NEL VASTO PANORAMA LETTERARIO DEDICATO AI MISTERI DELLE FERROVIE, EMERGE UNA FIGURA DI SPICCO, UN VERO “VIAGGIATORE DEL TEMPO” CHE, CON LA SUA PENNA ACUMINATA, HA TRACCIATO STRADE DI CONOSCENZA E INTRIGHI ATTRAVERSO LE LINEE FERROVIARIE STORICHE. MAURIZIO PANCONESI, UN NOME CHE EVOCA IL FASCINO DI UN’ERA D’ORO E I MISTERI DI RACCONTI INTRICATI, SI STAGLIA COME UNO DEI PIÙ BRILLANTI SCRITTORI E STUDIOSI DEL MONDO FERROVIARIO
In passato, il viaggio in treno permetteva di immergersi in un’atmosfera suggestiva, di ammirare paesaggi pittoreschi che spesso sfuggono alla frenesia quotidiana. I vecchi treni e ancor di più le locomotive a vapore, con il loro caratteristico soffio e il fascino, diventavano un mezzo attraverso cui le persone potevano connettersi con la storia, la cultura e la bellezza del proprio Paese.
Il treno non era solo un mezzo di trasporto, ma anche un luogo in cui i viaggiatori, in un’epoca in cui non esistevano gli smartphone, si scambiavano storie di vita.
Numerose opere letterarie hanno immortalato l’atmosfera unica dei viaggi in treno e la diversità delle storie umane che si intrecciavano all’interno de vagoni.
Da “Orient Express” di Agatha Christie, a “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello; da “Il treno dei bambini” di Edith Nesbit a “Il vagone letto” di Ethel Lina White. Fino a “Vite separate” di Giorgio Bassani, per citare qualche esempio.
Il treno luogo di connessione umana
L’idea del treno come luogo di connessione umana è stata spesso sottolineata anche in opere cinematografiche e canzoni. Indimenticabile il celebre sketch “il treno” tratto dal film italiano “Amici Miei” del 1975, diretto da Mario Monicelli, che rappresenta forse uno dei momenti più iconici e divertenti della commedia italiana.
La scena degli schiaffi ai viaggiatori in partenza da Santa Maria Novella, è considerata un vero e proprio cult. Leggendari anche gli interpretati, tra cui Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete e Adolfo Celi.
La sequenza fu omaggiata successivamente nel film “Fantozzi alla riscossa”, di Neri Parenti (1990). Non meno famoso il remake del best seller di Agatha Christie “Assassinio sull’Orient Express”, girato da di Kenneth Branagh, ambientato negli Anni Trenta del Novecento.
Quanto al panorama musicale, “La Ferrovia”, di Francesco Guccini (1976) evoca suggestioni e immagini di un viaggio fisico e metaforico attraverso la vita.
La storia narrata nel brano trae ispirazione dalla vita di Piero Rigosi, un ferroviere anarchico nato nella seconda metà dell’Ottocento. L’uomo tentò un gesto estremo che avrebbe richiamato l’attenzione sulla sua disperata protesta contro le durissime condizioni di lavoro di quel tempo. Sganciando la locomotiva di un treno merci dal resto dei vagoni, si lanciò sotto i binari senza tuttavia morire. “E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano…”.
Misteri ferroviari
Con una precisione da artigiano e la curiosità di un esploratore, Maurizio Panconesi ha plasmato un universo letterario dove i binari sono solchi di storia e i treni sono portatori di avventure senza tempo. Le pagine dei suoi libri non sono solo semplici racconti; sono varchi spalancati su mondi perduti, su misteri ed epoche dorate e sulle passioni umane intrecciate con il fascino dell’ingegneria ferroviaria.
Maurizio Panconesi, nato nel 1952 a Pistoia e attualmente residente a Cento (FE), si distingue come autore prolifico nel campo dei misteri della storia ferroviaria e delle comunicazioni. Da oltre quattro decenni, ha dato vita a un vasto repertorio di pubblicazioni che esplorano con maestria i complessi intrecci della ferrovia e della storia delle comunicazioni.
La sua opera va oltre la mera descrizione tecnica delle ferrovie, spaziando in un universo ricco e sfaccettato che comprende non solo gli aspetti tecnici ma anche il complesso mondo delle figure professionali coinvolte in progettazione, costruzione e gestione delle linee ferroviarie. La sua perizia abbraccia la pianificazione, l’organizzazione del lavoro e la risoluzione di sfide tecniche e burocratiche, elementi fondamentali per il successo di un grande progetto infrastrutturale.
