UNA DELLE PIAGHE CHE STA MINANDO IL BENESSERE SUL LUOGO DI LAVORO È IL MOBBING. AD AFFRONTARE QUESTO DELICATO PROBLEMA IL CONVEGNO PATROCINATO DALL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA.
Emarginazione sociale, sabotaggio professionale, violenza psicologica o addirittura aggressione fisica: sono tutti segnali di un fenomeno che sempre più spesso si constata sui luoghi di lavoro, il mobbing.
Secondo l’INAIL sono circa un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime di questo sistema di persecuzione esercitato sia da colleghi sia da superiori. Tuttavia questo dato non sembra rappresentare adeguatamente la realtà attuale poiché a mancare sono spesso la consapevolezza da parte delle vittime di subire un trattamento ingiusto e la volontà di denunciare per non subire ulteriori danni.
Ha raffigurato invece un quadro chiaro della situazione il convegno “La mediazione penale come strumento risolutorio del mobbing”, durante il quale si è discusso su quali soluzioni adottare in caso si verifichi questo fenomeno.
Cosa può fare un lavoratore che subisce mobbing?
In questo incontro, patrocinato dall’Ordine degli Avvocati di Roma e promosso dal sindacato S.I. AVV., in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Amianto e l’associazione “Verso il futuro” e con la media partnership di Il Sole 24 Ore, sono intervenuti alcuni tra i più autorevoli giuristi italiani che si sono confrontati sulla possibilità di inquadrare il mobbing come un reato o come un atto illecito civile e sulle opportunità che potrebbe offrire la mediazione penale per la risoluzione celere di questi tipi di conflitti.
«Il lavoratore che subisce mobbing quale strada deve intraprendere per difendersi? Fino a ora la soluzione è stata tutelarsi dentro le aule giudiziarie – spiega l’avvocato e presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) di Roma, Paolo Nesta -. Instaurare un processo non è cosa semplice per il lavoratore, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista psicologico per le conseguenze che ne derivano dato che iniziare un procedimento giudiziario mentre si continua a lavorare non è facile. Assume quindi grande importanza la mediazione.
A seguito di una sentenza, c’è sempre chi vince e chi perde. Quindi il conflitto va ad acuirsi. Con la mediazione invece vincono entrambi, seppur rinunciando a qualcosa. Perciò è fondamentale il suo ruolo, soprattutto in ambito penale. La mediazione penale è l’espressione più sublime di questo processo perché finalizzata ad avvicinare il responsabile del reo alla parte offesa tramite un mediatore imparziale. Il risolvere in maniera pacifica un conflitto tra due persone rientra tra i principi di solidarietà previsti dall’articolo 2 della nostra Costituzione».
Il ruolo della mediazione e dell’avvocatura
Molti hanno condiviso questa stessa opinione durante il dibattito, come l’avvocato e professore di Diritto penale all’Università La Sapienza di Roma, Roberto Borgogno, la coordinatrice della Commissione di Mediazione penale, l’avvocatessa Eleonora Grimaldi, e il vice presidente del COA di Roma e coordinatrice della Commissione di Diritto penale, l’avvocatessa Irma Conti.
«Dobbiamo dare risposte certe e immediate a chi ricorrere agli strumenti della giustizia – dichiara quest’ultima -. La mediazione è un ottimo strumento per rispondere a questa esigenza, senza ingolfare i nostri già affollati tribunali».
A sottolineare invece il ruolo fondamentale dell’avvocatura, l’unica in grado di poter tutelare le vittime sono gli altri illustri relatori.
«Il ruolo primario dell’avvocatura emerge proprio sulla difesa dei più deboli – afferma l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA-. La politica e le istituzioni non possono delegare alla magistratura di agire quando già c’è una strage o un danno irreversibile dell’ambiente. Bisogna rivendicare la funzione etica e morale dell’avvocatura, che non può essere ridotta a “maggiordomo” della magistratura ma che ha un ruolo propositivo per la tutela della salute e dell’ambiente».
Preservare la salute e la dignità umana
Un esempio di lavoratori sottoposti a mobbing è quello che ha riguardato l’ILVA di Taranto, simbolo della storia industriale italiana. Qui coloro che hanno denunciato la presenza di amianto nella sede lavorativa hanno subito pesanti angherie, oltre ai danni alla salute provocati dall’esposizione al cancerogeno, il quale ha causato una vera e propria strage nella zona.
«Deve essere superata la concezione ricattatoria del lavoro. Spesso, in caso di segnalazione di esposizione ad amianto, si sono verificate condizioni di mobbing, come è accaduto all’ILVA di Taranto – continua l’avvocato -. In questa delicata fase storica, l’avvocatura deve riappropriarsi della sua funzione di tutela e di prevenzione, in modo che agisca prima che agenti cancerogeni possano determinare danni alla salute umana».
E proprio per affrontare la tematica sociale rilevante che costituisce il mobbing, non solo per la tutela del diritto al lavoro, principio costituzionale inviolabile, ma anche in riferimento alla tutela del diritto alla salute, spiega l’avvocato Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, presidente di “Verso il futuro” e moderatore dell’incontro, è stata ideata questa occasione di confronto.
Su questo argomento è intervenuto anche il professore di Diritto processuale penale all’Università Lumsa, Giorgio Spangher, il quale ribadisce che «l’unico diritto fondamentale della Costituzione è la salute fisica e psichica. Ce n’è poi un secondo che è fondamentale: la dignità della persona. Io credo che, all’interno del nostro sistema, possiamo trovare il modo di affrontare un comportamento dannoso più blando in sede civilistica. Mentre, se quel comportamento porta un danno alla salute, non si può risolvere con una condotta riparatoria. Il lavoratore ha una sua dignità e questa va tutelata, se civilmente o penalmente dipenderà dalle situazioni».
Mobbing e politiche di genere: più colpite le donne
Questo tema acquisisce ancora più importanza se messo in relazione con il luogo in cui si è svolto il dibattito, Roma.
«Nelle città così grandi come Roma spesso il lavoratore si sente solo ed è più difficile far valere i propri diritti – chiarisce infatti l’onorevole Maria Cristina Masi, consigliera comunale della Capitale (FDI) -. Questo incontro vuole quindi riportare la tutela dei lavoratori in primo piano e fare in modo che il mobbing sia nuovamente intenzionato dalla politica. Credo molto nel fatto che dall’interazione tra politici e tecnici si possano creare leggi più attinenti alle realtà che viviamo. Il tema del mobbing è importante anche per quanto riguarda le politiche di genere. Spesso sono le madri lavoratrici a risentirne di più. Ci deve essere quindi un’attenzione particolare affinché possa anche dal punto di vista culturale esserci una reale rivoluzione».
In particolare, infatti, il mobbing colpisce maggiormente le donne (52%). Inoltre, negli ultimi anni, in Italia i casi di mobbing da maternità sono aumentati del 30%: circa quattro madri su dieci sono costrette a dare le dimissioni per effetto di mobbing post partum.
Sono quindi le lavoratrici il maggiore bersaglio di questa pratica subdola, che da una competitività insana sfocia nel tempo in conflitto, che causa disagio e in seguito delle vere e proprie malattie psicosomatiche fino a spingere la vittima alle dimissioni o al prepensionamento o addirittura ad atti giù gravi, come il suicidio.