lunedì, Febbraio 10, 2025

Il potere dei boschi: veri alleati nella lotta contro il dissesto idrogeologico

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I BOSCHI MONTANI CELANO UN POTERE NASCOSTO CHE POTREBBE ESSERE LA CHIAVE PER COMBATTERE LE DEVASTANTI ALLUVIONI E PRESERVARE LE NOSTRE TERRE. È UN SEGRETO BEN CUSTODITO CHE L’ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA, INSIEME CON I CARABINIERI FORESTALI, LANCIA COME UN GRIDO D’ALLARME

Il potere dei boschi e la necessità di pensare a un testo unico sul dissesto idrogeologico

L‘Italia possiede 11milioni di ettari di boschi, ma la maggior parte di questi sono trascurati, abbandonati al loro destino.

Eppure, i boschi, se curati con amore e attenzione, potrebbero rivelarsi dei veri alleati nella lotta contro le frane e le inondazioni. Sono come spugne naturali, che hanno il potere di regolare il flusso delle acque e preservare la stabilità dei terreni. Tuttavia, allo stato attuale, la situazione nel nostro Paese non lo consente. Da qui la necessita di pensare a un testo unico nazionale sul dissesto idrogeologico.

Il “Risanamento e bonifica del territorio italiano nel centenario della Legge forestale Serpieri”

Le recenti alluvioni che hanno messo in ginocchio l’Emilia-Romagna e la Toscana, hanno sollevato l’attenzione su dissesto idrogeologico in Italia e sulla mancanza di una pianificazione territoriale capace di fronteggiare gli impatti devastanti del cambiamento climatico causato dall’uomo.

Nel corso della giornata: “Risanamento e bonifica del territorio italiano nel centenario della Legge forestale Serpieri”, si è fatto il punto sulla situazione. 

All’evento, che si è svolto nella Sala dello Stabat Mater di Palazzo dell’Archiginnasio a Bologna, l’Accademia Nazionale di Agricoltura e il Comando Carabinieri Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari hanno invitato a partecipare i più autorevoli esperti italiani.

Ed è proprio da questa sala ricca di storia e speranza, che è emerso un appello forte e chiaro: è tempo di agire, di onorare la storia e di affrontare con coraggio le sfide ambientali del nostro tempo. Volere è potere…

Ciò che è emerso, è che non si tratta solo di preservare gli alberi, ma di proteggere le valli e le pianure che dipendono direttamente dall’equilibrio naturale di boschi e foreste.

Le ragioni per prendere questa strada sono evidenti. Oltre a difendere le nostre terre dalle calamità, investire nella cura dei boschi offre opportunità economiche, promuove la biodiversità e preserva la bellezza selvaggia delle nostre montagne.

E sono stati proprio i boschi, con il loro ruolo salvifico, il vero fulcro dell’evento.

Oltre 11milioni di ettari di quelli che potremmo definire veri e propri “custodi della nostra terra”, sono sempre più spesso trascurati e abbandonati. Tuttavia, questi ecosistemi hanno dimostrato di essere preziosi “alleati verdi” contro le devastazioni delle alluvioni. Hanno il potere di essere le prime linee di difesa, capaci di assorbire le acque in eccesso e mitigare gli impatti delle frane.

Un quadro desolante 

I dati presentati durante il Convegno sulla situazione idrogeologica nazionale sono drammatici.

Sono cifre che urlano l’urgenza di una reazione immediata. 

La realtà è crudele: ben 7.423 comuni italiani, pari al 93,9% del totale, si trovano in una condizione di rischio costante per frane, alluvioni o erosione costiera.

Ma non finisce qui. Il 18,4% del territorio nazionale, pari a 55.609 km², è classificato con elevato rischio di frane, rischio molto elevato o pericolosità idraulica media. Una statistica che mette in guardia: 2milioni di abitanti sono a rischio frane (2,2%) e ben 7milioni sono esposti al pericolo delle alluvioni (11,5%). Ancora più inquietante è il fatto che l’83% delle frane in Europa accade proprio in Italia, secondo dati provenienti da ANBI-ISPRA.

Quanto ai numeri su frane e alluvioni in Emilia-Romagna, è l’ingegniere Paolo Ferrecchi, direttore generale Cura del Territorio e dell’Ambiente della Regione Emilia-Romagna a snocciolare i dati.

«Oltre 80mila frane recensite, circa 9mila frane hanno almeno un edificio interessato, circa 7mila fabbricati sono coinvolti in frane attive, ben 347 località sono classificate a rischio molto elevato e 122 sono gli abitati classificati da consolidare. Nel solo maggio 2023, durante lalluvione, il numero totale di frane è stato di 65.020, dati allarmanti che fanno comprendere la necessita di tornare a ripensare il sistema di manutenzione della montagna».

La necessità di interventi mirati

Quello di Ferrecchi è un grido di allarme che richiede un cambio radicale nella pianificazione del territorio. Gli esperti hanno sottolineato l’urgenza di abbandonare la logica dei cosiddetti “interventi mirati” a favore di un approccio più ampio e integrato nella pianificazione territoriale.

