martedì, Settembre 17, 2024

L’eolico calabrese affare milionario

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L’eolico che devasta il paesaggio e supporta gli imprenditori

Nell’ultimo decennio sono sorti in tutta la Calabria numerosi impianti per la produzione di energia dall’eolico. Le opere hanno devastato il paesaggio senza apportare alcun beneficio alla regione, già da molti anni inclusa tra le principali aree produttrici di energia elettrica. Seconda per sovrapproduzione e in piena autosufficienza. Tra il 2008 e il 2010, la Regione ha ricevuto 220 nuove domande per la realizzazione di impianti eolici, in grado di fruttare milioni e milioni di euro ogni anno. Un affare troppo grande perché la criminalità organizzata ne restasse fuori. Infatti, l’inchiesta “Via col vento” del 2019 ha svelato l’ingerenza delle cosche nella realizzazione di diversi parchi eolici in Calabria. Ogni settore legato all’eolico, secondo l’accusa, era controllato dai clan. Un’inchiesta precedente, denominata “Eolo”, scattata nel 2006, coinvolse numerose persone legate al mondo politico e dell’imprenditoria. Si concentrò in particolare su una presunta tangente di 2milioni e 400mila euro, promessa e in parte versata sia per la realizzazione del parco eolico “Pitagora” di Isola Capo Rizzuto, sia per l’adozione da parte della Regione delle “Linee guida sull’eolico”. L’affare del vento in Calabria si dispiega, dunque, tra carte bollate, sentenze, multinazionali, politici e faccendieri. Che, in nome dell’energia alternativa, si sono riempite le tasche, deturpando i territori. Ecco come.

Il caso del parco eolico “Aria dei Venti”

Molto dibattuta e controversa è stata la realizzazione del parco “Aria dei Venti”, ricadente nei comuni di Mongrassano, Cervicati, San Marco Argentano (CS). Avverso l’attuazione del parco eolico,  il Consiglio di Stato ha pronunciato, il 3 dicembre scorso, la sentenza sul ricorso proposto dal ministero per i Beni e le attività culturali contro i comuni di Cervicati, Mongrassano, San Marco Argentano, Regione Calabria e Siemens Gamesa Renewable Energy Italy (società attiva nel settore delle fonti rinnovabili di energia). Il giudizio ha messo fine alle travagliate vicende del parco eolico in questione. I magistrati hanno ritenuto conformi a tutte le normative di legge i lavori dell’azienda che ha realizzato il parco, smontando la tesi ministeriale e ritenendo l’appello da rigettare in toto. Secondo il Consiglio di Stato, l’azienda costruttrice non ha creato alcun danno. Di conseguenza il Mibact dovrà sottoporsi all’azione risarcitoria di 2,5milioni di euro chiesta dalla Gamesa al Tar di Catanzaro.

Solo un mese prima, il direttore generale di Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Mibact, aveva ulteriormente differito l’accesso civico sul parco eolico di Mongrassano (Cosenza), presentata dalla senatrice Margherita Corrado nell’autunno 2019. Infatti, la direzione riscontrava “circostanze potenzialmente idonee ad escludere anche temporaneamente l’accoglimento ex art. 5 e segg. del D. Lgs. 33/2013”.

Si è, così, negato a una senatrice l’accesso agli atti sul parco eolico di Mongrassano. Ma la costruzione del parco ha devastato un enorme patrimonio naturalistico, ricco di percorsi storici e religiosi, senza tener conto delle esigenze dei residenti. La sentenza è la chiara dimostrazione che nessuno può opporsi ai “signori del vento”, protesi verso guadagni milionari a danno dei territori del nostro Paese.

Eolico, una vecchia storia

L’affare eolico in Calabria affonda le sue radici nella prima decade del terzo millennio. Basta sfogliare i giornali dell’epoca per avere un quadro dei movimenti e delle persone che giravano intorno al business del vento. È quello che abbiamo fatto. A seguire, riportiamo alcuni articoli pubblicati sui quotidiani calabresi dal 2008 in poi. Da questi emerge uno scenario intricato che ha fatto incassare milioni e milioni di euro ad aziende e affaristi a svantaggio del territorio calabrese. Soldi al vento per produrre energia che non serviva e che ha arricchito multinazionali e traffichini. 

