NEL PERIODO INIZIALE DELLA PANDEMIA COVID-19, CON IL PLACARSI DELL’ATTIVITÀ DI TRASPORTO MARITTIMO, I RICERCATORI CHE STUDIANO L’ACUSTICA OCEANICA HANNO AVUTO MODO DI CATTURARE LE “SINFONIE” DI BALENE, DELFINI E ALTRE SPECIE MARINE. A FINE LOCKDOWN, IL RUMORE ANTROPICO, CIOÈ PROVOCATO DALL’UOMO, HA MESSO FINE A TUTTO
Armonie marine: misteri dell’acustica oceanica e l’impatto del cambiamento climatico
Il suono è uno stimolo sensoriale molto importante per gli animali marini.
È fondamentale per la comunicazione, l’accoppiamento, la socializzazione e la navigazione di una vasta gamma di specie marine, molte delle quali hanno sviluppato organi specializzati per produrre e percepire le vibrazioni che si propagano nell’acqua.
Purtroppo, l’oceano è diventato sempre più affollato a causa dell’attività umana. La flotta marittima globale è esplosa in dimensioni numeriche tra il 1996 e il 2020, con un aumento significativo delle attività come la pesca, l’estrazione di petrolio e gas, e la costruzione di parchi eolici.
Questa crescente attività si riflette anche nei dati sul rumore, con stime che indicano un raddoppio del livello del fragore delle navi a partire dagli anni ’60. A svelarlo, diversi studi secondo cui rimangono poche aree “silenziose” negli oceani di tutto il mondo.
Su tutti, la ricerca condotta da Carlos Duarte, che insieme con il suo team di scienziati ha passato in rassegna oltre cinquecento articoli scientifici nei quali viene valutato l’impatto sulla vita marina dell’inquinamento acustico.
Il risultato è stato pubblicato nel 2021 su Science con il titolo molto eloquente di “The soundscape of the Anthropocene ocean”, il panorama sonoro dell’oceano ai tempi dell’Antropocene.
Animali che dipendono dal suono per la loro sopravvivenza
Questo frastuono può soffocare l’orchestra naturale dell’oceano e mettere a rischio gli animali che dipendono dal suono per la loro sopravvivenza e riproduzione.
Pensiamo ad esempio alle balene. Questi mammiferi producono una vasta gamma di sonorità, inclusi canti melodiosi e complessi linguaggi, utilizzati per comunicare con i loro simili, per navigare e per individuare le prede.
Alcuni scienziati stanno addirittura cercando di decifrare il significato del canto dei capodogli (raggiunge addirittura i 230 decibel) attraverso l’impiego dell’intelligenza artificiale, grazie a un’iniziativa nota come Cetacean Translation Initiative.
Stesso discorso vale per i delfini, noti per i loro fischi ad alta frequenza, simili a click, utilizzati per l’ecolocazione, cioè per individuare prede e orientarsi nell’ambiente circostante.
Anche altre creature marine “insospettabili” emettono particolari sonorità.
I calamari, ad esempio, producono suoni distintivi durante il corteggiamento e l’accoppiamento, che sono essenziali per la comunicazione tra individui e per il riconoscimento delle specie.
Il merluzzo e il pesce persico, utilizzano vibrazioni per comunicare e per coordinare il comportamento all’interno dei banchi.
Inoltre, molte specie di invertebrati marini, come i crostacei e i molluschi, producono una sorta di eco (generato dalle piccole correnti d’aria che entrano e vibrano all’interno della conchiglia) per scopi vari, come il corteggiamento, la difesa e la localizzazione del cibo.
Come detto, il rumore “antropico”, cioè causato dalle attività dell’uomo, sta rovinando questa musicalità sommersa.
Ma c’è un altro fattore che gioca un ruolo importante nell’acustica sottomarina: il cambiamento climatico.
L’impatto del cambiamento climatico sui livelli del rumore oceanico
L’aumento della temperatura dell’acqua può causare, ad esempio, cambiamenti nella densità e nella viscosità dell’acqua stessa, influenzando così la propagazione del suono.
Può portare a modifiche nella circolazione oceanica e nei modelli atmosferici, che a loro volta possono influenzare la distribuzione e l’intensità del rumore prodotto dalle attività umane come il traffico navale, la pesca e l’estrazione di risorse.
Infine, può avere effetti indiretti sul rumore oceanico attraverso la modifica degli habitat marini e delle popolazioni di specie marine. Ad esempio, la perdita di habitat come le barriere coralline e le praterie di alghe può influenzare la distribuzione e l’abbondanza delle specie marine che producono suoni.
E non solo…
La variazione della chimica dell’oceano, causata dell’acidificazione dovuta all’assorbimento di anidride carbonica atmosferica, può influenzare la capacità dell’acqua di trasmettere suoni. Tutti fattori che influenzano la capacità degli animali marini di comunicare, navigare e individuare le prede.
Purtroppo, le conseguenze hanno un duplice effetto negativo sulle specie acquatiche. Come noi umani, anche queste creature possono infatti subire stress e disagio a causa del frastuono.
Ad esempio, uno studio ha rilevato che dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, quando il traffico navale rallentò, le balene nei mari canadesi mostrarono livelli di ormoni correlati allo stress più bassi, suggerendo una correlazione tra rumore e stato emotivo.
Inoltre, il rumore prodotto dall’uomo ha dimostrato di influenzare negativamente la crescita di alcune specie marine, come il merluzzo dell’Atlantico e le ostriche e di disturbare le attività riproduttive di altre, come la rana pescatrice.
Fortunatamente, non tutto è perduto.
Limitare la “cacofonia antropogenica”
Esistono tecniche e strategie innovative per ridurre la “cacofonia antropogenica”, cioè le terrificanti emissioni sonore prodotte dall’uomo in questa vasta distesa blu.
Esaminiamo più da vicino come tali interventi potrebbero plasmare il futuro del suono oceanico e garantire un ambiente marino più armonioso per tutte le forme di vita che lo popolano.
Soluzioni per ripristinare l’acustica marina e arginare l’impatto antropico
Una soluzione diretta ed efficace per limitare l’impatto antropico riguarda il rallentamento delle imbarcazioni, specialmente nelle aree sensibili dal punto di vista ambientale. Negli Stati Uniti e in Canada, sono state istituite zone con limiti di velocità, non solo per ridurre le emissioni, ma anche per proteggere la vita marina.
Queste zone hanno dimostrato di avere un impatto positivo anche sul livello di rumore, poiché una riduzione della velocità delle navi può significativamente abbassare il rumore emesso.
Programmi come il Protecting Blue Whales and Blue Skies Program hanno incentivato le compagnie di navigazione a rispettare i limiti di velocità attraverso misure come agevolazioni fiscali. E i risultati sono stati incoraggianti: hanno infatti ottenuto l’81% di cooperazione da parte delle compagnie di navigazione.
Inoltre, iniziative internazionali come “Quiet Sound” e i limiti stabiliti dalla Commissione Europea indicano un impegno globale per affrontare il problema del rumore nell’oceano.
Tuttavia, ci sono sfide da superare per argoinare l’impatto antropico. Ad esempio, alcuni rapporti indicano che le navi non rispettano sempre i limiti di velocità e nuove industrie come l’estrazione mineraria in profondità potrebbero aumentare ulteriormente il livello di rumore nell’oceano. In questo contesto, la ricerca continua e l’adozione di politiche e tecnologie innovative saranno vitali per mantenere gli oceani un ambiente abitabile per la vita marina.
Fonte
Inside Climate news