Una lettera immaginaria di Federico II alla natura
Prefazione: Questa rubrica è il frutto di una ricerca dell’architetto Domenico Tangaro, durata tre anni (Domenico Tangaro Arte). Il testo è quello di una lettera immaginaria che l’Imperatore Federico Ruggero di Hohenstaufen scrive alla sua amata. Nello scritto, lo “Stupor Mundi” descrive i luoghi dove è vissuto e cosa da questi ha percepito. Federico II di Svevia, come ben si sa, è stato un imperatore di grande cultura. Nel suo “De arte venandi cum avibus”, un testo sulla falconeria, il “Puer Apuliae” descrive anche le proprie osservazioni sulla natura.
Verso Roma – Capitolo II
Tutto ciò trasmetteva, insieme al linguaggio dell’architettura e dell’ornamentazione, la raffinata magnificenza e l’eterna potenza dei Sovrani. Esprimendo messaggi di pace, di ordine. Esaltandone le più straordinarie valenze ed emanando il senso del “paradiso terrestre” costruito.
Il Potere si esprimeva con il dominio della natura, una natura fonte di godimento, un universo da esplorare e da conoscere.
Questo è ciò che ho appreso da fanciullo, vivendo la vita di Corte. Ricevendo l’educazione che mi si addiceva al ruolo, leggendo e interiorizzando, attraverso i miei primi maestri arabi, la cultura e la conoscenza. Osservando e allevando, inoltre, nei grandi parchi reali, animali d’ogni genere.
Compresi che era un patrimonio straordinario da salvaguardare e, nei limiti dell’immenso impegno politico, mi adoperai a farlo. Riproducendolo, nelle numerosissime dimore che ho costruito nel mio regno e, soprattutto, in Puglia.
La Sicilia di Federico II di Svevia
Per conoscere la natura e la sua armonia, ho voluto inizialmente restaurare i giardini palermitani de la Milza con l’annessa colombaia. Ho voluto estendere la rete dei solacia su tutta l’isola. Ho realizzato il vivaio di San Cosmano nei pressi di Augusta, dove ho fatto erigere una “habitatio …ad opus nostrum tantum…” sulla grande sorgente di Burgimillusi e i casali per i solacia sul fiume Stefano tra Sciacca, Girgenti e Licata.
In una Sicilia poco abitata, le colture cerealicole si fondevano con quelle specializzate introdotte dagli arabi. E, nelle estese aree libere ho dedicato particolari cure alle foresteentro cui mi esercitavo alla caccia. Soprattutto lungo l’arco montuoso che si affaccia sul Tirreno e sulla costa jonica tra Messina e Siracusa. Una vasta rete di boschi e parchi tra castelli, lontani dai centri abitati. Foreste in cui la selvaggina, i cervi, i daini, i caprioli, i lupi, i conigli, le volpi, si moltiplicavano in abbondanza.
La selvaggina più numerosa era costituita da pernici e quaglie, riservate all’attività aristocratica della falconeria. Quindi, colombi, merli, allodole, fagiani e francolini. La carta dell’isola sulla caccia in Sicilia, consentiva di avere una percezione della dislocazione sul territorio di boschi, foreste e solacia, nonché della diffusione della selvaggina.
I boschi di querce
L’estesissimo patrimonio naturale dell’isola si distribuiva in tre grandi aree. A nord, l’immenso parco di Palermo. Città cinta da mura, attorniate a loro volta dalla grande foresta di Partinico, Bagheria e Carini, che accerchiava l’area della Conca d’Oro. Creando un ampissimo ambiente boschivo intorno all’“urbis regia”, che raggiungeva il massiccio montuoso della Busambra, Godrano e Caronia.
Con castelli nei vasti boschi di querce, querce da sughero e oleastri, raggiungendo Cefalù e Castelbuono. Spingendosi oltre Ristretta, parchi e “solacia” caratterizzati da estesi boschi di querce, che producevano ghiande in abbondanza. Che si interrompono in corrispondenza delle creste dei Nebroidi e dei Peloritani, raggiungendo le porte di Taormina, e attorniando le antiche capitali di Troina, Demenna e Messina.
L’armonia della natura in Puglia
In Puglia ho concretizzato, realizzandolo, il mio imponente programma di imprese costruttive. Facendo erigere, nella mia terra d’elezione, in zone accuratamente scelte per la particolare bellezza naturale e per la vocazione venatoria, numerose residenze di caccia.
Edifici mirabili, incastonati nella cornice naturale dei parchi, dei giardini ricchi d’acqua sapientemente canalizzata, di piante e di animali. Sono residenze che vivo e amo esibirle come attributi della mia regalità.
In prossimità delle “domus solaciorum”, derivate dalle “domus solacia” siciliane, e dei castelli di caccia, in molti casi, ad esse collegate, ho fatto costruire le “masserie regie” alla cui gestione ho dedicato una straordinaria cura.
E da cui è nato un atteggiamento culturale di chiara matrice arabo-normanna, orientato a mantenere un equilibrato rapporto tra le varie attività umane, legate alla natura: l’agricoltura, le foreste e l’allevamento. Così mi sono avvicinato all’armonia della natura.
Nello splendido “palatinum” di Foggia, ho ospitato le grandi feste di corte, e nel “palazzo/torre” di Lucera ho raccolto le ricchezze e le meraviglie esotiche del serraglio, incantando, con stupore, gli ospiti, provenienti da tutta la penisola.
Gli uccelli acquatici di San Lorenzo in Pantano
Intorno a Foggia, un ambiente ricco di laghi, paludi e boschi, ho fatto sorgere fitte dimore imperiali di cui un esempio superbo è San Lorenzo in Pantano.
Con un parco ricco di animali in libertà intorno al palazzo e un grande vivaio di uccelli acquatici impiantato nel “pantano”. Dove, un sistema di stagni, bacini e canali d’acqua dolce, vengono regolamentati con sapienza, da esperti musulmani che hanno già costruito e gestito, i giardini e le sontuose dimore palermitane.
Le residenze della Capitanata
In Capitanata ho costruito residenze d’ogni tipo; ville rustiche in collegamento con fattorie: Sala, Salziburgo, Lucera; i padiglioni di caccia a Sant’Agapito; le residenze urbane fortificate che hanno assunto l’aspetto di palazzo/torre di Lucera e Fiorentino; i castelli di caccia isolati in prossimità di riviere e foreste come quello di Andria a Castel del Monte, Gravina, Lagopesole, Palazzo San Gervasio, Belvedere e le domus di Apricena, Salpi, Incoronata.
Palazzi e luoghi di sollazzi, adagiati tra specchi d’acqua e giardini. Luoghi ricavati tra arcigne mura di castelli, con finestre rivolte, per mia volontà, verso il mare, il lago o la foresta.
Segue “Verso Roma” – Capitolo III