Già nel 2009, la Calabria si era assestata al 5° posto in Italia per produzione di energia eolica. Nessun’altra regione cresceva a questa velocità, gli impianti assicuravano guadagni certi e milionari. «Tra il 2008 e il 2010, la Regione aveva ricevuto duecentoventi nuove domande per un totale di oltre 7mila megawatt. “Per me è allucinante tutta questa richiesta – disse Ilario De Marco, dirigente del Dipartimento attività produttive della Regione Calabria -. Se tutte le domande di impianti eolici fossero accolte, vorrebbe dire avere 2mila nuovi aerogeneratori nella provincia di Catanzaro e 2mila nella Provincia di Crotone”. Tra energia prodotta e incentivi (“certificati verdi”) l’energia eolica garantisce un ritorno generoso e oltretutto sicuro. Ogni megawatt installato rende almeno 300mila euro l’anno per trenta o addirittura per quarant’anni. Un grande parco eolico come quello di Isola Capo Rizzuto (KR), per esempio, frutta tra i 40 e i 60milioni di euro ogni anno. L’eolico è un affare troppo grande perché la criminalità organizzata ne restasse fuori».

Indagati Loiero e Tommasi, il ruolo di Gamesa

Eolico calabrese, indagati Loriero e Tommasi

Nella primavera del 2008, il presidente della Giunta regionale calabrese, Agazio Loiero e l’assessore all’Ambiente Diego Tommasi, furono indagati su presunti illeciti nell’ambito delle concessioni per i parchi eolici. La procura di Paola (CS) dispose una perizia che fu affidata ad alcuni docenti universitari. Emerse che le aziende impegnate in Calabria ad impiantare parchi eolici avevano visto passare il reddito dagli 82,40 euro per MWh del 2003 ai 125,28 per MWh del 2006 quale contributo di “certificati verdi”. Cioè un ricavo netto di circa 100mila euro per ogni GWh prodotto. «… Altrettanto ricco è il piatto per i monopolisti internazionali che forniscono le attrezzature. E qui spicca il ruolo di Gamesa che è il più grande produttore mondiale di aerogeneratori.

In Calabria Gamesa, però, è anche gestore della fetta più larga di impianti eolici. Molti realizzati su licenza diretta, altri arraffati facendo incetta di autorizzazioni rilasciate a singoli “procuratori”. Ben poco resta alla Calabria, anzi quasi nulla se si escludono i soldi incassati dai proprietari dei terreni che ricevono delle ridottissime “royalties” per tutta la durata del contratto di fitto. Ed in alcuni casi, giusto per chiudere lo scenario tratteggiato dall’indagine del pubblico ministero Facciolla, al danno si aggiunge anche la beffa visto che i parchi eolici sono stati assimilati al resto degli “impianti di tipo industriale” e per questo ammessi a godere di tutte le agevolazioni previste a cominciare da quelle fissate con la famigerata legge 488…

Eolico, inchiesta della procura calabrese

Ma la Calabria è la terra dei paradossi: in una regione che prima dell’assalto del capitale energetico già esportava il 27 per cento di energia, la Calabria si troverebbe a produrre circa 3.800 MW di energia elettrica da fonte eolica, in pratica andrebbe a superare da sola l’obiettivo fissato per l’intera nazione». (Calabria Ora, 18 maggio 2008)

Secondo i magistrati, diversi indagati risultavano interessati alla realizzazione di impianti eolici, perché potevano contare sulla disponibilità del governatore della Calabria, Loiero e dell’assessore all’Ambiente, Tommasi. 

Il business dell’eolico in Calabria, il piano regionale cambia a pagamento

Un paio di anni più tardi, esattamente nel 2010, sull’Unità del 7 giugno appare un articolo dal titolo “Il piano regionale cambia, a pagamento. È il business dell’eolico in Calabria”. Da questo si apprende che furono sufficienti 2milioni e 400mila euro, arrivati direttamente da Roma «dagli uffici di una multinazionale genovese dell’energia, a Catanzaro per modi­ficare il piano regionale. Una maz­zetta riportata negli atti dell’inchie­sta della Procura di Paola, con tanto di ricostruzione dei movimenti bancari. Perché quel parco eolico a Isola Capo Rizzuto, vicino l’aero­porto di Crotone, s’aveva da fare. Così, se la relazione dei tecnici as­soldati dalla Regione Calabria nel 2005 stabilisce al punto J del “Piano eolico regionale” che i parchi eolici devono avere dalla costa “una distanza minima di 10 chilo­metri”, detto fatto: la giunta Loiero da poco decaduta dal governo re­gionale, nel 2006 modifica il crite­rio di distanza minima in 2 km dalla costa. Il parco costituendo dalla multinazionale dista dallo Jonio crotonese tre chilometri. E se il pia­no tecnico stabiliva a pagina 13, punto G, che i siti per la produzione di energia eolica do­vessero rimanere distanti “dalle aree d’interesse paesaggistico o artistico” almeno 5 chilometri 5 in linea d’aria? Non c’è problema: il nuovo piano eolico regionale del 2006 stabilisce che questa distanza può essere ridotta a un solo chilo­metro. E, guarda caso, l’impianto costituendo a Isola Capo Rizzuto di­sta 3 km dai bastioni aragonesi di “Le Castella”… Dopo che il documento guida per 1’eolico passa dagli assessorati di Tommasi e Adamo, viene stravolto per favorire i grandi progetti (altri impianti fuori norma sarebbero auto­rizzati a: Spezzano, Tarsia, Nucara)».