Viaggi senza tempo
In un’epoca in cui la modernità e la frenesia tecnologica sembrano oscurare il passato, i suoi libri, autentici gioielli di ricerca e narrazione, sono viaggi senza tempo, che portano il lettore a esplorare i segreti delle ferrovie, a catturare il profumo del vapore e a perdersi nei meandri di stazioni remote e incantevoli.
Nelle sue opere, l’autore offre al lettore una visione panoramica della realizzazione di progetti ambiziosi, come la Direttissima Bologna-Firenze degli anni Venti e Trenta del Novecento. Con uno sguardo dettagliato e appassionato, illumina le fasi esecutive, i problemi risolti e le complessità affrontate durante la costruzione di una delle linee ferroviarie più avveniristiche del suo tempo.
La sua capacità di trasmettere non solo dati tecnici ma anche il contesto umano e storico di queste imprese rende i suoi saggi veri e propri viaggi nel tempo, coinvolgenti e illuminanti per chiunque desideri immergersi nella storia affascinante delle ferrovie italiane.
La passione di Panconesi per le ferrovie
Da dove è nata la sua passione per le ferrovie?
«La mia “Passione” ha origine antiche: risale infatti all’epoca di un mio antenato, macchinista ai tempi del “vapore”: il mio bisnonno! Correva l’anno 1890 quando il mio antenato – Niccolò Panconesi, classe 1859, già macchinista provetto con notevole esperienza nel Deposito Locomotive di Pisa – venne incaricato della condotta del Treno Reale di Re Umberto I sulla tratta da Roma a Pisa San Rossore (dove si trovava la Tenuta di caccia di Casa Savoia): il viaggio avveniva conducendo regolarmente la più bella macchina a vapore di quel tempo, la nuovissima e potente locomotiva dell’allora Rete Mediterranea, la “Giovanna d’Arco”, capace di toccare per la prima volta i fatidici 100 chilometri orari!
Pochi anni dopo l’epopea del Treno Reale, il bisnonno si trasferì a Pistoia, e qui visse giorni assai meno gloriosi, conducendo, lungo le difficili rampe della Ferrovia Porrettana, treni che spesso portavano all’asfissia i macchinisti, a causa del ristagnante fumo all’interno delle innumerevoli gallerie. Di queste esperienze, ebbi personalmente i riscontri narratimi poi dal nonno (suo figlio) che, nonostante la tarda età, serbava ancora il ricordo nei suoi racconti riportati a me, all’epoca ancora adolescente».
La Direttissima Bologna-Firenze
In considerazione della straordinaria ristampa anastatica dell’opera dell’ingegner Marone sulla Direttissima Bologna-Prato, concentrata su aspetti tecnici e storici della ferrovia, qual è l’elemento più sorprendente che emerge dalle Ferrovie di Servizio e dagli avvenimenti successivi che hanno segnato questa direttrice nell’arco dei decenni?
«Dal reperimento di fonti del tempo, come ad esempio la straordinaria Relazione dell’ing. Marone, direttore dei lavori della Direttissima per l’arco di un quindicennio, emerge sicuramente lo straordinario spirito di sacrificio di uomini che seppero affrontare, pur in ruoli e con responsabilità diverse, difficoltà straordinarie, forse difficili da superare anche oggi:
l’evento che, a mio giudizio, rivelò la loro eccezionale tempra e ingegno, fu il by-pass realizzato a chilometri dagli imbocchi nella Grande Galleria dell’Appennino, tra Lagaro e Vernio, dove grazie ad un tunnel parallelo a quello di avanzamento, bloccato per mesi da un furioso incendio per l’esplosione di una sacca di grisou, si riuscì a superare il punto critico, ritornando poi a riprendere l’asse di progetto della galleria, mantenendo nel contempo anche lo stesso profilo altimetrico del tunnel».
Le Ferrovie di Pio IX. Nascita, sviluppo e tramonto delle strade ferrate dello Stato Pontificio (1846-1870)
Data la complessa transizione dalla diffidenza iniziale verso le locomotive a vapore ai significativi sviluppi delle ferrovie durante il periodo di Pio IX, quali sono i misteri, gli aspetti più intriganti relativi ai viaggi in treno dei Papi o dalla storia delle stazioni ferroviarie durante quel periodo storico, che ha lasciato un’impronta così indelebile sulla rete ferroviaria italiana?
