giovedì, Dicembre 7, 2023

Lotta al cambiamento climatico e l’idea di Stati-nazione

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IL NUOVO LIBRO DEL PROFESSOR DANIELE CONVERSI SPIEGA COME IL PERSISTERE DI STATI-NAZIONE SIA UNO DEI PEGGIORI OSTACOLI ALLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE COMUNE ALL’EMERGENZA CLIMATICA

Il cambiamento climatico è un’emergenza che colpisce tutto il mondo. Perciò tutto il mondo dovrebbe cooperare per far fronte a questa crisi. Purtroppo, però, sembra esserci una relazione conflittuale tra l’attuazione di strategie per affrontare l’emergenza climatica e la realtà geopolitica degli Stati-nazione. Quest’ultima sembra infatti legata ancora all’ideologia del nazionalismo.

Il cambiamento climatico è un fenomeno che ignora qualsiasi confine geografico, culturale o sociale. Perciò difficilmente può essere compreso entro i limiti di una visione del mondo nazionalista. Approfondisce proprio questo aspetto Daniele Conversi, professore ricercatore all’Università dei Paesi Baschi e uno dei massimi esperti mondiali di nazionalismo.

L’influenza dell’idea di Stati-nazione sugli accordi sul clima

Il suo ultimo libro, Cambiamenti Climatici. Antropocene e Politica, costruisce un nuovo approccio allo studio del cambiamento climatico, che analizza soprattutto gli ostacoli politici presenti nella lotta all’emergenza climatica.

In particolare l’autore identifica, come maggiore impedimento alla realizzazione di riforme urgenti e azioni concrete per fermare questa crisi globale, la persistente pervasività del nazionalismo e della competizione inter-statale. Questi aspetti hanno influenzato, finora, tutti gli accordi internazionali sul clima.

«Gli Stati-nazione sono le istituzioni dominanti della modernità – spiega il professor Conversi -. Attraverso di essi si prendono le decisioni chiave per l’economia e per l’ecologia, soprattutto a livello mondiale. Gli Stati-nazione sono tradizionalmente controllati da élites, interessate a usare le istituzioni per massimizzare i propri profitti e minimizzare gli impegni che ne derivano. Ma così il nazionalismo è emerso ancor più potentemente come manifestazione, dimostrazione e risposta all’incapacità da parte delle élites di affrontare l’emergenza climatica».

I principali ostacoli alla mitigazione del cambiamento climatico sono quindi gli interessi del ceto dirigente e imprenditoriale e della politica nazionalista. Questi emergono soprattutto durante le Conferenze delle Parti delle Nazioni Unite. Questi ragionamenti non fanno altro che frenare la volontà di costruire un mondo migliore in grado di affrontare la crisi in corso.

Il tempo sta scorrendo e per alcuni Paesi del mondo affrontare il cambiamento climatico è un’urgenza che non si può più rimandare. Per esempio, per i piccoli Stati insulari, come le Maldive o le Marshall Islands, l’innalzamento del livello del mare minaccia l’economia, la fauna, la vegetazione e la stessa vita delle popolazioni.

L’impatto dell’uomo e lo sviluppo del “nazionalismo verde”

Se l’origine del nazionalismo e degli Stati-nazione può essere ricondotta allo sviluppo dell’industrializzazione, quest’ultima segna anche l’inizio di un altro cambiamento radicale: la crescente dipendenza dal consumo di combustibili fossili, principale causa del cambiamento climatico. È stata quindi l’attività umana il vero responsabile di questa crisi.

Tuttavia, come si legge nel libro di Daniele Conversi: “sebbene il cambiamento climatico si annunci come in parte già irreversibile, esiste la possibilità di attuare politiche radicali per correggere il corso della storia e fermare la distruzione in atto”.

Questo è dimostrato dalla nascita di forme alternative di nazionalismo sostenibile. Definite dall’autore nazionalismo verde, si contrappongono appunto ai “trasgressori ambientali”, come Stati Uniti, Russia, Brasile, Cina e India.

«Nazionalismo verde è un termine sintetico con cui enfatizzo la necessità di progetti di sostenibilità nazionale. Questi sono portati oggi avanti da movimenti e partiti nazionalisti e regionalisti che hanno assunto la lotta al cambiamento climatico come parte centrale dei loro programmi – chiarisce Conversi -. Generalmente si tratta di “nazioni senza Stato”, come nel caso della Scozia o della Catalogna. Qui sono state approvate misure all’avanguardia nel campo della lotta al cambiamento climatico. Ci sono poi altri Stati-nazione, soprattutto il mondo scandinavo (Norvegia, Svezia, Danimarca), la Germania e la Svizzera, dove si può notare come il fatto di essere all’avanguardia nella transizione energetica e nelle scelte sostenibili abbia portato a un nuovo tipo di orgoglio patriottico positivo».

Lottare insieme contro la “tirannia del presente”

Proprio l’esperienza di questi Paesi mostra come esistano valide alternative alla classica forma ostruzionista di nazionalismo, che ha finora prevalso nel sistema internazionale durante i negoziati sul clima. Un altro modo su cui mette l’accento il professor Daniele Conversi è coltivare la transdisciplinarietà. Occorre un approccio multidisciplinare nella ricerca di risposte a queste nuove sfide.

Inoltre non bisogna dimenticare la rilevanza di tutte quelle azioni compiute in contesti più piccoli e locali oppure dallo stesso individuo. Come sostiene il ricercatore, occorre «pensare globalmente e attuare localmente», con l’obiettivo ultimo di contrapporsi alla “tirannia del presente”. Questo è il termine utilizzato dall’autore per descrivere la modalità con cui la maggior parte degli individui agisce: senza considerare le conseguenze delle proprie azioni a lungo termine.

«È un mio modo di descrivere l’indifferenza, il cinismo e il totale disinteresse per il destino delle future generazioni – sottolinea Daniele Conversi -. Dimostrano questo atteggiamento, credo, una buona parte delle élites economiche e politiche in Italia e in molti altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti».

Infatti il disinteresse verso la tutela ambientale mostrato fino a oggi ha condotto a un incredibile ritardo nell’affrontare le sfide vitali che ci pongono il cambiamento climatico e la continua perdita di biodiversità. E questo avrà purtroppo un impatto duraturo sulle generazioni future.

A cambiare non dovranno essere solo gli Stati. Il cambiamento dovrà nascere da ognuno di noi. «Condurre una vita all’insegna della massima sostenibilità, con un minimo di consumi, è una conquista non solo nazionale e per le nazioni ma per ogni individuo – conclude il professor Conversi -. Infatti ognuno di noi vive meglio se non agisce in contraddizione con i propri valori».

Numero verde ONA

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