lunedì, Gennaio 13, 2025

Il presidente della prossima COP28 sarà un petroliere. Forte la polemica

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DA QUANDO SI È SPARSA LA NOTIZIA SUL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA COP28, È SCATTATA UNA FORTE POLEMICA. ASPRE LE REAZIONI DI AMBIENTALISTI E ASSOCIAZIONI. MA LE PROTESTE SONO LEGITTIME

Un paradosso diplomatico

Sulla notizia che il Sultano Ahmed Al-Jaber sarà il presidente della prossima COP28 a Dubai, a fine novembre 2023, è stato già detto molto dalla stampa. Tuttavia, ci sembrava corretto dire la nostra, visto che nel caso in questione, non si tratta solo di un “semplice” Sultano.

Ciò che fa scalpore, infatti, è che Ahmed Al-Jaber ricopra anche la carica di CEO della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC- compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti). Nonché quella di ministro dell’Industria del Paese ospite e di inviato speciale per il cambiamento climatico.

In effetti, una notizia del genere, così su due piedi, potrebbe disorientare, far pensare a una svista, o semplicemente far sorridere, visto il paradosso. Invece, questo – chiamiamolo così – “paradosso diplomatico”, non ha nulla di divertente, ma molto su cui interrogarsi. Non a caso, in tanti, gridano proprio al conflitto di interessi!

D’altronde, siamo di fronte a una vera e propria eminenza nel mondo dei petrolieri, posta a capo della Conferenza Generale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Ossia l’Evento – con la E maiuscola – che mobilita, da anni, la politica e la diplomazia mondiali contro il climate change e la tutela dell’ambiente.

Senza contare, en passant, la nomina del Sultano come “inviato speciale per il clima”. Solitamente, per questo ruolo, viene scelto un diplomatico con alti requisiti ad hoc. In questo caso, invece, il CEO dell’azienda petrolifera degli Emirati Arabi, guiderà i negoziati intergovernativi e “veicolerà” politiche e risultati del tavolo della COP28.

COP28 - Sultano Ahmed Al-Jaber - ADNOC CEO
Il Sultano Ahmed Al-Jaber, CEO della Compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti ADNOC

La posizione del Paese ospitante

Per partire col piede giusto e nell’apprezzabilissimo tentativo di diventare un Paese virtuoso, a inizio anno, gli Emirati Arabi annunciavano un grande progetto.

Tramite la Emirates New Agency (agenzia stampa ufficiale), facevano sapere al mondo di voler intraprendere il percorso di decarbonizzazione dei propri territori. Stanziavano, quindi, ben 15miliardi di dollari, destinati a una serie di importanti attività, miranti a raggiungere lo ZeroNet entro il 2050.

Nient’affatto sbagliata come idea, visto che, ad oggi, essi risultano il quarto Paese al mondo con il più alto tasso di emissioni pro-capite (fonte – Il Manifesto).  E poi, a onor del vero, l’iniziativa è quantomeno doverosa, trattandosi dello Stato ospitante di una COP, oltre che una delle maggiori super potenze economiche mondiali.

Nel comunicato, infatti, leggiamo: «ADNOC ha annunciato oggi una nuova audace strategia per far progredire la decarbonizzazione su scala mondiale delle sue operazioni. Stanziando 15miliardi di dollari (55 miliardi di AED – la moneta ufficiale di Dubai e di tutti gli Emirati Arabi Uniti è la Dirham. Abbreviata anche come AED, Arab Emirate Dirham), per portare avanti una serie di progetti lungo la sua tutta la catena del valore dell’energia entro il 2030».

Del resto, gli Emirati Arabi Uniti sono stati il primo Paese della regione a ratificare l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Quest’ultimo, lo ricordiamo, mira al mantenimento del riscaldamento globale nei livelli di guardia, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (NetZero). Coerenza quindi, almeno per adesso, tra intenzioni e fatti.

Gli interventi “green” consisterebbero in una serie di investimenti per produrre “energia pulita, cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Ulteriore elettrificazione delle operazioni, efficienza energetica e nuove misure per costruire sulla politica di lunga data”, fa sapere il Paese. “ADNOC applicherà una rigorosa valutazione commerciale e di sostenibilità per garantire che ogni progetto abbia un impatto duraturo e tangibile”.

Poi, per “completare l’opera”, lo scorso 12 gennaio, usciva un altro comunicato stampa in cui veniva ufficializzata la nomina del Sultano a presidente della COP28. “Sua Altezza lo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan, vice primo ministro e ministro della Corte presidenziale – si legge nella nota – ha nominato oggi il dottor Sultan Ahmed Al Jaber come Presidente Designato per la 28a Conferenza delle Parti (COP28)”.

Ma, come detto sopra, è stata proprio questa nomina a “rompere l’idillio”, visto il coinvolgimento su più fronti di Al-Jaber.

Le proteste degli ambientalisti

Forte e chiara la levata di scudi che è seguita a questa decisione. Tantissime le organizzazioni che non l’hanno accettata, invocando il – chiaro – conflitto di interessi. Soprattutto perché sembra una scelta dallo smaccato sapore lobbistico.

Tra le tante voci, repentina quella di Fridays For Future Italia, che giungeva proprio il 12 gennaio, (verosimilmente prima degli annunci ufficiali), postandola sul proprio sito.

L’inviato per la COP28 degli Emirati Arabi, Paese ospitante dei negoziati climatici nel novembre 2023, sarà Sultan Al Jaber. Oltre a essere ministro dell’Industria negli Emirati Arabi Uniti, Al Jaber è anche l’amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC)“, si legge nella nota. E continuando: “La ADNOC è la dodicesima compagnia petrolifera al mondo per produzione. L’annuncio ufficiale non è ancora arrivato, ma se la nomina dovesse essere confermata sarebbe un vero e proprio scandalo che mina alla validità delle discussioni e dell’intera COP28. Riuscite ad immaginare un petroliere che guida i negoziati internazionali sul clima?”.

A queste legittime osservazioni, si aggiungono quelle di Amnesty International, che mostra forte preoccupazione per il futuro della battaglia contro il climate change.

Sulla pagina web ufficiale dell’organizzazione, troviamo, infatti, le inequivoche dichiarazioni della consulente per il clima Chiara Liguori. “La nomina del sultano Al-Jaber invia un segnale sbagliato alle popolazioni più colpite dal cambiamento climatico. È anche una scelta deludente per tutti coloro che sperano che la COP28 offra rapidi progressi nella riduzione delle emissioni di carbonio e nella realizzazione della giustizia climatica”. E ancora: “La nomina del capo della compagnia petrolifera nazionale, aumenterà le preoccupazioni che gli Emirati – la utilizzeranno – per promuovere gli interessi sui combustibili fossili”.

Speranze comuni

Ciò detto, potremmo riportare ancora tantissime proteste in merito, ma basta fare un giro sul web per soddisfare la propria curiosità. Quello che conta, invece, è cercare, con uno sforzo di obiettività, di tener d’occhio l’intera vicenda. Perché attualmente, quella che era partita come la più grande “crociata” a difesa del clima, sembra essersi trasformata in un gigantesco cavallo di Troia. Speriamo non contenga sorprese troppo pericolose.

Numero verde ONA

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