUR ECONOMICAMENTE FIORENTE, È TRA I PRINCIPALI RESPONSABILI DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE E DELLO SPRECO DI RISORSE
Fast Fashion: cos’è
La fast fashion o moda veloce, è un termine moderno usato dai rivenditori di moda per designare un tipo di produzione che si sposta rapidamente dalle passerelle influenzando le tendenze attuali della moda.
Si basa sulle ultime tendenze presentate alla Settimana della Moda ogni primavera e autunno, con un’ottimizzazione della catena di produzione per rendere le collezioni disponibili rapidamente e a basso costo.
Il circolo vizioso: moda low cost, spreco e inquinamento
La produzione su larga scala, la bassa qualità e i prezzi abbordabili caratterizzano il fast fashion, generando un ciclo vizioso di spreco e inquinamento. Accessori progettati per una sola stagione, abiti che si rompono dopo poche settimane. Questa è la realtà dietro le vetrine scintillanti delle grandi catene di moda.
Si stima, infatti, che ogni anno ben l’85% dei tessili prodotti finisca in discarica. È evidente come la fast fashion sia responsabile di ben il 10% delle emissioni serra sul pianeta, per non contare lo sfruttamento e l’inquinamento delle acque, altro grande problema spesso sottostimato.
Il traffico dei vestiti: inquinamento e spreco
La produzione su larga scala di vestiti nei Paesi in via di sviluppo, con costi della manodopera più bassi, facilita il traffico di merci illegali e contraffatte, oltre a promuovere condizioni di lavoro schiavistico. Questo danneggia non solo l’industria legale ma anche le persone coinvolte nella catena di approvvigionamento.
Il settore tessile è uno dei principali inquinanti del pianeta, con un uso intensivo di acqua e la dispersione di sostanze chimiche tossiche nei corsi d’acqua. Il rapido ciclo di moda contribuisce allo spreco, con vestiti spesso realizzati con materiali non biodegradabili e gettati via dopo pochi utilizzi, generando conseguenze disastrose per l’ambiente.
Fast Fashion: un danno economico, ma anche ambientale e sociale
Il prezzo basso dei capi d’abbigliamento nasconde un costo nascosto, sia ambientale sia sociale. Il fenomeno del greenwashing, con promesse di sostenibilità spesso non mantenute, è diffuso nell’industria del fast fashion.
La maggior parte dei vestiti e delle calzature, prodotti del fast fashion, finisce in discarica, con solo una frazione minima riciclata per creare nuovi capi. In Europa, 5milioni di tonnellate di abiti e calzature vengono scartati ogni anno, con l’80% di questi materiali finiti in inceneritori o discariche.
Meno dell’1% dei vecchi vestiti viene riciclato. Quando i vestiti non vengono distrutti in Europa, vengono spediti altrove, spesso nei Paesi in via di sviluppo, contribuendo ulteriormente alla devastazione ambientale e sociale.
L’Inganno delle etichette verdi
Le aziende della fast fashion talvolta cercano di “confondere” i consumatori con etichette che promuovono una presunta sostenibilità. Tuttavia, spesso, queste si rivelano solo un espediente per nascondere la realtà di un’industria che non tiene conto delle conseguenze ambientali dei propri processi produttivi.
Greenpeace e il suo impegno
Per contrastare questo fenomeno, Greenpeace, l’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, ha deciso di lanciare una campagna per richiedere un’immediata azione che riesca a coniugare industria tessile e rispetto dell’ambiente.
La lotta contro la fast fashion non riguarda solo la moda, ma il futuro del pianeta.