MAR ROSSO: LA RUBYMAR È AFFONDATA. E CON ESSA TUTTO IL CARICO DI 21MILA TONNELLATE DI FERTILIZZANTI CHE AVEVA A BORDO. A RISCHIO L’ “ULTIMO RIFUGIO CORALLINO” DEL MONDO E LA SUSSISTENZA DELLE COMUNITÀ COSTIERE
Mar Rosso: la Rubymar (ironia della sorte Ruby Mar come Mar Rosso) è affondata. E con essa tutto il carico di 21mila tonnellate di fertilizzanti che aveva a bordo, oltre al carico di carburante che serviva alla navigazione della stessa. L’affondamento del cargo britannico ma battente bandiera del Belize, piccolo Stato del Sudamerica e del suo carico di sostanze chimiche, fa temere effetti devastanti per l’ambiente marino caratterizzato dalle barriere coralline.
Il 18 febbraio scorso, un missile balistico anti-nave dei terroristi Houthi sostenuti dall’Iran ha colpito in maniera grave la nave carica di migliaia di tonnellate di fertilizzante a base di solfato di ammonio e nitrati.
La Rubymar era partita dagli Emirati Arabi Uniti diretta verso una città portuale della Bulgaria. Quando è stata colpita si trovava a circa 65 chilometri dal porto yemenita di Mocha.
Dopo aver lasciato una scia di carburante lunga una trentina di chilometri mentre andava alla deriva e imbarcava acqua, il cargo inglese è affondato sabato 2 marzo scorso. L’equipaggio che aveva abbandonato la nave e si è messo in salvo.
“La nave affondata, presenta anche un rischio di impatto sotto la superficie del mare per le altre navi che transitano nelle affollate rotte marittime della via d’acqua”, segnala in un comunicato il Comando Centrale della Difesa degli Stati Uniti (CENTCOM).
Rubymar una bomba ecologica
Il fertilizzante a bordo della nave affondata, avverte CENTCOM, è una bomba ecologica. Infatti, in Arabia Saudita sorgono decine di impianti di desalinizzazione, per fornire acqua potabile a intere città dell’Emirato. Milioni di persone potrebbero rimanere senza approvvigionamento idrico. Inoltre, l’industria della pesca potrebbe avere un brusco arresto con tutte le conseguenze soprattutto economiche.
Il danno ambientale sarebbe incalcolabile, difatti, dopo il turismo di massa, la pesca eccessiva e la cementificazione, ora, con l’affondamento della Rubymar le barriere coralline del Mar Rosso rischiano di essere distrutte irreparabilmente.
L’ultimo rifugio corallino del mondo
Uno studio dell’Università del Canale di Suez aveva consacrato il Mar Rosso come “l’ultimo rifugio corallino” del mondo. In una intervista riportata da Repubblica, il ricercatore Mahmoud Hanafy aveva affermato che «abbiamo una forte evidenza che questa barriera rappresenti la speranza per l’umanità di mantenere un ecosistema corallino».
I coralli si estendono solo sullo 0,2% dei fondali marini globali. Tuttavia, essi forniscono habitat ad almeno un quarto di tutte le forme di vita marine del mondo.
Più di 500milioni di individui dipendono direttamente dai coralli. Vuoi per le loro fonti di sostentamento, che includono la pesca e l’attrazione turistica: le barriere coralline del Mar Rosso sono conosciute da sub di tutto il mondo. Vuoi per la preservazione dell’ambiente, della vita terrestre, poiché le barriere coralline, lunghe chilometri, in acque poco profonde e cristalline, offrono una protezione cruciale contro l‘erosione costiera.
Le barriere coralline del Mar Rosso rivestono anche un’importanza fondamentale dal punto di vista della ricerca scientifica. In particolare, i coralli presenti in questa regione offrono opportunità uniche per studiare la loro capacità di adattamento alle crescenti temperature del mare, un fenomeno attualmente in corso e destinato a intensificarsi nel tempo.
Uno scenario che potrebbe avere conseguenze di vasta portata
Ian Ralby, fondatore della società di sicurezza marittima I.R. Consilium, ha evidenziato l’unicità delle caratteristiche naturali del Mar Rosso. Descrivendo il tratto di mare come una vasta laguna, dove le correnti hanno un andamento circolare.
Quindi, ha sottolineato Ralby, ciò che entra nel Mar Rosso tende a rimanervi intrappolato. «Il Mar Rosso funziona essenzialmente come una sorta di gigantesca cisterna naturale», ha affermato.
Quindi anche il fertilizzante che fuoriuscirebbe dalle cisterne della Rubymar vi rimarrebbe intrappolato, andando a contaminare, inquinare e distruggere ogni genere di vita.
La dispersione di tonnellate di fertilizzante a base di solfato di ammonio e nitrati, potrebbe non solo avere un impatto letale sulle specie animali e vegetali direttamente coinvolte ma anche avere un impatto sulla catena alimentare dell’area.
Secondo Julien Jreissati, direttore del programma di Greenpeace per l’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa), un tale scenario «potrebbe avere conseguenze di vasta portata, colpendo varie specie che dipendono da questi ecosistemi e, a sua volta, incidendo potenzialmente sui mezzi di sussistenza delle comunità costiere».
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