lunedì, Gennaio 13, 2025

Il declino delle api: Greenpeace invita all’azione

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L’ATTUALE DECLINO DELLE API È UNA SITUAZIONE CHE NON PUÒ ESSERE SOTTOVALUTATA, POICHÈ RISCHIA DI ASSUMERE DIMENSIONI ESTREMAMENTE PERICOLOSE, NON SOLO PER LA VITA DEGLI INSETTI MA ANCHE PER QUELLA DELL’UOMO, PER LA SALVAGUARDIA DELLA NATURA E DELL’ECONOMIA. GREENPEACE INVITA TUTTI NOI ALL’AZIONE

Un drastico declino di api: fattori biotici e abiotici

Negli ultimi anni, il numero di api e degli insetti impollinatori in generale è in declino. Due i fattori principali: biotici e abiotici.

I fattori biotici comprendono gli elementi viventi dell’ambiente, come le piante e gli animali stessi, mentre quelli abiotici riguardano gli elementi non viventi, come il clima e l’ambiente fisico.

Quando parliamo di urbanizzazione e deforestazione, entriamo in un territorio dominato dai fattori biotici. L’espansionismo urbano e la perdita di foreste alterano gli habitat naturali delle api.

Impattano negativamente sulla quantità di fiori disponibili, costringendo gli impollinatori a viaggiare più lontano per trovare il cibo di cui hanno bisogno. Inoltre, le città creano “isole di calore”, microclimi più caldi causati dalla cementificazione, dall’asfalto e dalle emissioni industriali e automobilistiche. Questi cambiamenti di temperatura possono disturbare gli impollinatori, influenzando il loro comportamento e le loro abitudini di ricerca del cibo.

Quando le dimensioni contano

Ma non è tutto qui: le dimensioni del corpo delle api giocano un ruolo fondamentale. Le api più piccole hanno un raggio di ricerca del cibo più limitato e soffrono di più nelle aree urbane frammentate, dove gli habitat sono divisi da strade e edifici. Al contrario, le api più grandi possono trarre vantaggio da questa frammentazione, aumentando di numero e adattandosi meglio all’ambiente urbano.

Tutti questi fattori stanno portando a una diminuzione delle popolazioni di api selvatiche e alla perdita di diversità all’interno delle comunità di impollinatori.

Per tali motivi, in certe parti del mondo è diventato addirittura necessario impollinare manualmente a causa della drastica diminuzione delle popolazioni di api.

Una situazione drammatica: il declino delle api selvatiche

La tendenza al ribasso è evidente da tempo: già dal 2008 si è assistito a un drastico calo nel numero di colonie di api da miele negli Stati Uniti, con alcune regioni che hanno registrato un declino superiore al 50%.

All’interno di questa crisi, la situazione delle api selvatiche è particolarmente tragica. Esse sono esposte agli stessi fattori che minacciano le api allevate, ma subiscono un impatto ancora maggiore a causa della loro vita in luoghi non antropizzati.

Una diminuzione numerica così rapida metterebbe a rischio l’equilibrio di interi ecosistemi e la vita stessa dell’uomo.

A ricordarcelo, già nel lontano 1901, il drammaturgo belga Maurice Maeterlinck, autore del libro “La vita delle api”. «Si stima che più di centomila varietà di piante scomparirebbero se le api non le visitassero».

Qualche anno più tardi, nel 1994, un volantino distribuito a Bruxelles dall’Unione Nazionale Apicoltori Francesi, declamava «se le api sparissero dalla faccia della Terra, agli uomini rimarrebbero appena quattro anni di vita». Frase attribuita anche al fisico tedesco Albert Einstein.

Ma perché si è arrivati a tanto?

Cambiamenti climatici, perdita di habitat e di biodiversità, pratiche agricole intensive e l’uso diffuso di pesticidi e metalli pesanti, sono solo alcuni dei problemi che colpiscono le api selvatiche.

Tutti fattori che rendono sempre più difficile il loro compito di impollinazione.

