PER IL SUPPORTO ALLA VITA DEGLI ASTRONAUTI NELLO SPAZIO, LA RICERCA SI STA CONCENTRANDO SULLA COLTIVAZIONE DI VERDURA PER INTEGRARE LE RAZIONI ALIMENTARI PRECONFEZIONATE. UN TEAM SCIENTIFICO TUTTO ITALIANO HA PROGETTATO GREENCUBE UN ORTO AUTOSUFFICIENTE LANCIATO POI IN ORBITA
Si chiama GREENCube il primo esperimento di orto spaziale progettato da ricercatori tutti italiani. Il team scientifico è composto da ENEA, Università Federico II di Napoli e Sapienza Università di Roma, in accordo con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
Il micro-orto che misura 30 x 10 x 10 centimetri è stato predisposto a bordo di un nano-satellite, lanciato in orbita dal vettore VEGA-C dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) dalla base di Kourou (Guyana francese).
«I piccoli impianti di coltivazione in assenza di suolo come GREENCube possono svolgere un ruolo chiave per soddisfare le esigenze alimentari dell’equipaggio», ha commentato Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie ENEA.
Un progetto della NASA è già in atto dal 2014. Gli astronauti sulla Stazione spaziale ISS (ISS dall’inglese International Space Station) hanno coltivato dentro una serra della lattuga a foglia larga.
Quello italiano, invece, è basato su coltura idroponica a ciclo chiuso. Il cubo è dotato di sistemi di illuminazione specifica e controllo di temperatura e umidità per rispondere ai requisiti restrittivi degli ambienti spaziali.
Il GREENCube è in grado di garantire un ciclo completo di crescita di microverdure. Fra le più adatte a sopportare condizioni estreme ad elevata produttività, per i venti giorni di sperimentazione., gli scienziati hanno selezionato il crescione.
«Le piante hanno un ruolo chiave come fonte di cibo fresco – ha spiegato Nardi – per integrare le razioni alimentari preconfezionate e garantire un apporto nutrizionale equilibrato, fondamentale per la sopravvivenza umana in condizioni ambientali difficili».
Una coltivazione hitech
Il satellite si compone di due unità: la prima contiene il GREENCube, dove alloggiano le microverdure in un ambiente pressurizzato e confinato.
La seconda unità ospita la piattaforma di gestione e controllo del veicolo spaziale. Un sistema integrato di sensori hi-tech per il monitoraggio e controllo da remoto dei parametri ambientali, della crescita e dello stato di salute delle piante, trasmetterà a terra, in totale autonomia, tutti i dati acquisiti.
Il sistema di coltivazione in orbita consentirà di massimizzare l’efficienza sia in termini di volume che di consumo di energia, aria, acqua e nutrienti.
«Dopo il successo del lancio del razzo e del rilascio in orbita del suo carico, stiamo aspettando con ansia le temperature ottimali interne per dare il via libera alla sperimentazione», continua lo scienziato.
Nel corso della missione, il team scientifico effettuerà anche nei laboratori a terra esperimenti di coltivazione all’interno di una copia esatta del satellite. Così da verificare gli effetti delle radiazioni, della bassa pressione e della microgravità sulle piante.
Un alimento fresco ed altamente nutriente
Il confronto tra i risultati degli esperimenti ottenuti nello spazio e a terra sarà cruciale per valutare la risposta delle piante alle condizioni di stress estremo e la crescita delle microverdure in orbita al fine di utilizzarle come alimento fresco ed altamente nutriente nelle future missioni.
«Oltre alla capacità di convertire anidride carbonica in biomassa edibile, gli organismi vegetali sono in grado di rigenerare risorse preziose come aria, acqua e nutrienti minerali», evidenzia Nardi. «Ma da non sottovalutare è anche il beneficio psicologico per l’equipaggio, derivante dalla coltivazione e dal consumo di verdura fresca che richiamano la familiarità di abitudini e ambienti terrestri per far fronte allo stress psicologico cui gli astronauti sono soggetti, dovuto alle condizioni di isolamento in un ambiente totalmente artificiale», conclude il ricercatore di ENEA.
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