La crescita demografica nel “Vecchio continente” e le scarse risorse naturali usate, poi, in maniera insostenibile e, quindi, una richiesta crescente di materie prime, spesso importate da Paesi politicamente instabili, hanno indotto l’Unione Europea a mettere in atto politiche di economia circolare e bioeconomia.
L’economia lineare causa dell’inquinamento ambientale
Il modello di economia lineare, utilizzato fino a oggi, è stato una delle principali cause di inquinamento ambientale in Europa: i prodotti che hanno origine dalle materie prime che il pianeta è in grado di rigenerare, una volta utilizzati producono rifiuti da conferire in discarica.
Ogni anno, nell’Unione si generano complessivamente 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti (circa 5 tonnellate pro capite), il 10% dei quali è costituito da rifiuti urbani.
Per ridurre, da un lato, la richiesta di risorse e, dall’altro, l’immissione di gas serra e la generazione di rifiuti, il Parlamento europeo, di recente, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha approvato a larghissima maggioranza (580 sì su 661 votanti) il pacchetto sull’economia circolare.
I principi base sono prevenire la creazione dei rifiuti, riparare e riciclare i prodotti e il recupero energetico tramite i termovalorizzatori.
Tutti gli Stati membri hanno due anni di tempo per recepire la direttiva quadro, che prevede di riciclare almeno il 55% dei rifiuti urbani domestici e commerciali entro il 2025, per arrivare al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. L’obiettivo per gli imballaggi è di riciclarne il 65% entro il 2025, per arrivare al 70% entro il 2030, con percentuali specifiche per i diversi materiali.
In linea con gli obiettivi ONU per lo “Sviluppo sostenibile”, il pacchetto prevede anche la riduzione degli sprechi alimentari: meno il 30percento entro il 2025 e meno il 50percento entro il 2030.
Oggi usiamo una volta e mezza le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare: occorre “chiudere il cerchio”. Con un quadro legislativo univoco e condiviso, l’UE intende sostituire al modello “usa e getta” il principio “riusiamo/ripariamo”, in grado di tradurre i costi della transizione in vantaggi ambientali – riduce le emissioni di CO2 – ed economici, immediati e futuri.
Il recente rapporto dell’EEA, European Environment Agency – Agenzia europea dell’ambiente, “L’economia circolare e la bioeconomia – Partner nella sostenibilità”, sostiene che “l’implementazione delle politiche di economia circolare e di bioeconomia, in tandem, migliorerebbe l’efficienza delle risorse e ridurrebbe le pressioni ambientali”.
Le nuove norme aggiornano i testi delle direttive su riciclo dei rifiuti solidi urbani, imballaggi, rifiuti da batterie, componenti elettriche ed elettroniche e sulle discariche.
La bioeconomia comprende la produzione di risorse biologiche rinnovabili e la loro conversione in alimenti, mangimi, prodotti a base biologica e bioenergia. Comprende l’agricoltura, la silvicoltura – ramo delle scienze forestali che riguarda l’impianto e la conservazione dei terreni boschivi -, la pesca, l’alimentazione e la produzione di pasta e carta, nonché parti dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica.
Estendere la durata di vita dei prodotti e dei materiali di riciclo, con un approccio circolare, basato sulla bioeconomia può aiutare a mantenere il valore del materiale e la funzionalità per un tempo più lungo, oltre a evitare sprechi.
Le innovazioni e le strategie per l’uso circolare delle biomasse includono la bioraffinazione – operazioni sulle biomasse per ottenere energia, combustibili, prodotti chimici e materiali – la stampa 3D con bioplastiche, colture polivalenti, un uso migliore dei residui e dei rifiuti alimentari e il trattamento dei rifiuti biodegradabili.
Secondo il rapporto, anche i consumatori possono contribuire alla sostenibilità della bioeconomia, ad esempio mangiando meno proteine di origine animale, prevenendo gli sprechi alimentari e separando i rifiuti organici da altri flussi di rifiuti.