“LE LAME DI BARI E LE LORO ANTICHE STORIE; LE GROTTE, GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI FRA IONIO E ADRIATICO E I LORO PERSONAGGI” (seconda puntata)
Le quattro puntate
Prima puntata: Le lame, le grotte e gli insediamenti rupestri in Puglia
Seconda puntata: Lama Balice e le diecimila orme: “quando a Bari passeggiavano i Dinosauri”
Terza puntata: La Civiltà Rupestre fra Ionio e Adriatico
Quarta puntata: Gli insediamenti rupestri di Fasano e Monopoli
Testi a cura della professoressa Angela Campanella
Lama Balice: un Parco Naturale tutto da conoscere
Delle tre lame baresi poste al centro e a nord della città, la più nota è sicuramente Lama Balice. Ed è anche quella che offre più spunti per la conoscenza degli ecosistemi, delle nicchie ecologiche e della storia geologica e antropologica del territorio.
Lama Balice è un Parco Naturale Regionale, un’area protetta di 504 ettari estesa nei comuni di Bari, Modugno e Bitonto. Non bastano però le definizioni e le didascalie per conoscere e proteggere in tutta la sua interezza un prezioso patrimonio naturalistico e storico così come ci viene consegnato. Va vissuto!
La lama si origina tra Ruvo di Puglia e Corato e, dopo aver attraversato il territorio del comune di Bitonto, termina a nord della città di Bari, presso il quartiere Fesca. Con i suoi 37 km di lunghezza costituisce una delle più lunghe lame presenti nella provincia del capoluogo pugliese.
Il torrente che vi scorre era un tempo un ampio fiume chiamato Tiflis. Un nome che ricorda un antico fiume cretese. Si ritiene infatti che la fondazione di Bitonto sia dovuta ad alcuni profughi fuggiti dall’isola di Santorini e da Creta, dopo la catastrofica eruzione vulcanica, accompagnata da maremoto e terremoto, nella metà del secondo millennio a.C.
Il Tiflis è normalmente in secca ma, in occasione di precipitazioni più abbondanti, si gonfia per l’apporto di acqua piovana e scende tumultuoso al mare.
“Baligium qua igitur Barium”
Il toponimo Balice è riconducibile al latino medievale “baligium” cioè valle. La lama è indicata già in un documento del Libro Rosso di Bitonto in cui si legge “baligium qua igitur Barium”, ossia “valle attraverso la quale si giunge a Bari”.
Alcuni tratti della lama sono bassi e sinuosi, mentre altri sono ripidi e presentano una stratificazione rocciosa notevole. La natura carsica del territorio è evidente per la presenza di numerose cavità naturali alle quali si aggiunsero le caverne scavate dall’uomo, che ci hanno restituito resti di epoca protostorica.
Tutto il bacino di Lama Balice è caratterizzato da casali medievali, chiese e masserie che testimoniano la continuativa presenza in esso di insediamenti umani.
Le erbe officinali, la macchia mediterranea e la fauna stanziale di Lama Balice
Lama Balice, nell’ultimo secolo, è stata molto vissuta dagli abitanti dei vicini quartieri periferici di Bari e di Bitonto, in particolare dai cittadini di Palese. In un suo libro di ricordi Pietro Giulio Pantaleo, uno di loro, così racconta delle sue passeggiate nella lama:
“…m’incamminavo a piedi per la via vecchia di Brencola (o Brengola), [la strada dell’omonima Torre scomparsa per l’ampliamento dell’aeroporto di Bari-Palese nel 1989] per dirigermi “abbasce alle sirre” un luogo ameno dove chi sa riconoscere la vegetazione spontanea può raccogliere erbe da cucinare, per preparare oli medicinali o metterle a seccare per farne tisane. Le usanze ricordano che il 5 maggio si raccoglie la camomilla, la notte di San Giovanni si mettono in una ciotola d’acqua i petali di tanti fiori selvatici, a settembre si raccolgono i fiori di iperico e verbasco per l’oleolito [soluzione oleosa curativa o aromatizzante], le noci, i fioroni per San Giuanne e tanto altro…”.
