martedì, Aprile 29, 2025

Il destino della Groenlandia: la calotta glaciale a rischio di scioglimento irreversibile

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UNO STUDIO SU “THE CRYOSPHERE” HA INDIVIDUATO IL PUNTO DI NON RITORNO OLTRE IL QUALE LA CALOTTA GLACIALE DELLA GROENLANDIA SI SCIOGLIEREBBE IRREVERSIBILMENTE, INNALZANDO IL LIVELLO DEL MARE DI SETTE METRI. QUESTO COLLASSO POTREBBE AVVENIRE SE LA TEMPERATURA GLOBALE AUMENTASSE DI 3,4°C RISPETTO AI LIVELLI PREINDUSTRIALI, UN TRAGUARDO IMMINENTE

La calotta glaciale della Groenlandia: un colosso in declino

Con un’estensione di oltre 1,7 milioni di chilometri quadrati, la calotta glaciale della Groenlandia, isola situata tra l’Oceano Atlantico e l’Artico, rappresenta il secondo più grande deposito di ghiaccio della Terra. Custodisce infatti circa il sette per cento dell’acqua dolce globale.

Tuttavia, questo gigantesco serbatoio sta progressivamente scomparendo: dagli anni ’80 a oggi, ha perso oltre un trilione di tonnellate di ghiaccio, e la velocità di fusione è aumentata di sei volte nell’ultima decade.

Attualmente, si stima che ogni ora si disperdano in mare circa trenta milioni di tonnellate di ghiaccio. Questo scioglimento massivo non è solo un fenomeno circoscritto all’Artico, ma un catalizzatore di mutamenti profondi che influenzano l’intero sistema climatico terrestre.

L’innalzamento del livello del mare, conseguenza diretta della fusione della calotta, minaccia milioni di persone che vivono nelle città costiere e nelle isole basse. L’acqua dolce della Groenlandia, riversandosi nell’oceano, ne modifica la salinità e altera il delicato equilibrio delle correnti marine.

Il rischio di uno sconvolgimento della Circolazione Meridionale Atlantica, la grande corrente che trasporta il calore verso l’Europa e altre regioni del globo, diventa sempre più concreto. Un suo indebolimento potrebbe tradursi in inverni più rigidi nell’Europa occidentale, cicloni tropicali più intensi nell’Atlantico e un drastico cambiamento nei regimi delle piogge monsoniche, con effetti devastanti sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare di intere popolazioni.

Il punto di non ritorno: la soglia dei 3,4°C

Lo studio guidato dal dr. Michele Petrini del NORCE Norwegian Research Centre e del Bjerknes Centre for Climate Research, a Bergen, Norvegia, ha impiegato modelli climatici avanzati per simulare il comportamento della calotta in diverse condizioni ambientali. I risultati dimostrano che quando la perdita di ghiaccio raggiunge il sessanta per cento del bilancio di massa rispetto all’epoca preindustriale, la Groenlandia entra in una fase di scioglimento accelerato e irreversibile.

Se le emissioni di gas serra continueranno a crescere senza controllo, il punto di collasso definitivo potrebbe essere raggiunto entro la fine del secolo. Con temperature globali superiori ai 3,4°C rispetto all’era preindustriale, il destino della Groenlandia sarebbe segnato. Il completo scioglimento della calotta si realizzerebbe in un periodo compreso tra ottomila e quarantamila anni, ma i suoi effetti iniziali sarebbero già percepibili nel giro di pochi decenni.

Il meccanismo dello scioglimento: un effetto domino irreversibile

La perdita di ghiaccio nella Groenlandia non segue un andamento lineare, ma è guidata da una serie di processi concatenati che amplificano il fenomeno con una dinamica a cascata. 

La risalita isostatica del suolo, uno di questi fattori, si verifica quando il peso del ghiaccio si riduce e la crosta terrestre sottostante tende a sollevarsi. Tuttavia, se il tasso di scioglimento è troppo rapido, il terreno non riesce a compensare il movimento, rendendo la calotta instabile e accelerando ulteriormente la fusione.

L’effetto albedo, un altro elemento determinante, gioca un ruolo chiave nel riscaldamento della regione artica. Il ghiaccio, essendo bianco, riflette una grande quantità di radiazione solare nello spazio, contribuendo a mantenere basse le temperature. Con la riduzione della copertura glaciale, la superficie esposta diventa più scura, assorbendo maggior calore e alimentando un circolo vizioso che accelera il riscaldamento e la fusione. Questo processo è particolarmente evidente nella Groenlandia meridionale, dove l’aumento della temperatura ha già trasformato vaste porzioni della calotta in un mosaico di ghiaccio e terreno scoperto.

Anche il cambiamento nelle correnti oceaniche incide in modo significativo sulla stabilità della calotta. L’immissione di enormi quantità di acqua dolce nei mari circostanti riduce la densità delle acque superficiali e rallenta il trasporto del calore dalle zone tropicali verso il nord. Il risultato è un raffreddamento localizzato che, paradossalmente, può portare a nevicate più intense in alcune aree della Groenlandia, mentre in altre accelera il processo di scioglimento con la formazione di laghi glaciali e fratture profonde nella calotta.

La Groenlandia occidentale: un baluardo fragile

Secondo le simulazioni climatiche, la Groenlandia occidentale rappresenta un’area critica per la sopravvivenza della calotta. Finché questa porzione rimane ancorata a un’area costiera con elevata altitudine, le perdite di ghiaccio nel nord e nel sud risultano contenute.

Tuttavia, se la calotta occidentale perde il contatto con la costa e inizia a ritirarsi verso l’entroterra, l’intera struttura glaciale potrebbe collassare, portando alla perdita di oltre l’ottanta per cento della sua massa.

Le ricostruzioni paleoclimatiche suggeriscono che, durante l’ultimo interglaciale, il mantenimento del ghiaccio in questa regione abbia impedito una fusione totale della calotta. Oggi, questo stesso meccanismo potrebbe offrire un’ultima speranza per rallentare il processo di scioglimento, ma solo a condizione che le temperature globali non superino la soglia critica identificata dagli scienziati.

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