venerdì, Dicembre 6, 2024

L’ “8 marzo” attraverso gli occhi dell’arte

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L’ “8 MARZO”, È LA “GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA”. PARLARNE ATTRAVERSO GLI OCCHI DELL’ARRTE OFFRE UN’OPPORTUNITÀ PER ESPLORARE IL TEMA DELLA FEMMINILITÀ, DELL’EMPOWERMENT E DELLA LOTTA PER I DIRITTI DELLE DONNE DA UNA PROSPETTIVA UNICA. INVECE DI CONCENTRARSI SOLO SUGLI ASPETTI POLITICI O SOCIALI, L’ARTE PERMETTE DI SONDARE LE MOLTEPLICI SFACCETTATURE DI QUESTO TEMA IN MODO PIÙ EMOTIVO E SIMBOLICO

L’ “8 marzo”: quando l’arte si spinge oltre

L'”8 marzo“, che un tempo era una giornata dedicata alla commemorazione delle lotte per i diritti delle donne e alla promozione dell’uguaglianza di genere, oggi spesso si riduce a una serie di sguaiate festicciole, a uno scambio di mimose, possibilmente acquistate “last minute” e tanta vuota retorica. Insomma un femminismo di facciata che, paradossalmente, utilizza il linguaggio tipico del patriarcato. 

L’arte, attraverso i simboli e le metafore, con la sua capacità unica di comunicare emozioni, idee e valori, può svolgere un ruolo significativo nel cambiamento sociale e culturale.

E in effetti, nel corso della storia, molte donne hanno utilizzato l’arte per esprimere le proprie esperienze e difendere i propri diritti. Molte artiste hanno utilizzato il proprio lavoro per sfidare i tradizionali ruoli di genere e per evidenziare questioni come la violenza domestica, i diritti riproduttivi e la disuguaglianza salariale. Una di queste è Pietra Barrasso, irpina doc, definita dalla critica “Maestro di luce”. 

L’ “8 marzo” di Pietra Barrasso: parlare attraverso il simbolo 

Pietra Barrasso, è un’artista che utilizza il suo talento per affrontare temi importanti e sensibili, tra cui la violenza sulle donne.

Basti pensare alla sua panchina rossa contro la violenza sulle donne di Grottaminarda, in provincia di Avellino: un esempio eloquente di come l’arte possa essere utilizzata per sensibilizzare e promuovere il cambiamento.

Lanciata nel 2019 dalla Red Rose Foundation, la Red Bench Relay incoraggia l’installazione di panchine rosse come promemoria permanente del fatto che la violenza domestica avviene nelle nostre comunità, ma che possiamo “cambiare il finale”.

E Pietra Barrasso ha colto nel segno con la sua panchina. 

Dallo sfondo rosso fuoco, che evoca le passioni ardenti, l’aggressività e il sangue delle innumerevoli donne vittime di femminicidio, si staglia una farfalla di un vibrante colore azzurro. 

Ad attraversarla è una luce che simboleggia la speranza per un futuro migliore e mira a ribaltare la triste narrazione.

Quest’opera non è solo un semplice oggetto artistico, ma un simbolo potente che invita alla riflessione e all’azione contro la violenza di genere.

«Mi piace pensare che, in qualche modo, la mia arte possa ispirare e motivare le persone a prendere posizione contro la violenza di genere e a promuovere l’uguaglianza di genere», afferma il “Maestro di luce”. Ma c’è di più..

Dipingere è come pregare

«Per me dipingere è come pregare. L’arte può diventare un modo autentico per connettersi con Dio e con il proprio sé interiore. È una “triplice connessione” fra l’artista, l’osservatore e il divino», prosegue Pietra Barrasso.

«Può diventare cioè un veicolo attraverso cui lo Spirito Santo riempie la nostra esistenza, portandoci a un cambiamento interiore radicale. In un momento in cui la violenza di genere continua a essere un problema diffuso in tutto il mondo, abbiamo bisogno di un’illuminazione in grado di farci comprendere i valori più profondi della nostra esistenza. Non siamo qui per fare del male, ma per realizzare pienamente il nostro cammino di luce».

