L’ERUZIONE DEL VULCANO SOTTOMARINO KIKAI-AKAHOYA NELL’ISLOLA KYUSHU, AL LARGO DELLE COSTE DEL GIAPPONE, AVVENUTA 7.300 ANNI FA, HA LASCIATO DIETRO DI SÉ UN’ENORME IMPRONTA GEOLOGICA. ATTRAVERSO UN’ANALISI DETTAGLIATA DELLA CALDERA, GLI SCIENZIATI CI AIUTERANNO A CAPIRE L’EVOLUZIONE DELLA TERRA E DELLA VITA STESSA
L’alba del fuoco: l’eruzione vulcanica di Kikai

L’eruzione del vulcano Kikai-Akahoy, ha espulso una quantità di materiale piroclastico (cenere, sabbia, lapilli etc.) tre volte superiore rispetto all’evento di Monte Tambora nell’isola Sumbawa, (arcipelago indonesiano della Sonda), nel 1815.
Perfino l’eruzione del Krakatoa (Indonesia) del 1883, che fece tremare il mondo intero, ebbe una portata decisamente inferiore rispetto all’eruzione nipponica.
Ma cosa ha reso così straordinaria l’esplosione vulcanica giapponese che, secondo gli scienziati sarebbe la più grande eruzione mai scoperta nell’Olocene, cioè l’epoca iniziata circa 11.700 anni fa e tuttora in corso? Il suo impatto sulla Terra, sulle popolazioni circostanti, o il suo potenziale di cambiare il corso della storia umana? In questa narrazione avvincente, esploreremo le profondità della Caldera Kikai e riveleremo i segreti sepolti sotto la sua superficie.
Ma prima di addentrarci nella scoperta, cerchiamo di capire meglio cosa sono i vulcani e perché il Giappone è particolarmente vulnerabile.
Vulcani: le discontinuità della crosta terrestre
I vulcani sono delle “aperture” presenti sulla crosta terrestre attraverso le quali magma, gas e altri materiali provenienti dall’interno della Terra possono fuoriuscire. Questi fenomeni naturali sono spesso associati a terremoti e eruzioni.

I vulcani giapponesi sono particolarmente noti per alcune caratteristiche peculiari:
- Posizione geografica: il Giappone è situato lungo l’Anello di Fuoco del Pacifico, una zona altamente sismica e vulcanica che circonda l’Oceano Pacifico. Ciò significa che il Paese è ricco di vulcani attivi e spenti;
- Frequenza delle eruzioni: sempre a causa della sua posizione sull’Anello di Fuoco del Pacifico, il Giappone ha una storia ricca di eruzioni vulcaniche. Queste possono variare dalla piccola attività fumarolica (modeste emissioni composte da vapore acqueo, monossido di carbonio, anidride carbonica, e anidride solforosa) alla devastante esplosione di un vulcano;
- Formazione delle isole: molte delle isole nipponiche sono di origine vulcanica. L’attività vulcanica ha contribuito alla formazione e alla crescita di molte delle isole dell’arcipelago giapponese nel corso di milioni di anni;
- Caldere: alcuni vulcani giapponesi sono noti per avere grandi caldere, come ad esempio quella di Aso sull’isola di Kyushu. Le caldere sono grandi depressioni che si formano quando il terreno collassa dopo un’eruzione vulcanica;
- Fumarole e sorgenti termali: a causa dell’attività vulcanica, l’arcipelago è anche ricco di fumarole (emissioni di gas vulcanici) e sorgenti termali, ossia le “onsen”. L’acqua calda di queste terme è ricca di minerali che, si ritiene, abbiano benefici per la salute fisica e mentale.
Le “onsen” sono una parte importante della cultura giapponese; visitarle è considerato non solo un modo per rilassarsi e rigenerarsi fisicamente, ma anche per riconnettersi con la natura e la tradizione.
Torniamo adesso alla scoperta.
A caccia di indizi: il vulcano furioso
Per svelare i segreti sepolti sotto la Caldera Kikai e determinare la portata dell’enorme eruzione avvenuta circa 7.300 anni fa, conosciuta come Kikai-Akahoya (K-Ah), gli scienziati dell’Università di Kobe, nella Baia di Osaka (Giappone), hanno intrapreso una missione coraggiosa.
Concentrandosi sul formidabile flusso piroclastico, il team si è immerso nell’abisso delle profondità dell’Oceano Pacifico, alla ricerca di indizi sepolti sott’acqua.
Attraverso l’uso di strumenti sofisticati e tecnologie all’avanguardia di imaging sismico, il team è riuscito a scoprire la forma della caldera e i materiali vulcanici custoditi al suo interno, con una precisione mai vista prima.
«Utilizzando indagini sismiche a riflessione ottimizzate per questo obiettivo e identificando i sedimenti raccolti, siamo stati in grado di ottenere importanti informazioni sulla distribuzione, il volume e i meccanismi di trasporto dei materiali espulsi». Ad affermarlo, il geofisico marino Satoshi Shimizu. Risultato?
Il vulcano esplosivo
Stando alle analisi, il materiale espulso avrebbe coperto un’area vasta ben 4.500 km2, un territorio che supera di gran lunga le dimensioni di metropoli cosmopolite come Londra o Los Angeles.
Ovviamente, le difficoltà sono state enormi.
«Le grandi eruzioni vulcaniche, come quelle ancora non sperimentate dalla civiltà moderna, si basano su registrazioni sedimentarie. È stato difficile stimare i volumi eruttivi con elevata precisione perché molti dei materiali vulcanici depositati sulla terra sono andati perduti a causa dell’erosione». Questo il commento del geofisico Nobukazu Seama.
Obiettivo dello studio
Ma qual era l’obiettivo primario dello studio? Ottenere una comprensione più profonda di come le eruzioni vulcaniche interagiscono con l’elemento acqua, così da plasmare il paesaggio geologico e la storia stessa del Giappone.
Anche perché, comprendere le eruzioni del passato, aiuta prevedere e prepararsi per quelle future.
Ma c’è di più.
«Le eruzioni giganti della caldera sono un fenomeno importante nella geoscienza e poiché sappiamo anche che hanno influenzato il clima globale e quindi la storia umana in passato, comprendere questo fenomeno ha anche un significato sociale», aggiunge Seama.
Come ci si prepara agli eventi in Giappone
Date le potenziali minacce che i vulcani possono rappresentare per la popolazione, il Giappone ha uno dei sistemi di monitoraggio vulcanico più avanzati al mondo. Le autorità giapponesi monitorano costantemente l’attività dei vulcani e prendono misure per proteggere la popolazione in caso di eruzioni imminenti.
Insomma, i vulcani giapponesi, sono parte integrante oltre che del paesaggio anche della cultura del Giappone, con una storia ricca e una significativa influenza sulla geografia e sulla vita quotidiana della popolazione.
La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Volcanology and Geothermal Research.