venerdì, Marzo 21, 2025

Eliminare il Granchio blu. Un Piano Straordinario tra dubbi e critiche

Ultime News

PRESENTATO IL “PIANO STRAORDINARIO” PER IL CONTENIMENTO DEL GRANCHIO BLU, CHE MINACCIA L’ECOSISTEMA E LE ATTIVITÀ DI PESCA. LA LAV, LEGA ANTIVIVISEZIONE, CRITICA LA MANCATA ATTENZIONE AGLI EQUILIBRI NATURALI E SOLLEVA INTERROGATIVI SUL REALE IMPATTO AMBIENTALE DEL PROGETTO E L’ASSENZA DI INVESTIMENTI IN RICERCA

Il “Piano Anti-Pinza”: la guerra al granchio blu che minaccia i mari italiani

Un crostaceo dallo sgargiante colore blu è diventato il centro di un acceso dibattito politico e ambientale. Il granchio blu (Callinectes sapidus), specie aliena invasiva che proveniente dall’Atlantico, sta mettendo in crisi gli ecosistemi marini italiani e, con essi, le attività di pesca tradizionali.

Per affrontare questa emergenza, il 22 gennaio, al ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Commissario Straordinario per il Granchio Blu, Prefetto Enrico Caterino, affiancato dal direttore del Dipartimento per il Monitoraggio e la Tutela dell’Ambiente di ISPRA, Luigi Ricci, ha illustrato le linee guida del Piano di intervento per il contenimentov e il contrasto della diffusione del Granchio Blu.

Questo programma è il risultato di un articolato lavoro sinergico, orchestrato da ISPRA in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il CREA, le Capitanerie di Porto, nonché i ministeri e gli Enti territoriali delle Regioni maggiormente colpite dall’invasione di questa specie aliena.

Un piano da 10milioni di euro

Con un finanziamento di 10milioni di euro, stanziati nell’ambito del D.L. Agricoltura per il biennio 2025-2026, il piano si pone obiettivi strategici fondamentali: preservare la biodiversità degli ecosistemi minacciati, arginare la proliferazione del crostaceo invasivo, mitigare l’impatto economico sulle filiere produttive locali e favorire la ripresa delle attività di pesca e acquacoltura.

Il “Callinectes sapidus” si è infatti dimostrato un predatore vorace, in grado di causare gravi danni agli ecosistemi marini e mettere in crisi la produzione della vongola filippina (Ruditapes philippinarum), una specie introdotta artificialmente negli anni Settanta e oggi cardine della molluschicoltura italiana. Fin qui, l’iniziativa non fa una piega ma c’è un ma…

Le critiche di LAV: una prospettiva mancata 

Secondo il ministero dell’Agricoltura, il piano dovrebbe tutelare la biodiversità degli habitat costieri e proteggere le attività di pesca tradizionali. Tuttavia, la strategia principale consiste nell’eliminazione diretta del granchio blu tramite cattura intensiva e successivo smaltimento.

Questo approccio, pur necessario per fronteggiare l’emergenza, ha suscitato perplessità sia in ambito scientifico sia tra gli ambientalisti, che sottolineano l’assenza di misure strutturali e innovative, come il monitoraggio a lungo termine delle popolazioni invasive, l’impiego di metodi biologici di contenimento o la promozione di un mercato gastronomico per valorizzare economicamente il granchio blu.

Giulia Giambalvo, responsabile dell’area animali esotici della LAV, Lega Anti Vivisezione, ha espresso forte preoccupazione: «Si tratta di una scelta politica che mira, ancora una volta, a garantire e difendere gli interessi economici del settore dellallevamento e della pesca intensiva – ha detto -. Il piano appare come uno strumento per tutelare la biodiversità, nonostante il settore della pesca abbia un forte impatto negativo sugli ecosistemi e sugli animali marini».

Una delle principali lacune del Piano, secondo la LAV, è la mancata considerazione del ruolo dei polpi, predatori naturali del granchio blu. La pesca intensiva di questi cefalopodi riduce drasticamente la loro capacità di regolare la proliferazione del granchio blu in modo naturale.

Un paradosso economico ed ecologico

Il granchio blu rappresenta un paradosso: è stato introdotto accidentalmente negli ecosistemi italiani a causa delle attività umane, probabilmente attraverso l’acqua di zavorra delle navi, utilizzata dalle imbarcazioni per stabilizzare il carico durante la navigazione. Questa, viene prelevata in un porto e poi dopo rilasciata in un altro, ma durante il processo, larve, uova o piccoli organismi di specie marine alloctone possono essere trasportate involontariamente da un ecosistema all’altro, contribuendo così alla diffusione di specie aliene.

Oggi il granchio blu viene visto come un nemico da eliminare per preservare un’altra specie non nativa, la vongola filippina. Quest’ultima, però, introdotta negli anni Settanta per fini commerciali, è oggi una risorsa economica di grande valore.

Secondo la LAV, questa situazione dimostra come il profitto economico prevalga ancora una volta sull’equilibrio ecologico. «La tutela degli ecosistemi marini deve essere una priorità, anche per proteggere la biodiversità», aggiunge Giambalvo, sottolineando che l’iniziativa non affronta le cause profonde del problema, ma si limita a intervenire sulle sue conseguenze. E non finisce qui.

I limiti del “contenimento”. Eradicare il granchio blu? Mission impossible

Gli esperti avvertono che la totale eradicazione del granchio blu è, di fatto, impossibile. Questo crostaceo è estremamente adattabile e prolifico, con una capacità di sopravvivenza che lo rende un “super-predatore” nelle acque italiane. Senza un approccio integrato, che includa misure di controllo naturali come la protezione dei predatori e il ripristino degli equilibri ecologici, qualsiasi piano rischia di essere inefficace nel lungo termine.

Un’occasione mancata?

Nonostante i cospicui fondi stanziati, gli ambientalisti lamentano l’assenza di investimenti in ricerca per soluzioni innovative e sostenibili. Tecnologie avanzate, come l’utilizzo di trappole ecologiche o metodi per il controllo della riproduzione del granchio, non vengono considerate nel Piano.

Inoltre, l’idea di utilizzare il granchio blu come risorsa alimentare, già sperimentata in alcuni Paesi, rimane ai margini del dibattito. Questo approccio potrebbe trasformare una crisi ecologica in un’opportunità economica, riducendo al contempo l’impatto ambientale delle catture indiscriminate.

Insomma, il granchio blu è il sintomo di un problema più ampio: la fragilità degli ecosistemi marini di fronte alle attività umane e alle scelte economiche miopi.

Un “Piano-rattoppo” per il granchio blu ma il mare resta nei guai

Mentre il governo si concentra sull’eliminazione immediata del granchio blu, le critiche di associazioni ambientaliste come LAV sollevano interrogativi sull’efficacia e la visione di lungo periodo del piano. L’approccio attuale, basato su cattura e smaltimento, appare più un “rattoppo” d’emergenza che una strategia strutturale capace di risolvere le problematiche che affliggono i nostri ecosistemi marini.

Senza una pianificazione che consideri le cause alla radice del problema – come il cambiamento climatico, l’aumento delle specie aliene e la pesca non regolamentata – il “Piano straordinario” rischia di essere un semplice cerotto su una ferita che richiede ben altro tipo di cura.

Le “pinze” sul granchio blu devono quindi trasformarsi in leve per un cambiamento più profondo, che tuteli i nostri mari e garantisca un equilibrio sostenibile per le generazioni future.

Numero verde ONA

spot_img
spot_img
spot_img

Consulenza gratuita

    Articoli simili