Si definisce particolato atmosferico la concentrazione di particelle, naturali o prodotte dall’uomo, presenti nell’atmosfera terrestre, analizzata sia in zone sia urbane, sia extraurbane.
Non solo in acqua ma anche aero-dispersa la plastica minaccia la salute dell’uomo fin dentro la propria casa
Nel particolato atmosferico in genere è presente anche lo ftalato, una sostanza chimica organica, che deriva dal petrolio, il cui impiego è molto diffuso per aumentare la flessibilità e la durata della plastica.
Gli ftalati sono utilizzati soprattutto nella plastica dei contenitori alimentari, delle pavimentazioni, nei saponi per le mani e negli shampoo. E, prima della messa al bando, erano contenuti anche in alcuni prodotti per l’infanzia.
«Si ritiene che in ambienti indoor – dichiara il prof. Alessandro Miani, presidente di SIMA, Società Italiana di Medicina Ambientale – causa anche il minor ricambio d’aria, la loro concentrazione sia maggiore, in quanto si tratta di molecole che si liberano nell’aria per usura di arredi e manufatti plastici, normalmente presenti nelle stanze di case e uffici».
Gli ftalati li ingeriamo mangiando
Secondo uno studio condotto dalla George Washington University e pubblicato sulla rivista Environment International, gli ftalati li ingeriamo, ad esempio, anche mangiando i panini e i sandwich consumati in un fast-food, al ristorante o alla tavola calda. Oppure ingerendo latte intero, panna e carne grassa o pollame, perché l’uso intenso di queste sostanze, nel corso di decenni, ha contaminato il suolo e, di conseguenza, anche il mangime per gli animali.
Il rischio per la salute connesso agli ftalati indoor è, quindi, molto serio. Secondo la ricerca, gli adolescenti che mangiano fuori di casa hanno fino al 55% di ftalati in più nel corpo rispetto ai coetanei che mangiano a casa.
Una comunicazione dell’Unione Europea, stabilisce che gli interferenti endocrini con effetti certi di interferenza col sistema endocrino sono 66 e ve ne sono altri 52 per i quali non esistono prove sufficienti a una classificazione sicura.
«Queste molecole aero-disperse – prosegue Miani – sono interferenti endocrini, sostanze in grado di interferire con l’organismo e alterare l’equilibrio ormonale, che è fondamentale per lo sviluppo del feto, per la crescita del bambino, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive. Più esposta al rischio, dunque, c’è la fascia di popolazione più debole: neonati, bambini e giovani adolescenti».
In Italia, il Gruppo di Ricerca coordinato dal Prof. Gianluigi De Gennaro dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” – riferimento scientifico nazionale per la ricerca sulla qualità dell’aria indoor – è impegnato nel monitoraggio della qualità dell’aria di ambienti confinanti, come ospedali, centri commerciali, scuole e negozi.
Grazie a un dispositivo in grado di monitorare il livello di inquinanti nell’aria, collegato a sistemi di purificazione ed areazione, è possibile ridurre di molto l’impatto sulla salute di chi vive, opera e frequenta i suddetti contesti.
«A tutt’oggi non esiste ancora una legislazione sulla qualità dell’aria indoor», chiarisce il Prof. Alessandro Miani «ma si stima che nei Paesi sviluppati la popolazione passi il 90% del proprio tempo in ambiente chiuso come case, uffici e scuole, dove la qualità dell’aria diventa cruciale per la salute e per il benessere. L’aria indoor, infatti», conclude Miani, «può essere più inquinata rispetto a quella outdoor perché gli inquinanti esterni vengono intrappolati e si accumulano, perché vi sono inquinanti propri delle abitazioni e perché le varie attività umane (cottura dei cibi, pulizia della casa ecc.) contribuiscono alle emissioni di ulteriori inquinanti».