Pesticidi killer

La riduzione della diversità dei fiori selvatici ha un impatto diretto sulla salute delle api, poiché comporta una minore disponibilità di fonti di nutrimento durante tutto l’anno. Questo fenomeno non solo compromette la sopravvivenza delle api ma mina anche l’equilibrio degli ecosistemi naturali.

Nonostante alcuni progressi normativi, come il divieto dell’uso di alcuni pesticidi dannosi in Europa, come i neonicotinoidi nel 2018, i danni causati dai decenni di utilizzo indiscriminato di sostanze tossiche sono evidenti in molte parti del mondo. In luoghi come la Cina e alcune regioni della California, la carenza di impollinatori è così grave che le aziende agricole sono costrette a trasportarli durante la stagione dei fiori per garantire la produzione di mandorle e noci.

La situazione non solo non è migliorata nel corso degli anni, ma rischia di peggiorare ulteriormente.

I danni del clima

Il clima poi, influenza profondamente la relazione tra piante e impollinatori. In un mondo in cui le temperature stanno cambiando rapidamente, il delicato equilibrio tra fiori e api selvatiche viene messo alla prova.

Il ciclo di vita delle api si è adattato lentamente al ciclo di fioritura delle piante nel corso dei millenni. Tuttavia, il cambiamento climatico sta alterando questo equilibrio.

Le temperature in aumento possono far sbocciare i fiori in anticipo o in ritardo, creando un’asincronia tra le piante e gli impollinatori. Se le api non trovano abbastanza fiori quando emergono per nutrirsi, devono spostarsi di più alla ricerca di cibo, mettendo a rischio la loro sopravvivenza.

Inoltre, le condizioni di siccità influenzano direttamente la vitalità e l’aspetto dei fiori. Quando le piante crescono in periodi di siccità, i loro petali tendono ad essere meno colorati, rendendo i fiori meno attraenti per gli impollinatori. Questo può avviare un effetto a cascata: meno fiori impollinati significano meno piante che prosperano,

I poveri insetti devono pertanto cercare fonti di cibo altrove, magari verso altitudini più elevate. Questo significa che le specie di impollinatori devono competere con quelle già presenti a quote più alte.

Purtroppo, in questo intricato gioco tra clima, piante e impollinatori, ogni cambiamento ha conseguenze che si ripercuotono su tutta la catena alimentare. È un adattamento costante, dove solo le specie più resilienti sopravvivono ai capricci della natura.

Le malattie: un’ulteriore minaccia

Le malattie rappresentano un’altra minaccia significativa per le popolazioni di impollinatori selvatici.

Le api mellifere possono fungere da vettori per una serie di patogeni dannosi che possono infettare anche le specie di api selvatiche. Attualmente, sono stati identificati ben undici virus capaci di passare dalle api mellifere ad altre specie di api. Si ritiene che ciò possa avvenire quando un’ape selvatica si nutre su fiori precedentemente visitati da api mellifere infette.

Tuttavia, l’impatto di questi virus sulle popolazioni di api selvatiche non è ancora completamente compreso. Sebbene siano stati identificati come fattori di rischio, la ricerca approfondita sulle implicazioni di queste malattie per le popolazioni di api selvatiche è ancora in corso.

Fattori ambientali e il declino delle api

L’aria che respiriamo, purtroppo, fa ammalare anche le api.

A confermarlo uno studio, condotto dalla rivista scientifica americana PNAS, che si è concentrato non solo sull’ape domestica (Apis mellifera) ma anche sull’ape gigante dell’India (Apis dorsata), una delle specie impollinatrici più preziose del continente.

Quest’ultima, a differenza delle api europee, non è stata addomesticata e le sue colonie non sono stazionarie, ma migrano su lunghe distanze ogni anno.

Ebbene, la ricerca condotta dall’ecologista Geetha Thimmegowda del National Center for Biological Sciences di Bangalore (India) ha analizzato l’effetto dell’inquinamento atmosferico su queste api durante un periodo di tre anni, nelle vicinanze della suddetta metropoli, una delle aree più inquinate dell’India (e del mondo).

Neanche a dirlo, i risultati hanno evidenziato che concentrazioni elevate di inquinanti atmosferici influenzano negativamente la salute e il comportamento delle api. Ma andiamo a fondo della faccenda.