Aspetto che è stato approfondito tra l’altro dal dott. Massimo Gargano, direttore generale ANBI, che ha denunciato il fenomeno della cementificazione selvaggia. «L’Italia è prima in Europa con il 7,13% di territorio urbanizzato, pari circa a 2milioni di ettari. Il terreno costruito perde le sue capacità di drenare acqua, ma continuiamo a edificare 24 ettari al giorno per case, zone commerciali o industriali, strade senza una minima concezione territoriale». Utile ricordare che «degli 8,2 miliardi che l’UE stanzia annualmente per il dissesto idrogeologico, ben 3,7 vanno all’Italia, che li utilizza non per fare prevenzione ma solo per riparare i danni». Una visione miope che non capisce l’importanza della montagna, della collina e dell’innovazione necessaria in campo ambientale.

La proposta è audace ma necessaria: un nuovo quadro di interventi per sistemare i bacini montani, puntando sulla gestione sostenibile dei boschi e delle foreste. 

Il potere dei boschi 

Questi polmoni verdi della natura si rivelano come autentiche “spugne naturali“, capaci di assorbire e drenare le acque meteoriche, riducendo in maniera rilevante il ruscellamento verso le valli e diminuendo l’aumento delle portate dei fiumi in pianura.

Se questi fattori sono indispensabili per mitigare il dissesto idrogeologico, è altresì necessario accompagnare questa funzione con una corretta gestione del territorio.

Il potere del bosco non si ferma qui: contribuisce anche a ridurre l’erosione del terreno. In Europa, il 95% dei terreni boschivi è immune dall’erosione, a differenza di quelli adibiti all’agricoltura, più vulnerabili a questo fenomeno.

Anche perché non esiste un “rischio zero”, come afferma giustamente la dott.ssa Irene Priolo, vice presidente della Regione Emilia-Romagna. «L’evento che abbiamo avuto in Emilia Romagna (l’alluvione del 2 maggio 2023 n.d.r), diventerà un caso di studio per ingegneri idraulici e geologi italiani. Non esiste il rischio zero e pensare il territorio in ottica di gestione del rischio residuo è il nuovo approccio». Boschi e foreste giocano insomma un ruolo di potere rilevante.

Investire nella cura dei nostri boschi non è dunque solo un atto di “preservazione ambientale”, ma un investimento per la sicurezza delle nostre terre e delle generazioni future. 

Riforestazione: la montagna al centro delle nuove politiche

L’Italia ha assistito a un notevole cambiamento nella sua fisionomia naturale nell’arco di circa settant’anni. Dal 1950, la riforestazione ha fatto passi da gigante, trasformando 4milioni di ettari di terra in rigogliosi 11milioni di ettari di boschi che si estendono, in particolare, sulle terre montane e collinari. Questo aumento ha portato con sé un incremento tangibile della biodiversità, donando nuova vita a ecosistemi che un tempo erano in declino.

Tuttavia, questa crescita non è stata uniforme. Nel corso degli ultimi cinquant’anni, la montagna ha subito un progressivo e costante abbandono. I boschi, un tempo curati con attenzione, sono stati trascurati e i versanti non sono stati soggetti agli interventi necessari per regolare le acque superficiali. 

Di conseguenza, la montagna, un tempo fulcro della pianificazione territoriale, ha perso la sua importanza.

In questo contesto, gli eventi atmosferici degli ultimi anni sembrano gridare un monito. Le alluvioni e le calamità naturali hanno messo in luce la fragilità delle zone vallive e di pianura, richiamando l’attenzione sul ruolo vitale della montagna nella gestione del territorio.

Per il prof. Giorgio Cantelli Forti, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura è necessario «un testo unico nazionale contro il dissesto idrogeologico, la tutela dell’ambiente e del territorio, in particolare la montagna». 

Dalle sue parole, emerge chiaramente la necessità di porre nuovamente la montagna al centro delle politiche ambientali e di gestione del territorio. 

Scegliere di valorizzare questi territori rappresenta infatti un passo verso un futuro sostenibile e sicuro per tutti. 

Cosa si può fare a livello pratico? Il potere è nelle nostre mani

Carlo Cacciamanni, direttore dell’Agenzia Italia Meteo sottolinea la necessità di «interventi strutturali che possano mitigare il rischio di inondazione, ma anche non strutturali, come l’ottimizzazione dei sistemi di Early Warning per allontanare preventivamente e in anticipo le popolazioni, a fronte di fenomeni idrometeo intensi che possano colpirle. È necessario attuare, meglio di quanto si stia facendo oggi, piani di emergenza a livello territoriale, coinvolgendo i cittadini, affinché divengano parte attiva del sistema di protezione civile».

Il generale di divisione Nazario Palmieri, comandante dei Carabinieri Tutela Forestale e Parchi ha poi rimarcato l’importanza di potenziare «campagne mirate annuali di controllo come le operazioni Bosco Sicuro e Fiume sicuro” , che hanno lo scopo di vigilare sullapplicazione del vincolo idrogeologico istituito dalla legge Serpieripre». La legge, per chi non lo sapesse, «mira a prevenire furti di inerti, escavazioni o rettifiche di alvei di torrenti e fiumi, impedire disboscamenti o scorrette pratiche di utilizzazioni forestali affinché non venga alterato il regime idrogeologico dei versanti e il turbamento al buon regime delle acque, aggravato anche da fenomeni di abusivismo edilizio in aree golenali», conclude.

Riusciranno i nostri eroi nell’intento? Ai posteri l’ardua sentenza.

Numero verde ONA

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