«Gli anni di Pio IX furono anni assai difficili, sia politicamente che anche sotto l’aspetto della costruzione delle prime strade ferrate nei territori dello Stato Pontificio: si dovette infatti combattere sia contro l’inesperienza, ma anche contro la speculazione; a tale proposito, ricordiamo il troppo facile insediamento della litoranea adriatica – letteralmente sul bagnasciuga! – o l’adozione da parte di appaltatori esteri senza scrupoli, sempre lungo la stessa litoranea, di ponti a traliccio metallico dalle troppo esili strutture, già rifiutati su linee spagnole ma poi “rifilati” a quelle pontificie, causa gli scarsi controlli, opere che avrebbero poi richiesto – causa l’ulteriore, rapida corrosione per l’ambiente marino in cui si trovavano – la loro rapida sostituzione negli anni successivi».
Il tunnel di Ciampino
«Ricordiamo poi l’aneddoto sul tetro tunnel di Ciampino, che incuteva, almeno nei primi anni, un ancestrale terrore ai viaggiatori, sia a motivo della completa oscurità perdipiù circondata da nuvole di asfissiante fumo (cui non era da dissociare l’ancora recente paragone proposto da una parte della stampa dell’epoca, contraria alla nuova invenzione, a un “mostro infernale“), sia per il sordo e profondo ritmico frastuono prodotto dalla locomotiva, amplificato dalla piccola sezione della galleria.
Per questo motivo, se tale galleria venne ufficialmente chiamata “il cunicolo”, fu nel contempo definita dal popolino “il tunnelle”!
Onde porre rimedio alla paura dei viaggiatori, la Società gerente, la Pio Latina, ricorse a un astuto espediente, modificando l’orario dei convogli e inserendo una sosta prima dell’imbocco della Galleria di Ciampino.
Qui, all’interno di due casette in legno da ogni lato del binario (da entrambi gli imbocchi), una coppia di lampisti era in attesa dell’arrivo dei treni per poi salirvi a bordo con l’incarico di accendere tutte le lampade a petrolio presenti all’interno delle carrozze in vista dell’ingresso in galleria, operazione questa assai lunga e laboriosa, che naturalmente comportava un notevole allungamento dei tempi di viaggio.
Una prassi che si prolungò per anni… almeno fino a quando l’attraversamento di quel “tunnelle” non divenne un fatto normale.
Ma, nonostante fosse trascorso circa un decennio, l’inesperienza di quei primi anni continuò ancora a comportare macroscopiche “sviste”, almeno da parte del personale tecnico della linea… come quella occorsa al Treno Papale ancora sulla linea per Frascati…»
Misteri su misteri: 7 luglio 1868
«Dovendo recarsi Pio IX a passare in rassegna le truppe schierate ai Campi d’Annibale utilizzando la linea di Frascati… “Un grave disastro fu evitato quella volta, soltanto per la diligenza di un modesto impiegato della ferrovia che due giorni prima della gita si accertò che la grande vettura papale non sarebbe potuta passare sotto la galleria di Ciampino perché – questa – troppo bassa e che ne sarebbe rimasta letteralmente schiacciata. Lavorando notte e giorno, si fece in tempo a rimediare…” ma non sappiamo in quale modo si pose rimedio all’inconveniente, anche se riteniamo eliminando probabilmente appendici e fregi dalla sommità della vettura papale… piuttosto che alzando la volta della lunga galleria».
Porrettana… Memorie tra i monti. Alla riscoperta dell’antica strada ferrata degli Appennini
Considerando la ricca pubblicazione sulla storia della Porrettana e i dettagli sorprendenti delle foto del 1927, ci sarebbe qualche aneddoto inusuale o curioso che ha scoperto durante la sua ricerca su questa linea ferroviaria storica? Qualcosa che potrebbe raccontare, un aspetto insolito o affascinante, i misteri che emergono dalla storia e dalle planimetrie dettagliate che ha esaminato?
«Possiamo definire ancor oggi la Ferrovia Porrettana, come una Ferrovia-Museo: percorso decine di volte a piedi, in solitaria o con amici, il tratto di Appennino che essa risale da Pistoia verso il Valico e discende poi lunga la vallata del Reno, la “Strada Ferrata degli Appennini” rappresenta, oltre che per il magnifico scenario alpestre, anche una sorta di interessante trekking di archeologia-industriale e ferroviaria, dove è ancora possibile riscoprire tra i folti boschi, l’ardita inventiva dell’uomo nel far passare un binario tra questi monti!
