“LE LAME DI BARI E LE LORO ANTICHE STORIE; LE GROTTE, GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI FRA JONIO E ADRIATICO E I LORO PERSONAGGI”. (quarta puntata)
Le quattro puntate
Prima puntata: Le lame, le grotte e gli insediamenti rupestri in Puglia
Seconda puntata: Lama Balice e le diecimila orme: “quando a Bari passeggiavano i Dinosauri”
Terza puntata: La Civiltà Rupestre fra Ionio e Adriatico
Quarta puntata: Gli insediamenti rupestri di Fasano e Monopoli
Testi a cura della professoressa Angela Campanella
Le lame e la civiltà rupestre
Osservato dal Belvedere della Selva di Fasano o dai monti di Cisternino (Brindisi), il verde argenteo degli ulivi che si distende dalle colline al mare, sembra una coltre ininterrotta di terra piana, fertile e generosa. In essa però si aprono lunghi avvallamenti, trasversali alla linea di costa, che interrompono la linearità del territorio compreso fra Ostuni, Monopoli e oltre. Si tratta delle caratteristiche formazioni geologiche che vanno sotto il nome di lame.
Lame sono definite in termini geologici quelle incisioni erosive poco profonde, tipiche del paesaggio pugliese, che convogliano le acque piovane dell’Alta Murgia verso il tratto finale del bacino idrografico cui appartengono. Sono denominate lame anche i tratti terminali delle gravine, termine che designa invece solchi profondi, a volte profondissimi, con sponde molto ripide, come quelle dell’Arco Ionico, fra Ginosa e Massafra.
Un tempo, nell’accezione comune fra gli abitanti di zone pianeggianti, lama stava per pantano, acquitrino, anche impluvio o vallecola, più raramente valle. Quando il termine si estese a zone calcaree molto permeabili finì con il designare avvallamenti e declivi che raramente presentano acqua perenne sul fondo; circostanza che invece si verifica a ridosso di piogge di forte o fortissima intensità.
Le più studiate e le più emblematiche sono sicuramente le lame di Fasano e Monopoli che hanno rappresentato il primo sicuro approdo per quanti fuggivano dalle guerre o dalle persecuzioni in oriente.
Caratteristica di queste lame è la presenza di numerose cripte nascoste fra le rocce affioranti e sovrastate quasi sempre da molteplici masserie fortificate sorte sui pianori e ai bordi delle lame. La difficile accessibilità dei luoghi e la presenza di acqua aveva consentito, allo spegnersi delle civiltà rupestre, il sorgere di casali e masserie alla luce del sole.
Masseria Spina
Significativa a tale proposito è la Masseria Spina, una tra le più antiche dimore d’epoca di Puglia, con alle spalle una lunga e affascinante storia, iniziata nel sedicesimo secolo, su un territorio già abitato dall’uomo nel periodo alto medievale.
Sono visibili infatti le tracce di antichissime palificazioni, di una piccola necropoli e di insediamenti rupestri con grotte affrescate, segno tangibile della presenza, fra il nono e il dodicesimo secolo, di una comunità piuttosto numerosa.
Successivamente, tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, intorno alla cosiddetta Chiesa Minore, furono realizzate dalla popolazione locale due torri e locali impiegati per le attività agricole, assumendo così l’aspetto di un borgo, nel quale si contavano circa cento focolari. Il complesso monumentale è stato completato nel diciottesimo secolo con la Chiesa dell’Immacolata. Ora è un confortevole Resort.
Fasano e Monopoli
Gli ampi studi effettuati in territorio di Fasano e Monopoli hanno posto in evidenza le tante, ricchissime testimonianze di una antica civiltà rupestre.
Sono documenti che lasciano intravedere una vicinanza di costumi, di forme di vita, di culto e di sentimento tra oriente e occidente, per cui si può affermare che l’Adriatico più che dividere abbia unito le due sponde.
Purtroppo buona parte di questo patrimonio di valore inestimabile è andato in rovina per l’incuria degli uomini e per la furia degli elementi per cui bisognerebbe tenere sempre alta l’attenzione degli studiosi e delle istituzioni per salvare quanto ancora rimane di quel fenomeno particolarissimo che va sotto il nome di “civiltà rupestre”.
Originariamente attribuita a monaci e a eremiti, ha mostrato chiari segni del vivere in grotta di intere comunità o di nuclei isolati quale libera e cosciente scelta di vita. Molteplici furono i fattori che determinarono questa scelta.
Questa civiltà volle e seppe conservare il suo carattere peculiare, quel “vivere in grotte” favorito da fattori fisici e ambientali (quali il tufo friabile), condizioni sociali e culturali (la povertà e la scarsa mobilità del mondo rurale) e soprattutto le particolari condizioni storiche come la crisi delle città, le invasioni e le guerre. Questo modo di vita espresse pienamente e per un lunghissimo arco di tempo le esigenze della cultura popolare e gli interessi della società contadina.