Il tanto altro sono gli asparagi, le cicorie, i ciclamini, le orchidee, le altre infiorescenze di cespugli e arbusti della macchia mediterranea e i numerosi alberi: querce, lecci, fragni, amareni, sorbi, pini d’Aleppo, carrubi. Una folta vegetazione entro la quale si annidano e si muovono volpi, falchi, bisce, lucertole, e ci si può imbattere, nella stagione giusta, in aironi, gheppi, pivieri, garzette, gufi e corvi imperiali. Ma, anche ricci di terra, donnole e faine.
Un caleidoscopio di lepidotteri
E poi le farfalle! Sono oltre una trentina le specie di farfalle diurne che possono essere osservate all’interno del Parco, un numero rilevante vista la vicinanza con la città. Alcuni punti di Lama Balice si possono considerare tutt’ora allo stato naturale, anzi selvaggio, esclusi alcuni punti coltivati da contadini della zona, che non interrompono comunque la continuità del Parco e consentono la diffusione dei lepidotteri.
Da uno scritto di G. Cagnetta, riportato da Pantaleo, apprendiamo che tra le specie più appariscenti a Balice ci si può imbattere nel Macaone o nel Podalirio o nella Zerynthia cassandra, che ha un areale sempre più ridotto e frammentato; molto diffuse le Pieridae e fra gli arbusti è facile vedere la Cleopatra, il cui maschio si presenta di un bel colore giallo con una vistosa macchia arancione. Notevole è anche la presenza di farfalle notturne.
Le piante acquatiche e il rospo smeraldino
Nei punti più umidi crescono le canne e altre piante acquatiche e vive il rospo smeraldino, inserito tra le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa.
Nonostante la bellezza di questo parco naturale e il valore archeologico e storico di alcune emergenze architettoniche che insistono su questa area verde, sono state molte le violenze subite in passato da questo territorio più volte soggetto ad attività estrattive (testimoniate da cave dismesse), a costruzioni marittime, aeroportuali, alberghiere e residenziali.
I dinosauri a Lama Balice
Se le autorità e l’opinione pubblica fossero venute prima a conoscenza della natura particolare di alcune orme rinvenute su una roccia di una cava estrattiva, forse si sarebbe posta più attenzione alla conservazione della Lama Balice.
Nel primo decennio degli anni 2000 sono state scoperte nel territorio del parco orme di dinosauro in corrispondenza di cave in proprietà privata. La loro scoperta non è stata però fortuita; infatti si è andati a ricercarle “statisticamente”, dopo aver trovato resti di orme in blocchi presenti nei moli cittadini di Bari, al porto nuovo, a Torre a Mare e a Santo Spirito.
La loro presenza va contestualizzata dal fatto che in Puglia dal 1999 sono state identificati una trentina di siti con reperti inerenti le orme di dinosauro. Ognuna di queste aree risale a periodi geologici diversi che si estendono temporalmente in un intervallo che va dalla fine del Giurassico fino a tutto il Cretaceo, cioè dai 180 ai 65 milioni di anni fa.
Spiegare la geologia a scuola con la Balenottera “Annalisa” e le diecimila orme di dinosauri
Quando nelle scuole dei quartieri prospicienti la Lama Lamasinata si spiegano agli alunni le caratteristiche e l’evoluzione geologica di questa particolare formazione, si racconta del rinvenimento della Balenottera “Annalisa”.
Quando, invece, si osserva con i ragazzi Lama Balice e si parla loro degli animali che la popolano o che l’hanno popolata, sorge spontaneo il racconto delle “diecimila orme nel parco di Lama Balice”.
I dinosauri entusiasmano sempre ed è così che il professor Rafael La Perna, docente presso il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, ha calamitato l’attenzione dei ragazzi della 1a B e della 1a C della Scuola Media “Eleonora Duse” di San Girolamo a Bari. San Girolamo e Fesca, sono due realtà periferiche congiunte in un unico quartiere, posizionato proprio fra le due lame.
Il “Jurassic Apulia Park”
Aiutati dalla fantasia e dalle immagini proiettate dal professore, i ragazzi hanno saltato a piè pari i milioni di anni che li separavano da quell’era lontana e hanno immaginato la loro campagna popolata da quei giganteschi e spaventosi animali, sbizzarrendosi in disegni e in racconti di avventure stile “Jurassic Park”.