Eolico, il business calabrese

Le modifiche al Piano eolico regionale

Il 6 giugno 2010, su “Il Quotidiano della Calabria” era apparso un servizio dal titolo “Le modifiche ad hoc al Piano”, in cui si legge: «Attraverso due puntuali testimonianze agli atti dell’inchiesta sui parchi eolici, viene ricostruito il modo in cui sarebbero state modificate le “linee guida” per consentire la realizzazione di alcune centrali per la produzione di energia eolica, che altrimenti non avrebbero potuto ottenere le autorizzazioni necessarie per essere costruite. Per le variazioni ad hoc sarebbe stata pagata una mega tangente di oltre 2milioni e 400mila euro da parte di una multinazionale che aveva programmato la realizzazione di un parco eolico a Isola Capo Rizzuto. Progetto bloccato dai vincoli ambientali contenuti in una prima bozza delle “linee guida” redatta e presentata nel 2005 da un’equipe di esperti incaricata dalla Regione.

Vincoli che poi sarebbero “spariti” dal piano eolico approvato dalla giunta Loiero, agli inizi del 2006. Le modifiche “su misura” che sono al centro del fascicolo aperto dalla procura di Paola, poi trasmesso alla procura di Catanzaro – secondo il testimone chiave del caso, sarebbero state dettate direttamente dal responsabile di una multinazionale del settore, che in cambio avrebbe corrisposto la tangente

L’operazione poco chiara avrebbe avuto un protagonista: Giancarlo D’Agni ritenuto l’intermediario fra la società multinazionale e Nicola Adamo, all’epoca assessore regionale alle Attività produttive e all’Energia… Nel dicembre del 2005 – sostiene il superteste dinanzi ai pm – la Regione Calabria stava per approvare il cosiddetto piano eolico… Giancarlo D’Agni, lo ha fatto pervenire all’onorevole Nicola Adamo, affinché si predisponessero le modifiche in oggetto atte a garantire la realizzazione dell’impianto di Isola Capo Rizzuto, in primis, che altrimenti non poteva esser realizzato con il piano eolico originale, e altri impianti già da me precedentemente elencati».

Le distanze mai rispettate

Una delle modifiche più evidenti riguardava le distanze minime previste per la realizzazione dei parchi eolici: 10 km dalla costa, mentre nel testo modificato e pubblicato i km di rispetto scendono soltanto a 2. L’impianto di Isola Capo Rizzuto si trovava a circa 3 km dalla costa. «Sempre per garantire, a fronte della nota tangente incassata, la realizzazione dell’impianto di Isola Capo Rizzuto, a pagina 13 del piano eolico originale al punto G erano escluse dalla realizzazione di tali siti anche alcune aree di interesse tra le quali quelle dove erano presenti castelli, in tal caso bisognava rispettare la distanza di km 5 in linea d’aria. Nel piano modificato, invece, tale distanza, menzionata a pagina 13, è stata ridotta a 1 km. Ciò perché Le Castella dista dal noto impianto al massimo 3 o 4 km in linea d’aria».

L’architetto Rosa Maria Alessi, componente del gruppo tecnico che nel 2005 aveva ricevuto l’incarico di predisporre le linee guida per l’edificazione delle torri eoliche, riferì che «nella stesura iniziale e comunque nel nostro intendimento, avevamo ritenuto che le Zps (Zona a protezione speciale) venissero escluse a priori dalla possibilità di insediamenti energetici eolici».

Il divieto Zps non era previsto nel piano eolico regionale. Anche in Sila e in Aspromonte i vincoli ambientali imposti dallo Stato e dalla Comunità Europea per salvaguardare le aree vitali per varie specie di uccelli migratori, alcune in pericolo di estinzione, furono disattesi. Tra i golfi di Lamezia e di Squillace, la Regione Calabria aveva autorizzato la realizzazione di un primo impianto eolico di sette torri in funzione nel 2007. Ma risultavano già emessi pareri ambientali per altri impianti eolici nei comuni di S. Pietro a Maida, Jacurso, Polia, Gasperina, Vallefiorita, Palermiti, Marcellinara, Pianopoli, Caraffa. Furono anche proposte le centrali eoliche di Filadelfia, Girifalco, San Vito sullo Ionio e San Floro in palese violazione della normativa statale e comunitaria. Senza dimenticare altri impianti costruiti a ridosso di aree protette nella Sila cosentina e di un Sic che ricade nel Parco delle Serre. La presenza di regole e la possibilità di incorrere in procedure di infrazione da parte di Bruxelles non avrebbe tuttavia fermato l’amministrazione guidata da Agazio Loiero.