Gli effetti dell’inquinamento

Innanzitutto, è stato riscontrato che nelle aree più inquinate la concentrazione di api è drasticamente ridotta, il che si traduce in una carenza di impollinatori per le piante locali. Ma non è tutto: le api catturate in queste zone mostrano chiari segni di stress e sofferenza. Si registrano sistemi immunitari deboli, segni di aritmia cardiaca e presenza di sostanze tossiche come arsenico e piombo nel loro corpo. Questi effetti nefasti potrebbero avere conseguenze ancora più gravi sulle specie di api comuni, che non dispongono della stessa mobilità delle api indiane. Mentre le api nomadi indiane possono cercare rifugio in aree meno inquinate, le api comuni hanno un raggio d’azione più limitato e faticano a sfuggire all’inquinamento.

Questa situazione però non mette a rischio solo la sopravvivenza delle colonie: ha ripercussioni sulla salute degli ecosistemi in cui esse vivono.

Il declino delle api selvatiche, dunque, non è solo una questione di preoccupazione ambientale, ma anche di fondamentale importanza per la nostra stessa sopravvivenza. Ma cosa succederebbe se le api sparissero?

Un circolo vizioso

Le piante potrebbero cominciare a impollinarsi da sole: il processo è noto come autoimpollinazione. Risultato?

La probabilità di trasmettere i geni “cattivi” o recessivi alla generazione futura sarebbe maggiore.

Nel contempo si ridurrebbe la variabilità genetica all’interno delle popolazioni di piante, rendendole meno adattabili ai cambiamenti ambientali.

Le piante diventerebbero dunque più vulnerabili a malattie, parassiti e altre minacce, con conseguente diminuzione della loro sopravvivenza e dei loro tassi riproduttivi.

Ma qui sta il vero problema: questo ciclo di autoimpollinazione e perdita di variabilità genetica potrebbe a sua volta ridurre ulteriormente la popolazione di insetti impollinatori.

Questo perché le piante offrirebbero meno nettare e polline a causa della loro autoimpollinazione, riducendo così le risorse disponibili per gli insetti.

E così il ciclo continuerebbe, creando un loop deleterio che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi naturali.

Proteggiamo le api: l’appello di Greenpeace

Anche l’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista Greenpeace è scesa in campo a tutela delle api, ottenendo importanti risultati, quali la messa a bando definitiva di tre insetticidi neonicotinoidi dannosi per le api nell’Unione Europea. Ha altresì contribuito ad aumentare la consapevolezza sull’importanza della tutela degli insetti impollinatori e, attualmente, sta lavorando per creare luoghi di rigenerazione urbana, come il Bosco delle Api vicino a Cremona, dove gli insetti impollinatori possono vivere in pace.

 «Le api non producono solo miele, ma giocano un ruolo essenziale negli ecosistemi. Eppure, pesticidi, crisi climatica e inquinamento stanno uccidendo milioni di api ogni anno. Il nostro cibo, la biodiversità e la vita stessa del Pianeta dipendono da loro», si legge in una nota.
Oltre al dramma ambientale, gli attivisti toccano l’aspetto economico: un terzo del cibo che finisce sulle nostre tavole dipende direttamente dall’opera di impollinazione di queste piccole creature. «Solo in Europa, oltre 4mila specie di verdure raggiungono i nostri piatti grazie al lavoro instancabile delle api. Se queste sparissero, le conseguenze sulla produzione alimentare sarebbero catastrofiche e incalcolabili».

Ma la strada da percorrere è ancora lunga. Come evitare il declino delle api?

I prossimi obiettivi di Greenpeace: arrestare il declino

Bandire l’uso dei pesticidi dannosi per le api e gli altri insetti impollinatori;

Applicare rigorosi standard per la valutazione dei rischi dei pesticidi ed erbicidi;

Aumentare i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione di pratiche agricole ecologiche;

Esercitare pressioni sui governi affinché agiscano con urgenza contro le cause scatenanti dei cambiamenti climatici.

Numero verde ONA

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