UN REPORT DEL WWF, IN OCCASIONE DEL WORKSHOP FORMATIVO SWIPE, TENUTO NEI GIORNI SCORSI ALLA PRESENZA DI MAGISTRATI, FORZE DELL’ORDINE ED ESPERTI, DENUNCIA CHE IL NOSTRO PAESE È CROCEVIA DEI CRIMINI DI NATURA
L’Italia è un crocevia fondamentale del traffico di specie protette e, in generale, dei crimini contro la fauna selvatica. Lo svela un report del WWF, in occasione del workshop formativo SWiPE, tenuto nei giorni scorsi dall’associazione ambientalista.
Il report ha analizzato il grave fenomeno del Wildlife crime e gli intrecci con il traffico illegale internazionale di specie protette e l’aspetto più inquietante è proprio l’inadeguatezza delle misure di contrasto.
I crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo. Sono preceduti solo dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi. Generano entrate per 280miliardi di dollari l’anno e costituiscono un settore della criminalità in crescita.
Per discutere delle principali problematiche che riguardano la tutela della biodiversità e superare gli ostacoli al contrasto ai crimini di natura, il WWF ha organizzato un workshop di 3 giorni Il primo appuntamento si è tenuto il 12 aprile scorso nell’Aula Magna della Suprema Corte di Cassazione, dove è intervenuto anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Quindi, il 13 e 14 aprile nella sede della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea i due appuntamenti, a carattere formativo.
Il progetto, LIFE SWiPE
Gli incontri rientrano nel progetto, LIFE SWiPE (Successful Wildlife Crime Prosecution in Europe) di cui il WWF Italia è partner, finanziato dalla Commissione Europea.
«C’è una diffusa sottovalutazione del fenomeno dei crimini contro la natura – ha detto Luciano Di Tizio, rpesidente WWF Italia -, che vanno derubricati da episodi isolati o locali: bracconaggio e traffico di specie protette sono fenomeni criminali che hanno impatti gravi sulla biodiversità. Possono essere veicolo di diffusione di patologie e producono ingenti redditi. Il WWF chiede banche dati efficienti e interconnesse, di potenziare il controllo sul territorio, indebolito negli ultimi anni con la dismissione delle polizie provinciali, e attività di formazione e sensibilizzazione, sia per il grande pubblico che per le forze di Polizia e magistratura».
Il problema, fa notare il WWF, è proprio questo: mancano banche dati, le norme sono ancora troppo blande, gli hot-spots di illeciti contro natura e ambiente sono sempre più numerosi sulla terraferma come nel mare.
il nostro Paese è crocevia per un traffico illegale, interno e internazionale, di specie vegetali, animali e parti di essi spesso portato alla luce dalle operazioni condotte dalle autorità in porti e aeroporti.
Ma solo il 27% dei procedimenti che riescono ad arrivare a processo arriva a sentenza definitiva di condanna. Con la riforma del processo penale questo numero rischia di diventare ancora più basso.
I crimini di natura e le falle del sistema
Oggetto di questi crimini sono: uccelli della nostra fauna (caccia e bracconaggio, catture di animali vivi, prelievo di uova o pulli di uccelli a rischio di estinzione da destinare a mercati illeciti che fruttano ingenti guadagni ai trafficanti); specie che versano in un grave stato di conservazione come rettili o anfibi, sia autoctoni, sia esotici; pesci d’acqua dolce o specie marine come coralli, ricci, squali, datteri di mare. Frequente è inoltre l’importazione di animali esotici o di loro parti come l’avorio, le corna di rinoceronte, la pelle di tigre o di leopardo.
Per rispondere alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea, l’Italia si è dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio”. Ma il nostro Paese non è ancora dotato di una banca dati centralizzata sui crimini di natura e non c’è un tracciamento del fenomeno. Cui si aggiungono un sistema di vigilanza assolutamente inadeguato e un regime sanzionatorio insufficiente a contrastare le illegalità. Mentre ogni anno dobbiamo assistere a una grave riduzione del capitale naturale.