Ad ogni metro – ma potremmo dire perfino ad ogni passo – percorrendo i sentieri che costeggiano la Ferrovia (e che furono oggetto di una mia precedente pubblicazione dal titolo “Porrettana Trekking”) questa antica Linea ci rivela il suo storico Passato – scritto con la “P” maiuscola! – fatto non solo di ardite scelte tecniche, ma a volte anche di sconfitte… e di oscure tragedie, rimaste per sempre sepolte nella annali della Storia, con i nomi degli sfortunati protagonisti che mai nessuno conoscerà».
Ricordando una tragedia
«E, proprio a tale proposito, desidero ricordare il luogo di una di queste oscure tragedie, una località oggi di straordinaria bellezza, ma dove un tempo, negli anni della costruzione della Linea, ferveva una frenetica attività. Eravamo nella tarda primavera del 1858 quando – durante lo scavo di uno dei pozzi di areazione della sottostante galleria tra Pracchia e San Mommé – ebbe luogo un fatto ormai dimenticato.
È questo il luogo in cui sorgeva l’antico Pozzo N.1, iniziato nel settembre 1853 e con alterne vicende, portato avanti fino al drammatico crollo, avvenuto nel maggio 1858 che seppellì per sempre, sul fondo di quel pozzo di appena 3 metri di diametro, i quattro sfortunati minatori che vi stavano lavorando a quasi 80 metri di profondità.
Dopo la sciagura, vista l’impossibilità di recare loro ogni possibile soccorso, si decise di non recuperare i corpi dei quattro operai… che vennero così abbandonati per sempre nel cuore della montagna, “essendo troppo oneroso rimuovere quei 30 metri di detriti (sui 79,80 complessivi, fino ad allora scavati).
Ancor oggi, nel luogo della tragedia, nell’apparente amenità di quel ridente angolo d’Appennino, soltanto una vecchia capanna di boscaioli presso un’antica fonte in pietra, restano a testimoniare dove un tempo sorgeva il cantiere di quel pozzo; poco più sopra, al limitare di un bosco di abeti, una vasta depressione di alcuni metri di diametro, rimane l’unico segno a identificare la tomba di quei quattro sfortunati minatori che persero la vita lavorando alla costruzione della grande “Strada Ferrata degli Appennini”…»
Porrettana in trifase. Ancora misteri
A partire dalla straordinaria documentazione visiva della prima elettrificazione in trifase della linea ferroviaria Bologna-Pistoia nel 1927, quali sarebbero le peculiarità o gli aspetti più affascinanti che di questa sequenza di fotografie coeve alle planimetrie dettagliate delle stazioni lungo la Porrettana? Come, queste immagini, possono arricchire la comprensione e l’apprezzamento storico di questa eccezionale trasformazione della ferrovia? Come si è evoluta e, possiamo rimpiangere il passato?
«Porrettana in trifase vuole rappresentare lo storico passaggio tra un sessantennio di trazione a vapore e un nuovo tipo di alimentazione – quella elettrica – prima in corrente trifase, ma per soli otto anni, e poi quella in corrente continua: una transizione, come si direbbe oggi, epocale, poiché da un giorno all’altro i ventilatori delle gallerie della Porrettana, le colonnine idrauliche per il rifornimento delle locomotive, le doppie e triple trazioni lungo i 25 chilometri di rampe appenniniche… ma, soprattutto i pericoli dovuti all’asfissia del personale, divennero solo un ricordo!
I ferrovieri divennero così, da operatori “manuali” della trazione a vapore, a “conduttori” dei nuovi mezzi elettrici, un ruolo che pur nel suo impegno, si accompagnò a una maggior tutela del personale, non più esposto alle avversità ambientali e ai molteplici pericoli dovuti alla prima generazione di mezzi a vapore».
Fine del viaggio, fine dei misteri
Cosa possiamo rimpiangere di quell’epoca ricca di misteri, ormai lontana?
«Sicuramente le figure – ormai leggendarie – di quei ferrovieri, da quella del macchinista, a quella del fuochista e del frenatore e, in generale, di tutto quel mondo che accompagnò l’epoca dura – ma costellata da grande romanticismo – della locomotiva a vapore!
Un tempo che non ritornerà più e che, forse proprio per questo, conserva e conserverà ancor più in futuro, un innegabile fascino che lo farà ancor più amare e ricordare».