IPCC HA PUBBLICATO IL TERZO VOLUME DEL SESTO RAPPORTO DI VALUTAZIONE DELLE POLITICHE MESSE IN ATTO E LE LEGGI EMANATE PER RIDURRE O EVITARE LA PRODUZIONE DI GAS SERRA. È LA PIÙ AGGIORNATA E COMPLETA RASSEGNA SCIENTIFICA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI.
Il Sesto Rapporto di Valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) pone l’attenzione sulle tecnologie. In particolare quelle impiegate nella produzione e nell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili come il solare o l’eolico.
Rispetto al rapporto precedente (2014), si evince che le fonti rinnovabili come fotovoltaico, solare a concentrazione, batterie per veicoli elettrici, eolico, sono più convenienti.
E i costi della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono più competitivi di quelli della produzione di energia elettrica generata dall’uso di combustibili fossili.
L’impatto economico della transizione verde
Il punto non è solo quanto costa la transizione in un mondo a basso contenuto di carbonio. Il punto rilevante è anche capire quanto costa non attivare subito la transizione.
Il rapporto evidenzia che i benefici, anche economici, della riduzione globale di emissioni sono maggiori dei costi che quest’azione comporta. Gli impatti economici sono diversi da Paese a Paese, dipendono dalla struttura economica e dalle politiche che attueranno. Ma anche dai tempi con cui queste politiche diverranno operative.
In termini prettamente numerici, limitare l’innalzamento della temperatura a 1,5°C potrebbe ridurre la crescita del PIL mondiale di circa 0,1% l’anno entro il 2050.
Bisogna, tuttavia, considerare che gli impatti dei cambiamenti climatici hanno costi considerevoli in termini di vite umane, di mezzi di produzione e di sussistenza.
Non solo, gli effetti negativi dei cambiamenti climatici si ripercuotono anche:
- sulle infrastrutture,
- sui servizi (come ad esempio la sanità),
- sulle condizioni di salute delle persone e degli animali,
- sulla sicurezza alimentare e idrica,
- sui servizi ecosistemici,
- sulla biodiversità.
Dal rapporto IPCC, dunque, si deduce che il beneficio economico aggregato nel lungo periodo supera i costi iniziali della mitigazione. I costi saranno più elevati nel lungo periodo se non si agisce concretamente nel breve periodo.
Rimozione e cattura della CO2 dall’atmosfera
Oltre alle riduzioni delle emissioni in tutti i settori (soprattutto quello energetico), è necessario anche ricorrere a strumenti di rimozione della CO2 dall’atmosfera (Carbon Dioxide Removals-CDR).
Ciò è necessario per controbilanciare le emissioni residue “difficili da abbattere” (emissioni dell’agricoltura, dell’aviazione, processi industriali) per azzerare le emissioni dei gas ad effetto serra.
I processi di rimozione della CO2 sono classificati come:
- biologici (riforestazione, gestione forestale, sequestro del carbonio nel suolo, produzione di bioenergia con cattura e stoccaggio geologico del carbonio);
- geochimici (meteorizzazione, alcalinizzazione degli oceani);
- chimici (cattura e stoccaggio diretto del carbonio dall’aria).
Oggi, i rimboschimenti, la gestione forestale e quella del carbonio nel suolo sono l’unica soluzione di assorbimento diretto di CO2 attuata su larga scala.
La gestione sostenibile del territorio è considerata una valida opportunità di riduzione di CO2 atmosferica, con notevoli benefici per la biodiversità e la produzione agricola.
Tagliare le emissioni o rimuoverle dall’atmosfera
Quanto più rapidi ed efficaci saremo nel ridurre le emissioni, tanto meno saremo dipendenti dalla necessità di rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera. Questa è un’operazione difficile e può avere costi molto elevati.
Nel rapporto dell’IPCC si prendono in considerazione nuovi scenari che esplorano l’ipotesi di ridurre significativamente le emissioni di gas serra entro il 2030 e il 2040.
Ciò limiterebbe il riscaldamento globale e consentirebbe una minore dipendenza dalle emissioni nette negative di CO2.