venerdì, Novembre 8, 2024

E il cane incontrò il quartiere

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UN LIBRO CI RACCONTA LA DIFFUSIONE DI UNA PRATICA NOBILE, A FAVORE DEI NOSTRI AMICI A 4 ZAMPE, IN UNA ZONA D’ITALIA IN CUI I SENTIMENTI SEMBRANO ANCORA AVERE UNA PARTE IMPORTANTE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

Il fenomeno dei cani di quartiere

Uno dei fenomeni che sta avendo una crescente diffusione soprattutto nel Sud è quello dei cani di quartiere. Come ci suggerisce il nome stesso, si tratta di cani che appartengono a un’intera comunità, perché liberi in uno spazio urbano dove ognuno si prende cura di loro.

I nostri amici a quattro zampe così facendo non perdono la loro libertà, ma guadagnano cibo, acqua, riparo e soprattutto assistenza veterinaria.  Vengono infatti sterilizzati e questa azione rappresenta un primo passo per arginare il problema delle nascite incontrollate e il conseguente diffondersi del randagismo.  

La normativa che disciplina la pratica dei cani di quartiere

La prima normativa sui cani di quartiere risale al 1991 con la “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”. In essa sono contenute alcune linee guida sui comportamenti da adottare per tutelare i randagi, ma la responsabilità dell’attuazione viene demandata a Regioni e Comuni.

Le ordinanze e gli accordi Stato-Regioni hanno inoltre stabilito l’obbligatorietà dell’identificazione e della registrazione dei cani in anagrafe. Seppur con alcune differenze sostanziali tra le diverse realtà italiane, un cane randagio per essere definito “di quartiere” deve essere sano, sterilizzato e vaccinato contro le principali malattie e deve avere il tatuaggio o il microchip del Comune di riferimento.

 

Il libro che ha come protagonisti i cani di quartiere

Troglodita Tribe, la realtà indipendente che combatte da anni lo specismo attraverso diverse forme artistiche, come la scrittura, il collage e la recycling art, questa volta ha deciso di dedicare la propria attenzione anche ai cani di quartiere.

Vi starete chiedendo cosa sia lo specismo… Ebbene il concetto potrebbe essere riassunto come la tendenza a considerare gli essere umani superiori per status agli altri animali. Non a caso annoveriamo tra i numerosi prodotti della suddetta tribù, anche la trasmissione radiofonica “Restiamo animali”.

Il libro “E il cane incontrò il quartiere”, pubblicato nel 2024, racconta la lodevole forma di “randagismo protetto” dei cani di quartiere, sviscerandone il valore aggiunto che apporta alle comunità.

I numerosi benefici che il cane di quartiere apporta alle comunità

Il cane di quartiere innanzitutto crea aggregazione e unione, poiché tutti collaborano alla realizzazione di un unico obiettivo: la salvaguardia del loro amico a quattro zampe.

“È una presenza libera che si rivela pacifica e rilassante, che induce a rallentare i ritmi frenetici, che ispira fiducia e tende a smontare qualsiasi paura o perplessità”. Il cane di comunità difende spesso i suoi padroni (ogni singolo appartenente alla realtà urbana) e li protegge, accompagnandoli per le strade del quartiere, dove favorisce una pacifica convivenza.

Ormai è universalmente riconosciuto il potere terapeutico che la vicinanza dei pet ha sugli esseri umani, ma in questi casi i cani di quartiere riescono addirittura ad avvicinare al loro meraviglioso mondo anche i più restii.

Insomma il libro di Troglodita Tribe ci trasmette tutta la bellezza di questa pratica, che permette ai variopinti cagnolini di quartiere di preservare la propria libertà e guadagnare un mondo di amore.  

cane di quartiere

Numero verde ONA

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