L’influenza dei monaci ortodossi
I monaci greci ai quali si è attribuita da sempre la fase originaria della civiltà rupestre, in particolare quelli che sfuggivano alla furia iconoclasta di Leone III Isaurico, rimasero certamente una presenza importante, tanto che per un lungo periodo il culto bizantino prevalse su quello latino, ma ad essi si affiancarono anche massicce immigrazioni di esponenti di classi dirigenti bizantine che con il miraggio di raggiungere Roma, facevano tappa in Puglia. Questo fenomeno influenzò anche la gerarchia ecclesiastica, la liturgia, il diritto, l’arte, la lingua e persino l’attività letteraria dei territori frequentati.
Con l’arrivo dei Normanni si assistette ad un cambiamento della mentalità e della religiosità e si passò anche ad una nuova concezione stilistica per cui cominciarono ad alternarsi alle forme planimetriche orientali quelle nordiche benedettine.
L’eremitismo
Bisogna ricordare che al tempo vigeva la stretta regola di vivere la vita monacale secondo la regola di San Basilio cioè in eremitaggio o meglio, secondo la Scala Paradisi di San Giovanni Climaco, in eremitaggio anacoretico, cioè soli nel silenzio. Al più con un altro monaco o con altri due. Oppure in eremitismo cenobiale, cioè con altri asceti, organizzati in comunità con a capo uno di loro, scelto fra i più vecchi: l’egumeno. I reperti archeologici in territorio di Fasano consegnano tracce di eremitismo vissuto secondo tutti e tre i moduli citati.
Sotto la spinta delle invasioni arabe e normanne, masse di contadini diventarono servi affrancati alle dipendenze di un monastero dove l’egumeno e i monaci li indirizzavano verso un maggior sviluppo economico, innovando le colture e facendo rinascere l’agricoltura e le attività di trasformazione, in particolare la molitura delle olive.
Nacque così anche la necessità di luoghi di culto, cioè di chiese in grotta anche decorate da affreschi con un Cristo Pantocratore e Santi raffigurati con le stesse sembianze degli operosi contadini. Le strutture architettoniche delle cripte fanno pensare alla presenza già intorno al Mille di una scuola artigiana e di maestri lapicidi specializzati nella lavorazione della pietra. Gli schemi pittorici si ispirano ai modelli bizantini, ma conservano anche tradizioni del posto.
Fasano, la Cripta di Lama d’Antico
Si potrebbe definire una basilica rispetto alle altre chiese rupestri della zona. Si trova nella lama della Masseria Signora Cecca. La comunità che si raccoglieva in questa chiesa rupestre doveva essere più numerosa delle altre, come è attestato dall’ampiezza della cripta e dalle numerose grotte che si trovano nella lama stessa.
Di fronte alla chiesa è scavata una grotta a più ambienti e con la caratteristica lunetta sulla porta. Doveva essere l’abitazione dell’egumeno. A poca distanza si vede una serie di buche nella roccia che farebbero pensare alla cosiddetta “farmacia” di Massafra.
Le pareti presentano piccoli loculi che danno l’idea di una columbaria dove i Romani deponevano le urne cinerarie. La chiesa presenta un ingresso maestoso sormontato da tre archi. La pianta è rettangolare divisa in due navate da una serie di pilastri con archi, una più grande e una più piccola e più bassa.
Lungo la parete che va dalla porta d’ingresso sino a tutto il perimetro della navata più piccola è incavata una serie di ventitré archetti; lungo le stesse pareti sono scavati dei sedili. In fondo a questa navata, su un piano più elevato, si apre una piccola abside con un altare e un sedile a braccioli (cathedra), separato dagli altri sedili da un muretto. In fondo alla navata più grande su un piano più elevato si apre l’abside, non troppo grande, e a destra di essa una piccola nicchia. La cripta doveva essere tutta affrescata come pure la serie degli archetti.
Una terra dimezzo
Percorrendo questa lama ci si sente come in una terra dimezzo: lontano il fischio del treno che passa sul ponte della vicina strada ferrata e il rumore sordo dato dall’incessante passaggio di camion e macchine sulla superstrada. Tutt’intorno è silenzio appena rotto dall’abbaiare di un cane e dal canto degli uccelli. La vita di questo antico villaggio si è come fermata all’improvviso; rimangono quali vigili sentinelle del passato le rocce, i secolari alberi di ulivi, i fichi selvatici, i carrubi e i cespugli di capperi avvolti dal vento del vicino mare.
Fasano/Monopoli, Contrada Lamalunga
La contrada è intensamente punteggiata da antiche masserie dalla tipica struttura produttiva e difensiva. Alti muri di protezione, torrette di guardia, canaline di scorrimento per grate e saracinesche, piombatoi, caditoie, a volte piccoli ponti levatoi dimostrano l’assetto difensivo della masseria. Qui, infatti, si rinchiudevano gli abitanti, con animali e provviste, in caso di assalti dal mare o per proteggersi dai frequenti e sanguinosi attacchi di briganti nascosti nei folti boschi delle colline. La presenza di acqua nella lama e gli ampi pozzi consentivano sicure riserve anche per i lunghi mesi di siccità nonostante i quali il terreno limaccioso rendeva fertili i campi.