Il paradiso fiscale di San Marino

Nell’ambito dell’inchiesta sul business dell’eolico Calabria gli inquirenti si sono imbattuti in un’operazione che probabilmente è partita «dal “paradiso fiscale” di San Marino, la scalata per la conquista di alcune società – si legge sul Quotidiano della Calabria dell’11 giugno 2010 – e le trattative per la vendita dei pacchetti delle centrali eoliche calabresi. Questa è un’altra pista battuta dagli inquirenti… Il protagonista in questo ramo d’indagine è Renato D’Andria, faccendiere partenopeo noto per i suoi trascorsi giudiziari anche in intrighi internazionali, come il caso Telekom Serbia. D’Andria, che ha fiutato l’affare dell’energia rinnovabile, in Calabria ha diversi amici che lo possono aiutare nell’investimento. Nel 2007, anno del suo massimo impegno sul “fronte eolico” fra l’altro è risultato in contatti con il governatore Loiero e l’allora assessore regionale all’Ambiente, Tommasi. Nel fascicolo vi sono diverse intercettazioni telefoniche che lo dimostrano… D’Andria opera nella Repubblica di San Marino, paradiso fiscale. Qui Renato D’Andria avvia delle trattative per la scalata a qualche società e la vendita dei pacchetti delle centrali eoliche in Calabria. Di seguito riportiamo una delle telefonate fra D’Andria e l’uomo di San Marino dal contenuto eloquente, da cui si capisce che dietro le pale eoliche c’è davvero un grosso giro di denaro: “Quando si realizza un impianto eolico, dotto’ – riferisce rispondendo a una domanda del pubblico ministero – si fa un Eps Contratto, l’Eps Contratto sono gente del mestiere, sono gente con i soldi, che non si vanno a perdere per un milione di euro o per cinquecento, perché fanno fatturati di cento milioni di euro».

Ai magistrati in seguito fu anche riferito che molti parchi eolici erano stati progettati in zone senza vento al solo scopo di vendere alle multinazionali del settore le autorizzazioni ottenute con gli appoggi politici giusti. L’importante era avere i nullaosta e venderli per guadagnare milioni di euro.  

Calabria, l’affare eolico

Come è andata a finire

Associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e falso, furono le ipotesi d’accusa contestate, a vario titolo, agli indagati (politici, ex amministratori, funzionari della Regione Calabria, imprenditori e anche tre società) coinvolti nella “inchiesta Eolo” sulla realizzazione di alcuni parchi eolici in Calabria. Nell’ottobre 2012, il pubblico ministero chiese l’archiviazione delle accuse ipotizzate nei confronti di molte persone, tra cui l’ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero e l’ex assessore regionale all’Ambiente, Tommasi. L’archiviazione delle accuse fu chiesta anche per Enza Bruno Bossio, Renato D’Andria, Rosaria Claudia Longo, Carlo Copat, Francesco Bitonte, Antonio Marasco, Stefano Casale, Antonio Speziali, Giorgio Marincola, Luca Iviani, Giovanbattista Lopreiato, Giuseppe Mazzitello, Domenico Antonio Basile, Paolo Giovanni Pagliuso Fabiano e Angelo Gangi.

«Dopo l’avvenuta prescrizione dell’inchiesta sulla realizzazione del parco eolico a Spezzano della Sila, Nicola Adamo e i suoi prodi hanno ottenuto lo stesso risultato per il primo filone investigativo, quello più importante, quello crotonese, con la più grave contestazione formulata dagli inquirenti: associazione a delinquere, che ha coinvolto tre società e otto persone, tra cui l’ex vice presidente della Giunta calabrese, Nicola Adamo, e l’ex dirigente esterno del settore commercio artigianato ed energia del dipartimento Economia della Regione, Carmelo Misiti».

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Nulla di fatto

Nessuno ha finora pagato, né mai pagherà per lo spreco di denaro pubblico e per la devastazione dei territori. E nemmeno per l’arricchimento di soggetti discutibili o appartenenti a organizzazioni criminali che hanno riempito la Calabria di inutili, costose e impattanti pale eoliche. E si continua. Proprio in queste settimane si è appreso, infatti, che la Regione Calabria ha sbloccato l’iter per la realizzazione del parco eolico di San Vito (CZ) e che ci sono altri cinque progetti in itinere. Per un totale di quaranta aerogeneratori, che insistono nella stessa area del catanzarese, quella dell’istmo, già disseminata di pale a iosa. È un business che non conosce crisi, all’ombra, spesso, della ‘ndrangheta.

Numero verde ONA

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