Secondo un report del WWF tra il 41 e il 46% degli illeciti vengono archiviati prima del dibattimento, e fra il 38-50% vanno in prescrizione. Solo il 27% degli illeciti di natura arriva a condanna. Chi uccide una specie protetta come un orso, un lupo o un’aquila oggi ha la possibilità di cancellare dalla fedina penale il proprio crimine grazie al pagamento di una cifra irrisoria (circa mille euro). E, più in generale, chi uccide, pone in commercio, detiene illegalmente animali selvatici, rischia solo sanzioni bassissime.
Controlli insufficienti
Due terzi degli addetti alla vigilanza sui crimini di natura sono volontari. Il personale delle forze di polizia è troppo ridotto e non equamente ripartito nel territorio nazionale. Per questo l’azione di vigilanza delle Guardie volontarie del WWF è essenziale per supportare lo Stato nel contrasto alle illegalità.
Solo nei cinque mesi della stagione venatoria 2021-22 le Guardie WWF della Campania hanno tratto in salvo 120 animali, trasmesso alle autorità 97 violazioni penali, effettuato 77 sequestri ed elevate 25 violazioni amministrative, per un totale di 172 segnalazioni alle autorità.
Un bilancio dei soli archetti (micidiali trappole che spezzano le zampe ai piccoli uccelli) raccolti, sequestrati o distrutti nelle Valli bresciane dai volontari WWF e delle altre associazioni impegnate nei campi antibracconaggio, è di oltre 200mila pezzi.
Le sanzioni comminate dai Carabinieri CITES per violazioni della normativa che disciplina il commercio di specie protette, ammontavano nel 2018 a oltre 5milioni e mezzo di euro (oltre un milione nel 2020). In termini di illeciti contro la fauna selvatica, tra il 2016 e il 2019 la regione in cui sono stati denunciati più illeciti è la Lombardia con 5.256 denunce, seguita dal Veneto con 2.526 e dalla Toscana, con 2.247 denunce.
La mappa dei crimini di natura
Vista con gli occhi degli animali protetti la mappa disegnata dal WWF è un vero e proprio campo minato. I bracconieri puntano su passeriformi, aquile e falchi, ungulati, anatidi, uccelli limicoli, ghiri, anguille, lupi, orsi. In mare si si fa incetta di ricci di mare, datteri, pesce spada sotto taglia, squali, oloturie, coralli, bianchetti e tartarughe marine. Non si risparmiano nemmeno le specie vegetali protette, come le radici della genziana lutea, ricercata per farne liquori.
Dati allarmanti arrivano anche dai CRAS – i Centri di Recupero Animali Selvatici, gestiti dal WWF: solo in Lombardia gli “ospedali degli animali” di Valpredina e Vanzago hanno accolto e curato nel 2021 circa 7.500 animali bisognosi di cure.
Al CRAS di Valpredina sei ammissioni su dieci ogni anno, in media, sono riconducibili a reati contro la fauna selvatica. Oltre il 50% della fauna consegnata al centro bergamasco riguarda specie sottoposte a protezione, di cui circa il 36% sono particolarmente protette: al primo posto i rapaci.
Le soluzioni
Tra le proposte discusse nel corso del workshop, il WWF ha puntato sulla necessità di raccogliere dati per garantire un rapido interscambio tra tutti i soggetti pubblici. Quindi, favorire una migliore vigilanza sul territorio con sanzioni penali e amministrative efficaci e deterrenti e utilizzare strumenti investigativi come intercettazioni telefoniche, fototrappole etc. Fondamentale mantenere una formazione e sensibilizzazione di vari comparti della società, con un flusso di informazioni tecniche anche verso magistrati e Forze di Polizia.
Un esempio virtuoso, nato proprio per sopperire a queste carenze è rappresentato dal progetto europeo SWiPE, attraverso il quale il WWF lavora in Italia da oltre due anni per favorire il contrasto ai crimini contro la fauna selvatica, promuovendo e rafforzando il coordinamento con tutti i soggetti interessati.
Dal 22 aprile a fine maggio partirà anche una lunga maratona #STOPCRIMINIDINATURA del WWF per informare e sensibilizzare il pubblico sui crimini di natura e che impegnerà tutti i canali social dell’associazione, con storie, approfondimenti e gli Ecotips per agire in prima persona nella lotta ai crimini di natura.