La Masseria Lamalunga, fra il territorio di Monopoli e quello di Fasano, ne è un prototipo. Non lontano dalla masseria si rinviene la cripta e l’omonimo insediamento rupestre.
Quello di Lamalunga è stato sicuramente un insediamento monastico anche se ciò che ci è pervenuto induce a pensare che nella lama abitassero in grotta anche comunità di contadini. La cripta con l’annesso complesso monastico si trova a 300 metri circa dalla masseria che porta lo stesso nome, nella omonima contrada.
Il tutto è scavato nella roccia in un piccolo avvallamento e la cripta si trova al centro di esso. Una scaletta rudimentale conduce sulla parte superiore della cripta.
La cripta
Ad essa si accede per una porta non molto larga al di sopra della quale c’è una caratteristica lunetta. La cripta ha una forma rettangolare con un’aula d’ingresso e il presbiterio, cioè lo spazio riservato al clero che ha in fondo l’abside a pianta semicircolare.
Nella cripta non mancano iscrizioni in latino così come in altre cripte: fedeli che si raccomandavano alla protezione di un santo, frasi deprecative, ringraziamenti per miracoli ricevuti.
Nell’abside è affrescata la Déesis (Cristo fra la Madonna e San Giovanni Battista). Il Cristo, aureolato, con la destra benedice alla greca e con la sinistra sostiene il libro dei Vangeli sul quale è riportato in due colonne su sei righe il passo di San Giovanni: “Io sono la luce del mondo….”
Molto interessante la presenza di tre grandi locali scavati nella roccia ai lati della cripta. In uno di questi, situato a destra, si affacciano una decina di piccole celle poste intorno ad esso. È probabile che servisse come locale di lavoro per i monaci e che successivamente fosse stato modificato in frantoio per la molitura delle olive.
Anche in quello di sinistra si affacciano diverse celle compresa una a due ambienti che sarà servita come cella per l’egumeno. Il locale attiguo potrebbe essere stato adibito a refettorio o a sala riunioni. Si tratta di un primo interessante esempio di “cenobio”, cioè di una piccola comunità di religiosi che sarà il preludio dei grandi monasteri benedettini.
Non solo in Puglia
I due insediamenti rupestri citati sono solamente due esempi di quello che fu un fenomeno “sui generis”, un aspetto peculiare della civiltà medievale e che si esaurì intorno alla fine del quattordicesimo secolo. Tante sono state le definizioni attribuite a questo unicum anche per esporre la natura non trogloditica della vita in grotta, ma sicuramente le definizioni più vicine alla realtà delle cose sono: “civiltà agro-urbana” o “civiltà rupestre”.
La pratica di abitare in queste città rurali in muratura o scavate nella roccia non è solo della Puglia e dell’Italia Meridionale, ma si ritrova con frequenza maggiore o minore in quasi tutte le aree del bacino del Mediterraneo.
In Siria, ad esempio, già prima dell’occupazione romana, si afferma l’uso della necropoli rupestre, continuata poi fino al secondo, terzo secolo d.C. nella forma dell’ipogeo isolato, e fino al quinto, sesto secolo nella forma di complessi rupestri più articolati sviluppatisi intorno a villaggi agricoli.
Un uso del tutto particolare fu fatto nel periodo delle Crociate in funzione di vere e proprie fortezze nella roccia, come quella di El-Habis a sud-est del Lago di Tiberiade.
La Cappadocia
La Cappadocia offre il maggior numero di chiese grotte finora studiate. Meno noti sono i suoi villaggi trogloditici di cui le cappelle fanno sempre parte. Tra i villaggi più importanti da ricordare quello di Zelve, un villaggio a parete dotato di numerosissime abitazioni a differenti livelli con locali di passaggio, scale, canali, cappelle, stalle, depositi e piccionaie.
Cappelle e monasteri rupestri non mancano, sebbene in misura inferiore, in tutte le altre regioni dell’Asia Minore e anche in Serbia, in Bulgaria, in Albania.
Per quanto riguarda l’Italia Meridionale, oltre quelli pugliesi, numerosi sono gli insediamenti rupestri superstiti in Sicilia, Lucania, Calabria e Campania.
Questo dimostra l’estensione e la complessità del fenomeno sul quale è difficile indagare e tracciare carte particolareggiate anche sul tipo di agricoltura ad esso connessa.
Affettuosa riconoscenza va a quanti nel tempo si sono occupati di questa parte di rilievo della nostra storia e del nostro ambiente naturalistico, ne hanno fatto e ne fanno oggetto di convegni e di pubblicazioni, nella speranza che tutto questo patrimonio che ha viaggiato miracolosamente nel tempo non vada distrutto dalla civiltà tecnologica proprio alle soglie del terzo millennio.
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