Intervista con l’artista: Luca Dalmazio
Vincitori del premio Galleria ZAION della seconda edizione del concorso Be Natural Be Wild, Luca Dalmazio e Stefano Fontana espongono le proprie opere.
I due autori esplorano la delicata realtà ambientale odierna, sensibilizzando lo spettatore su una natura che è sempre stata e che rischiamo non sia più. Memoria e denuncia. Questo il valore che i due danno alla natura, il segno che questa si porta addosso.
Dal 4 dicembre al 14 gennaio la Galleria ZAION di Biella ospiterà la mostra “Il segno della natura”. Per l’occasione “Il Giornale dell’Ambiente” ha intervistato uno degli artisti, Luca Dalmazio.
Il concetto di Segno è proprio ciò che permette il dialogo tra opere dallo stile differente
Per Stefano Fontana la natura è stata spettatrice dell’intera evoluzione, è primigenia e benevola custode. Le sue composizioni hanno colori tenui e delicati, rassicuranti come il grembo di una madre; sono delicate e solenni come quegli alberi patriarchi saggi e maestosi.
A guardarle, non si percepisce altro che calma, armonia e pace. Non si percepisce altro che quella sensazione di dolce coraggio che viene dalla consapevolezza che c’è chi ci ama e accoglie da millenni. Quella di Fontana è una natura genitrice, origine e ombelico della vita, inesorabile nella sua avanzata ad accompagnare la storia umana.
Il segno della natura interpretato da Luca Dalmazio
Per Luca Dalmazio la narrazione è all’opposto: l’arte è denuncia, è urgenza. Protagonisti delle sue serie sono gli animali in via di estinzione, vittime dell’insensibilità della nuova società, che corre veloce verso qualcosa di altrettanto effimero. Chiuso nel proprio mondo, l’uomo ha perso la capacità di essere in empatia, e questo si riversa su coloro con cui condivide il pianeta.
Su coloro che non possono difendersi dal cieco egoismo che ci spinge a pretendere sempre di più. I suoi lavori sono in serie, tutti figurativi. Proprio Luca Dalmazio è stato per l’occasione intervistato dal nostro giornale, concedendoci delucidazioni circa la sua arte dal suono stridente che fa riflettere.
Luca Dalmazio, coraggio e sensibilità
La sua produzione deriva da un impegno personale?
L.D.: Sicuramente sono stato motivato dall’amore per gli animali che ho fin da quando ero bambino. Non amo la caccia, la considero un’inutile e barbara usanza, dati i tempi in cui viviamo. L’uomo non ha più bisogno di uccidere tigri perché ha paura di essere divorato. Mi rattrista molto vedere di animali esotici o di habitat distrutti per il solo cieco egoismo umano.
Da dove arriva la scelta di realizzare opere che mettono lo spettatore, non solo de “Il segno della natura”, davanti alla realtà di animali vittime della società odierna?
Io che ho rappresentato per anni la figura umana volevo da tempo trovare un motivo per una serie dove fossero gli animali. Alla ZAION espongo la serie che ho denominato “Serie Cross/Animals”. Ho ripensato anni fa a un vecchio disegno che avevo fatto su carta a matita di due tigri che lottano. Ho pensato di riutilizzare la tavola di legno per una nuova serie abbandonata dopo quella delle “Compositions” degli anni Novanta.
Spesso nei suoi dipinti allegorici ritorna il simbolo della croce
Protagonisti sono animali tutti minacciati di estinzione a causa di caccia o politiche ambientali scellerate. Sono i nuovi martiri, quindi simbolicamente messi in croce. Ho portato avanti dal 2015 questa serie, realizzando diversi soggetti sul tema, che sono stati esposti a Bologna, Parma, Verona e in Sardegna. Non mi era ancora capitata però l’occasione di realizzare una mostra personale. Attraverso un amico ho saputo che c’era un concorso (si riferisce al Be Natural Be Wild – ndr) e fortunatamente la giuria ha apprezzato il mio lavoro. Questo mi permette di mostrarlo in maniera più completa alla galleria ZAION, dove esporrò una decina di pezzi.
L’artista ha una sua filosofia? E se si, la sua qual è?
Quello che più spiazza a volte è il soggetto e la verosimiglianza rende più realistica la scena rappresentata, quindi anche più spiazzante e angosciante. Il messaggio forte arriva allo spettatore come “un pugno in un occhio”. La tecnica, molto classica e precisa, va al servizio del concetto. Il mio è un messaggio ecologista: l’artista si deve esporre, senza paura di piacere a tutti o meno. Deve raccontare attraverso le proprie opere questioni che gli stanno a cuore, denunciare la propria rabbia o la propria angoscia. Questa sarà sempre la mia filosofia di artista: dire la mia senza paura.
Qual è la sua produzione più significativa in questo senso?
Sicuramente ad alcuni quadri sono più affezionato rispetto ad altri, come i primi due della serie, con l’elefante e le tigri che lottano, o quello con la balena, vincitore del premio ZAION. E sicuramente “Fight”, una croce che rappresenta una lotta tra due ippopotami. I quadri sono realizzati tutti con la stessa tecnica. Gli animali sono disegnati a matita su una tavola che sagomo a forma di croce, con interventi cromatici in rosso. Il rosso enfatizza il senso del martirio, è il colore dei mirini del cacciatore, del sangue degli innocenti inutilmente versato. È ora di farla finita: dobbiamo rispettare e proteggere gli animali e la natura. Quest’ultima si sta ribellando, anche i cambiamenti climatici sono una risposta del pianeta alla scelleratezza dell’uomo.