LA FISICA CHIARA RAMORINO È TRA LE PRIME DONNE AD AVER CONTRIBUITO ALLA SCIENZA E ALLA RICERCA DURANTE LA SUA MISSIONE IN ANTARTIDE
“Arrivare in anticipo sui tempi è alla base della ricerca” è il messaggio del video “For Women in Science”, realizzato dall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Spesso però non si ha la consapevolezza di essere dei pionieri, di arrivare dove nessun aveva ancora immaginato di addentrarsi. Per esempio Chiara Ramorino, la protagonista di questo video che celebra appunto il ruolo delle donne nella ricerca, non lo sapeva mentre sfidava i ghiacci dell’Antartide.
Tra le prime donne laureate in fisica in Italia, Maria Chiara Ramorino è stata una delle poche italiane a partecipare alle spedizioni in Antartide.
«Esserci andata è stata la cosa più bella della mia carriera professionale –racconta Ramorino durante un’intervista a La Repubblica -. Ricordo il sole di mezzanotte che illumina le montagne di rosa, e il pack, i lastroni di ghiaccio che galleggiano sul mare».
La missione in Antartide di Chiara Ramorino
L’amore verso la natura non si riscontra solo nella professione di Chiara Ramorino ma anche nel suo tempo libero. Infatti, oltre a essere stata sette volte campionessa italiana alle Universiadi di tennis, ha partecipato a gare nazionali di sci di fondo. È stata istruttrice di alpinismo, campionessa di orienteering ed è un’esperta scalatrice. Il suo amore per le arrampicate l’ha condotta sulle Dolomiti, sul Gran Sasso, tra le Ande e sull’Himalaya.
Nel 1985 è inaugurato per la prima volta il Programma nazionale di ricerche in Antartide. E Ramorino si mette subito in lista per far parte della spedizione. I poli diventano infatti sempre più i luoghi d’elezione per studiare i cambiamenti climatici.
Entrerà nell’equipaggio solo alla terza missione (1987-1988) e questa non sarà l’unica. Tornerà al Polo Sud anche nella quinta (1989-1990) e nella decima (1994-1995).
“Scoprire ciò che ancora non si riesce a immaginare”, continua il video ed è ciò che ha fatto Maria Chiara Ramorino immersa nei ghiacci dell’Antartide.
Chiara Ramorino e il “Composite Gazetteer of Antarctica”
Le terre del Polo Sud sono protette sin dal 1961 da un trattato internazionale. Questo dispone come nessuno Stato possa rivendicare l’egemonia su questi territori. Questo luogo viene invece destinato alla ricerca e alla condivisione.
Qui sono giunti quindi studiosi provenienti da ogni parte del mondo. Tuttavia ciascun Paese, esplorando i ghiacci, ha applicato la propria toponomastica, creando inevitabilmente confusione e sovrapposizioni. È stata però proprio Ramorino, insieme al collega Roberto Cervellati, a raccogliere tutte le diverse denominazioni di un’area in un database, con specifiche latitudini e longitudini.
Il risultato di questo lavoro, durato ben dieci anni, è il “Composite Gazetteer of Antarctica”. È il dizionario ragionato e multilingue di tutti i nomi geografici del continente. Sono così raccolti ben 38 mila nomi, 20 mila località, per 22 nazioni coinvolte.
Adesso è possibile scoprire che il “lago foca” è chiamato “Azarasi Irie” in giapponese e corrisponde a “Selvatnet” in norvegese. Quella che per i cileni è “Punta Marín”, che prende il nome dal marinaio Guillermo Marín che aiutò i naufraghi della spedizione Shackleton nel 1916, per gli argentini è la “Punta Azcuénega”, che prende il nome invece dal patriota dell’indipendenza argentina. Infine “Dome C”, la montagna a 3.200 metri del Plateau Antartico, è chiamata dai ricercatori degli Stati Uniti “Dome Charlie”, mentre dai britannici “Dome Circe“, ispirandosi ai miti greci. Infine per francesi e italiani è “Dome Concordia”, dal nome della base internazionale dei due Paesi.
Questo strumento è quindi cruciale per districarsi nella geografia del continente. Così, in segno di gratitudine per estrema utilità di questo lavoro per tutta la comunità scientifica internazionale, gli Stati Uniti hanno deciso di dedicare proprio alla fisica Chiara Ramorino un ghiacciaio lungo 8,4 chilometri, che si trova nella parte occidentale della Terra di Ellsworth.
Continua l’esplorazione dell’Antartide
L’Antartide continua a essere meta di esploratori e ricercatori e una terra dove i limiti della scienza continuano a essere superati. Ed è quello che accaduto quest’anno, quando la nave rompighiaccio italiana Laura Bassi, durante la spedizione, è riuscita a toccare il punto più a Sud mai raggiunto da una nave nel Mare di Ross in Antartide, alla latitudine di 78° 44.280′ S.
Il viaggio, iniziato il 17 novembre dall’Italia, è stato ricco di peripezie sin dall’inizio. Già nei primi giorni la nave ha rallentato il suo programma per salvare novantaquattro migranti dispersi nel Mar Ionio, a largo della costa greca.
Poi ha proseguito il suo itinerario verso la Nuova Zelanda, dove a fine dicembre la rompighiaccio è approdata per imbarcare il personale scientifico, il carburante e il materiale destinato alla base italiana Mario Zucchelli, per giungere infine in Antartide e portare avanti il progetto Bioclever (Biophysical coupling structuring the larval and juvenile fish community of the Ross Sea continental shelf: a multidisciplinary approach).
La ricerca da effettuare nell’Area Marina Protetta del Mare di Ross vuole in particolare monitorare l’efficacia del mantenimento inalterato della biodiversità delle specie e della rete trofica. Infatti qualsiasi cambiamento che si verifica nelle prime fasi della vita dei pesci, soprattutto riguardo la temperatura, può causare un effetto negativo su diversi livelli trofici, portando a inevitabili conseguenze per l’intero ecosistema marino del mondo.