Una carrellata di artiste impegnate sul fronte

Parlare dell’ “8 marzo” attraverso l’arte offre una prospettiva ricca e profonda sul significato di questa giornata e sulle sfide affrontate dalle donne in tutto il mondo.

Tra le opere degne di nota, The Dinner Party (1974) di Judy Chicago, considerata la prima opera femminista “epica”, volta a raccontare l’esclusione delle donne nella civiltà occidentale.

L’opera, esposta al Brooklyn Museum di New York, si compone di un grande tavolo a forma di triangolo equilatero, con tre ali lunghe 15 metri ciascuna e dotate di tredici posti a sedere.

Il numero tredici non è casuale, ma si riferisce esplicitamente al numero di presenti all’ultima cena. Ogni posto è contrassegnato da un telo ricamato con il nome di una donna celebre e i relativi simboli ad essa associati.

Anche le stoviglie, il tovagliolo, il calice e le posate sono di fattura artigianale e dipinti a mano, con riferimenti iconografici femminili. Numerosi piatti, ad esempio, presentano forme che richiamano la vulva, come la farfalla e il fiore. Il tavolo poggia su un supporto piastrellato, dove 999 piastrelle raccolgono i nomi di altrettante donne che simbolicamente parteciperebbero a questa cena.

Quest’opera è intrisa di simbolismo. Il triangolo, ad esempio, rappresenta non solo la forma dell’accoglienza dell’utero materno, ma è anche utile per organizzare i posti a tavola in base alle epoche storiche delle donne celebrate.

La prima ala del tavolo ospita figure femminili dell’età antica e preistorica, mentre la seconda accoglie figure relative al Medioevo e la terza rappresenta le donne dell’epoca moderna.

Molte delle stoviglie in ceramica presentano forme tridimensionali che richiamano la vulva, come nel caso del piatto dedicato a Virginia Woolf. Altre rappresentazioni si ispirano ai dipinti floreali di Georgia O’Keeffe, omaggiando la sua capacità artistica di evocare l’apparato genitale femminile.

Tra i numerosi posti a sedere, spiccano figure come Saffo, la poetessa greca, e Artemisia Gentileschi, la pittrice del Barocco. Tutte donne che sono celebrate non solo per le loro realizzazioni artistiche, ma anche per le sfide che hanno affrontato in un mondo dominato dagli uomini.

L’ “8 marzo” di Yoko Ono e…

Yoko Ono, con la sua performance “Cut Piece” del 1964/1965, diede vita a un’opera iconica e provocatoria. Seduta per terra nello spazio espositivo, Ono indossava un vestito elegante mentre di fronte a lei si trovavano delle forbici.

Il pubblico venne invitato ad avvicinarsi e tagliare dei piccoli pezzi di stoffa dal suo vestito, portandoli via con sé. All’inizio ci fu una sorta di esitazione, ma poi qualcuno si avvicinò timidamente, seguito da altri, finché l’artista rimase semi nuda al suolo. Cosa voleva dire la moglie di John Lennon?

La performance intendeva sollevare interrogativi potenti sulla dignità umana e sull’effetto del comportamento di massa sulla violazione dell’individuo.

La “Giornata internazionale della donna” di Valie Export 

Con la sua opera “TAP and TOUCH CINEMA” del 1968, Valie intese sfidare l’oggettualizzazione del corpo femminile nei media. Indossando una scatola con una tendina frontale, simile a un televisore, Export invitò il pubblico a inserire le mani attraverso delle aperture per toccare il suo seno

Insomma, un invito a riflettere sul modo in cui il corpo delle donne viene trattato e consumato nell’ambito della cultura visiva e mediatica.

L’elenco delle artiste impegnate sarebbe lunghissimo. Il messaggio però è sempre lo stesso: l’arte può effettivamente essere uno strumento vitale per le donne nel loro cammino verso l’uguaglianza. Attraverso l’arte, le donne possono esprimere le proprie esperienze, sfidare le norme sociali e promuovere il cambiamento.

Numero verde ONA

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