La straordinaria scoperta delle orme di dinosauro viene segnalata al pubblico in un articolo di Repubblica del 2012, poi ripubblicato sullo stesso quotidiano il 5 Ottobre del 2013, e si riferisce in particolare alla scoperta del paleontologo Marco Petruzzelli all’interno della cava Selp, mentre era alla ricerca di ipogei e grotte naturali.
La cava si apre ad anfiteatro, partendo dalle pareti della lama e si approfondisce a pozzo sul fianco sinistro della lama stessa. È ubicata in prossimità della strada provinciale 156 Bitonto-Aeroporto di Bari-Palese, alle spalle della chiesa rurale dell’ Annunziata. All’epoca del rinvenimento delle orme da parte di Marco Petruzzelli la cava era inattiva da circa un decennio.
Il dettagliato articolo tecnico di alcuni esperti fra i quali Rafael La Perna e lo stesso Marco Petruzzelli, dal lungo titolo “Superfici di interesse culturale geo-paleontologico con orme di dinosauro del Cretaceo (Albiano superiore): l’esempio di Lama Balice nella Città Metropolitana di Bari”, rende noto al pubblico le prime notizie scientifiche e tecniche in merito alle scoperte.
Un po’ di storia
La superficie della cava con orme di dinosauro si apre nei depositi cretacei del calcare di Bari, e la porzione di questo calcare è stata riferita all’Albiano inferiore, ultimo stadio del Cretacico inferiore, databile da 113 a 100 circa milioni di anni e al Cenomaniano superiore, da 100 circa a 93,9 milioni di anni fa.
Il Cretacico è l’ultimo periodo dell’era Mesozoica, e segue il Giurassico e il Triassico. Il primo ritrovamento di orme di dinosauro nel calcare delle Murge era stato effettuato su una superficie di cava esposta nei pressi di Altamura. Successivamente altre orme di dinosauro erano state scoperte in depositi mesozoici affioranti in diversi altri siti pugliesi.
Questo ha fatto pensare che la piattaforma solida di calcare cretacico pugliese, anche se circondata da bacini marini profondi, potesse conservare un collegamento con le principali masse continentali chiamate dai tecnici Laurasia (quella che avrebbe originato Europa, Asia e America del Nord) e Gondwana (che si sarebbe frammentata in Africa, America del Sud e Australia).
Dicesi “icnologia” lo studio delle impronte degli animali preistorici
La superficie di fondo della cava di Lama Balice è stata analizzata con attenzione, dopo aver liberato alcune zone da detriti e vegetazione spontanea. La prima fase di studio è consistita nella realizzazione di disegni interpretativi di ogni orma allo scopo di evidenziare la forma e le caratteristiche più salienti.
Nella seconda fase sono stati raccolti tutti i parametri misurabili, come ad esempio larghezza e lunghezza dell’orma, numero delle dita, angolo tra le dita, l’impressione dei cuscinetti e le eventuali tracce di artigli o zoccoli.
Si è cercato poi di riconoscere l’eventuale presenza di piste seguite da gruppi di questi animali e sono state effettuate le misurazioni dei passi, la lunghezza, la direzione e la larghezza della pista, e i rapporti fra le orme anteriori e quelle posteriori.
Successivamente si è svolto il ricalco delle stesse orme su teli di plastica trasparente. I vari teli sono stati poi convertiti in formato digitale, realizzando un’immagine unica per ognuna delle aree individuate.
Classificati i rettili preistorici di Lama Balice
Le caratteristiche osservate consentono di attribuire le orme a dinosauri quadrupedi degli Ornitischia, probabilmente appartenenti al gruppo dei Thyreophora, che vuol dire portatori di scudi in quanto corazzati, robusti e tozzi, e ai sottordini degli Stegosauri e Anchilosauri.
Altri tipi di orme, rilevate nella stessa area potrebbero attribuirsi a dinosauri di grandi dimensioni, forse Sauropodi della lunghezza di circa 8 metri. In un’altra area di studio, che mostra un più intenso grado di calpestio, cioè circa il 70%, l’osservazione è stata difficile in quanto l’area presenta una grande alterazione della superficie.
