Inquinato il fiume calabrese Busento, l’intervento dei cittadini
L’ennesimo disastro ambientale si è verificato la Calabria. Questa volta, a sopportare le conseguenze dell’incuria e degli interessi di uomini senza scrupoli è il fiume Busento, inquinato da sversamenti di liquami. Il Busento è uno dei maggiori fiumi calabresi: nasce dal monte Serratore, nel comune di Domanico (CS) e percorre 36 km prima di confluire nel fiume Crati, nel centro storico di Cosenza.
La fauna autoctona a rischio
Vanta tratti con acque densamente popolate da fauna autoctona, oggi messa a rischio dal recente disastro. Sono stati i cittadini ad accorgersi che qualcosa di grave era in atto nel corso del fiume. Le acque, infatti, avevano cambiato colore, erano divenute scure e sul fondo si notava una gran quantità di pesci morti. Ma è stata la presenza di una abbondante schiuma maleodorante a insospettire e preoccupare quanti si erano precipitati a effettuare sopralluoghi. Immediatamente, sono stati avvisati i Carabinieri forestali e l’Arpacal. Ma questa non ha risposto alle chiamate dei cittadini.
Nel 2018 il primo sversamento illecito
Un disastro ambientale si è verificato già tre anni fa. Con le medesime modalità a causa della presenza, a monte del fiume, di una azienda zootecnica che, con una certa frequenza, sversa nelle acque fluviali liquami e altri rifiuti di origine animale. Tutta la zona, per oltre 9 Km, risulta ora inquinata dagli sversamenti, che contengono anche i prodotti per la pulizia dei capannoni, altamente tossici, in grado di provocare la morte di tutta la fauna presente. Intorno alle rive del fiume avevano nidificato anatre mandarine e altre specie, ora in pericolo. Il problema è noto, dunque, a tutti già da anni ma nessuno degli organi competenti è intervenuto per bloccare definitivamente gli scarichi illeciti.
La società civile in campo
Associazioni e cittadini si sono ora rivolti ai sindaci dei Comuni interessati dal disastro per limitare i danni. Hanno, quindi, denunciato nelle sedi opportune l’accaduto e chiamato alle proprie responsabilità gli autori dello scempio. La questione, però, non riguarda solo gli sversamenti illegali. Infatti, ricade anche sul consorzio Vallecrati, al quale è affidata la depurazione e che invece la blocca in decine di comuni cosentini.
«I responsabili – hanno ribadito le associazioni – devono spiegare come mai, nonostante un finanziamento di 35milioni di euro dei fondi Cipe, sia tutto fermo al palo. Con Comuni impossibilitati nella depurazione, con sindaci che non possono operare per mancanza di fondi o per non incombere nel danno erariale. Costretti anche a processi personali per colpa di altri».
L’annoso problema della depurazione
La depurazione in Calabria fa girare milioni e milioni di euro che vengono spesso intascati da faccendieri legati ai poteri forti, privando il territorio di un servizio essenziale per la salvaguardia dell’ambiente. Basti pensare alla ormai storica inchiesta “Poseidon”, avviata da Luigi De Magistris su un presunto uso illecito di 200milioni di euro di denaro pubblico. Provenienti da contributi comunitari destinati al finanziamento di opere di depurazione, finirono, invece, nelle tasche di politici e affaristi. A distanza di anni e di numerose altre vicende legate al problema depurazione, nulla è cambiato, si continua ad affidare il servizio agli amici degli amici, interessati al proprio tornaconto e poco sensibili all’ambiente.
Intervenga la Procura
Il disastro del Busento non può rimanere impunito. L’oltraggio allo storico fiume cosentino che custodisce la leggenda di Alarico e che ha ispirato i poeti, impone una riflessione sulla scarsa considerazione che hanno dell’ambiente i soggetti deputati a tutelarlo. Percettori di fondi per la sua salvaguardia che vengono, invece, distratti. Si auspica un pronto intervento della Procura, notoriamente assente a queste latitudini, che sanzioni i responsabili e disponga le operazioni necessarie a disinquinare il fiume.