L’EDERA VELENOSA, NON È SOLO LA PIANTA RAMPICANTE, CESPUGLIOSA, ARBUSTIVA E INFESTANTE CHE CONOSCIAMO. CIÒ CHE LA RENDE ANCORA PIÙ MISTERIOSA È IL SUO ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE STANNO TRASFORMANDO IL NOSTRO PIANETA
L’edera velenosa: un misterioso intrigo botanico
L’edera velenosa, comunemente chiamata “sommacco velenoso” o “edera del Canada” (Toxicodendron radicans), è un rampicante che appartiene alla famiglia delle Anacardiacee, diffusa in Nord America e America centrale. Nonostante il nome, non ha nulla a che vedere con l’edera ornamentale comune (Hedera helix).
L’affascinante “canadese” si nasconde tra i boschi, i prati e i giardini; può assumere varie forme e adattarsi a una vasta gamma di habitat, dall’ombra delle foreste alle radure soleggiate.
Ciò che la rende così affascinante, è la sua abilità di confondere i sensi con la sua mutevolezza: può presentarsi come un rampicante serpeggiante, un cespuglio denso, un piccolo arbusto o addirittura un tappeto erboso.
Anche le sue foglie, di varie dimensioni e sagome (lisce o dentellate), rendono difficile il riconoscimento della pianta.
E questa è una caratteristica pericolosa. Come facilmente intuibile dallo stesso nome, l’edera velenosa è infatti tossica. Rilascia una sostanza chimica chiamata urushiol, che provoca vesciole pruriginose e dolorose. Ma c’è un altro mistero che circonda questa pianta: il suo rapporto con il cambiamento climatico.
Uno strano nesso
I biologi Lewis Ziska dell’Università della Columbia e Jacqueline Mohan dello United States Botanic Garden di Washington D.C., hanno condotto un singolare esperimento.
Hanno esposto l’edera velenosa a livelli di anidride carbonica che, secondo le stime, il pianeta dovrebbe raggiungere alla fine del XXI secolo.
Il risultato è stato stupefacente: la pianta ha prosperato rigogliosa, come se avesse beneficiato della CO₂, assorbendola e trasformandola in una forza vitale.
Come mai?
A spiegare il mistero è Ziska.«Quando l’anidride carbonica aumenta, le piante rampicanti ne traggono particolare beneficio. Non devono produrre legno; si appoggiano agli alberi circostanti e sfruttano il surplus di carbonio per far crescere fusti e foglie».
Questo “patto con il carbonio” ha reso l’edera velenosa un avversario ancora più temibile.
Ma c’è un’altra scabrosa rivelazione: dopo l’esperimento la pianta ha affilato le sue armi tossiche.
Di conseguenza, in un ipotetico scenario climatico del futuro, si presume che il sommacco possa produrre una forma di urusciolo ancora più allergenico, in grado di scatenare reazioni cutanee ancora più violente.
Guardiamo adesso la pianta da una prospettiva diversa.
L’edera non è poi così cattiva
Mentre per l’uomo rappresenta un nemico insidioso, altre creature beneficiano del potere del rampicante.
Susan Pell, direttrice esecutiva dello United States Botanic Garden di Washington D.C. svela l’arcano.
«A parte l’uomo, l’edera velenosa non causa reazioni allergiche nelle altre specie animali. Al contrario, i suoi semi rappresentano un’importante fonte di cibo per molti uccelli, mentre le sue foglie sono un prelibato banchetto per erbivori come i cervidi».
In aggiunta, la sua abilità di mettere radici anche nei terreni più aridi e la sua rapida crescita la rendono un alleato prezioso nella lotta contro l’erosione.
Impariamo a conoscere le piante
In un’epoca caratterizzata dalla scarsa conoscenza delle piante, che gli inglesi definiscono “plant blindness” cioè cecità alle piante, questa creatura velenosa sprona pertanto alla ricerca e alla consapevolezza.
«È una pianta molto poliedrica. A volte ci sono esemplari diversi anche all’interno della stessa popolazione», prosegue Pell. Nella stessa area, la studiosa ha potuto osservare, ad esempio, piante con foglie di 2,5 cm, mentre altre erano grandi quanto un viso umano.
Sicuramente non è facile distinguerla, ma se si dedica un po’ di tempo a osservarla e conoscerla, l’edera velenosa diventa inconfondibile.
Durante un’escursione, Pell, esperta di questa pianta, ha fatto notare come le giovani foglie di edera velenosa siano simili a quelle della vite americana.
«Quando sono giovani può essere molto difficile distinguerle», afferma. Ergo: in caso di dubbi, meglio non toccarla.
Quanto alla tossicità, una vecchia credenza, secondo cui le piante a tre foglie sono velenose, sembrerebbe trovare conferma nella protagonista della nostra storia.
Tuttavia ci sono molte piante che pur presentando steli a tre foglie sono innocue e meritano di essere conosciute e ammirate: il trillium, il trifoglio, il lampone e molte altre.
Insomma: occhio allenato, pericolo evitato!
Fonti
National Gegraphic