Nonostante ciò si può ipotizzare la presenza di dinosauri Sauropodi di grandi dimensioni. Il limitato areale e la cattiva qualità delle orme, che non presentano caratteristiche morfologiche diagnostiche sufficientemente affidabili, non hanno permesso l’individuazione di piste certe che consentissero il riconoscimento del genere di organizzazione e di vita condotta da questi gruppi.
In conclusione sono state riconosciute alcune orme ben preservate riconducibili ai seguenti gruppi: 1) Teropodi; 2) Anchilosauri; 3) possibili Sauropodi. L’associazione faunistica a dinosauri relativamente diversificata, comprenderebbe due gruppi di erbivori (Anchilosauri e forse Sauropodi) e uno di carnivori (Teropodi). Tutti dinosauri di piccola-media taglia.
Tutte queste caratteristiche rappresentano un’ulteriore conferma che il sito di Lama Balice debba essere considerato un geosito di rilevanza nazionale, essendo:
- una rara testimonianza dell’ambiente che nel Cretaceo ha caratterizzato il tratto della piattaforma carbonatica che oggi rappresenta l’ossatura della Murgia;
- un potenziale attrattore scientifico, didattico e culturale ubicato in una posizione strategica da un punto di vista logistico.
Lama Misciano
Tra Lama Balice e la zona industriale di Modugno si estende la contrada Misciano, attraversata dall’omonima lama. Questa è la diramazione iniziale della Lama Balice, e attraversa il territorio a nord di Modugno, nell’odierna zona industriale.
La lama, alterata nella sua fisionomia originaria dalla presenza di strutture legate all’attività industriale, è ormai difficilmente individuabile nel suo lungo e tortuoso percorso di circa 1,5 chilometri.
Si presenta come un solco serpentiforme che si allarga nel tratto iniziale e in quello mediano. Sui fianchi della lama si aprono due ipogei, costruzioni sotterranee utilizzate dall’uomo, ottenute di solito come riadattamento di cavità naturali oppure appositamente scavate.
Tutt’intorno, nello spazio di alcuni ettari, si concentrano significative testimonianze di vita medievale e precristiana. Non lontano da queste grotte sono state scoperte molteplici sepolture risalenti al VII-X secolo d.C.
Si rinvengono inoltre tratturi con solchi di carri, cisterne secentesche e altri esempi di architettura rurale come palmenti, ovili, casedde, trulli, muretti a secco e pagliari.
I Briganti e il Trappeto dell’Olio Rosso
Singolare il Trappeto di Montepeloso, forse risalente al XVI secolo, detto anche Trappeto dell’Olio Rosso. L’antica struttura deve il nome al suo primo proprietario, originario di Irsina (cittadina lucana che un tempo si chiamava Montepeloso).
In quanto al soprannome dell’Olio Rosso, questo è legato al ricordo di un fatto delittuoso e cruento che risale al periodo dei briganti quando questi terrorizzavano campagne e paesi. Pare che il proprietario del frantoio ne abbia denunciato le malefatte e questi per vendetta lo abbiano gettato nella vasca della macina con le olive. Il sangue del poveruomo tinse l’olio di rosso dando origine al soprannome che si è tramandato con il rudere di pietra del frantoio.
Ora la struttura, una volta entrati, mostra ancora tutta la sua imponenza, anche se nulla rimane di macine, torchi e vasconi, ma dall’esterno è irriconoscibile, in quanto interamente coperta dalla vegetazione.
Un museo naturalistico e archeologico all’aperto da valorizzare
Accanto alla folta flora spontanea, tipica della macchia mediterranea, non mancano i campi ben coltivati a vigneti, oliveti e mandorleti.
Nella fitta vegetazione nidificano o sostano temporaneamente varie specie di uccelli, stanziali e migratori, alcuni provenienti dalle colline e montagne circostanti della Murgia, molte altre dall’Europa del Nord.
Si tratta dunque di un vero e proprio museo naturalistico e archeologico all’aperto da valorizzare e proporre alle scuole per una didattica multidisciplinare, con attività all’aperto, e adatta a soddisfare le esigenze di un turismo qualificato e attento.