I RICERCATORI DI ENEA HANNO IDEATO UN APPROCCIO METODOLOGICO IN MATERIA DI DISSESTO IDROGEOLOGICO, CHE POSSA PREVEDERE L’ATTIVAZIONE DI FENOMENI DI COLATE RAPIDE, UNA SPECIFICA TIPOLOGIA DI FRANA, E LA LORO INTENSITÀ.
L’innovazione e la ricerca sono fondamentali quando si vuole ridurre il rischio dovuto al dissesto idrogeologico in Italia. A contribuire allo scopo l’ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. In particolare gli sforzi dei ricercatori Claudio Puglisi e Luca Falconi si sono concentrati su un tipo di frana: le colate rapide.
«Le frane sono di diverse tipologie – spiega Falconi -. Alcune coinvolgono la roccia e si muovono prevalentemente senza il coinvolgimento dell’acqua, come i crolli. Altre frane hanno una più diretta connessione con l’acqua, come gli scorrimenti. Questi ultimi coinvolgono la roccia e sono direttamente sollecitati dall’acqua presente nel sottosuolo. Le colate rapide, invece, sono una tipologia di frana che non interessa la roccia ma il materiale che si trova al di sopra, cioè il substrato roccioso. Il movimento di questo tipo di frana è piuttosto rapido e si verifica lungo un flusso che coinvolge la rete dei corsi d’acqua dell’area. Per questo prende il nome di colata rapida».
L’influenza dei cambiamenti climatici sulle colate rapide
La causa principale di questo fenomeno sono le piogge intense e improvvise. «La causa scatenante è unicamente la pioggia, quella molto breve e molto intensa – conferma Puglisi -. E il cambiamento climatico rende questi episodi sempre più frequenti».
Questo significa che le colate rapide sono i fenomeni naturali che più subiscono gli effetti dei cambiamenti climatici e degli eventi estremi.
«I crolli non risentono delle precipitazioni intense ma più delle scosse e fenomeni di termoclastismo (*) – spiega Luca Falconi -. Le frane che coinvolgono il substrato, come gli scorrimenti, che hanno superfici di distacco profonde decine di metri, non subiscono direttamente gli effetti delle precipitazioni ma più delle escursioni della falda idrica sotterranea. Al contrario le colate rapide, che tipicamente coinvolgono il suolo sovrastante il substrato, risentono delle precipitazioni perché l’acqua va a infiltrarsi nel terreno, mettendolo poi in moto. Perciò eventi di pioggia più dilatati ma più intensi, che si susseguono a periodi aridi, comportano la maggiore possibilità e intensità di colate rapide».
Gli studi effettuati dall’ENEA in Sicilia
Le aree del territorio italiano dove, secondo gli episodi registrati negli ultimi decenni, si può sviluppare questo tipo di frana sono soprattutto l’arco alpino, l’Appennino ligure-toscano, le Alpi Apuane, l’Appennino calabro meridionale e il Nord-Est della Sicilia. Proprio qui, più precisamente a Messina, si sono concentrati gli studi effettuati dall’ENEA.
Dopo gli eventi franosi del 2009 che si sono abbattuti in Sicilia, i ricercatori hanno eseguito sopralluoghi e indagini. Questi hanno portato alla realizzazione di carte di pericolosità da frana, successivamente recepite all’interno del Piano Regolatore Generale di Messina del 2015.
«Stiamo lavorando da più di dodici anni nel territorio di Messina, dove si sono verificate tante colate rapide, diverse centinaia in una stessa notte – racconta Falconi -. Abbiamo avuto l’opportunità di rilevare molte di queste frane e studiare attentamente quel territorio, anche grazie al sostegno dell’amministrazione comunale di Messina, con cui abbiamo collaborato tra il 2011 e il 2013. Per cui abbiamo prodotto una stima della pericolosità dell’innesco di frane. L’amministrazione comunale è stata molto interessata e ha adottato lo studio nel Piano Regolatore del Comune. Attualmente, grazie a un accordo con la Regione, su cinque aree all’interno del territorio provinciale di Messina stiamo conducendo uno studio che applica una “nuova” metodologia. Questa contribuirebbe a dare un’informazione più dettagliata alla comunità».
Analisi della propagazione delle colate rapide
L’approccio messo in atto dai ricercatori ha l’obiettivo di prevedere l’area di propagazione e l’intensità delle colate rapide. In questo modo si potranno redigere mappe della pericolosità del territorio, che raccolgano quindi i dati sulla probabilità che questo evento avvenga più dettagliate rispetto a quelle attualmente in uso. Sono perciò utili per la gestione delle allerte e la pianificazione territoriale.
Seppur esistano già metodologie di analisi di propagazione delle colate rapide che danno informazioni molto dettagliate, queste sono state applicate solo a una zona limitata. Per avere un’informazione areale, come quella di una regione, si devono adottare invece tecniche e metodologie che semplifichino la problematica della propagazione, come quella ideata dai ricercatori dell’ENEA.
Quali sono le aree più a rischio di colate rapide?
Attualmente la pericolosità da frana, in particolare quella di colata rapida, è descritta nei Piani d’Assetto Idrogeologico delle amministrazioni locali ma in maniera limitata. Inoltre, anche quelle in uso sottovalutano un aspetto importante che proprio la metodologia attuata dagli studiosi evidenzia.
«Le colate rapide interessano solo le zone superficiali della crosta terrestre, cioè solo il suolo sopra il substrato roccioso – chiarisce Luca Falconi -. Nelle aree che sono già state interessate da questo fenomeno, non c’è più suolo e affiora solo la roccia. Perciò, in quel punto preciso, si può prevedere che non potrà verificarsi un’altra colata rapida poiché non c’è più il materiale. Tuttavia nei Piani d’Assetto Idrogeologico, e quindi nei piani regolatori dei Comuni, le aree che si individuano soggette alla colata rapida sono quelle in cui si sono già verificati questi fenomeni.
Invece, semplificando, occorrerebbe fare attenzione non a quel punto preciso. Qui è improbabile che si riattivi il fenomeno della colata rapida, ma a circa cento metri di distanza, dove ci sono le condizioni che possono far sì che si attivi. Questo è solo uno degli strumenti di imprecisione che si possono trovare negli strumenti di pianificazione territoriale legati alle frane».
Importanza della metodologia per la prevenzione del rischio
Tuttavia non è importante solo identificare dove potrebbe attivarsi questo tipo di frana, ma soprattutto dove, una volta attivata, si muoverebbe. «Le colate rapide tipicamente hanno una dinamica di flusso. Tendono quindi ad attivarsi in una certa porzione di territorio. Poi si muovono verso valle, coprendo anche distante centinaia di metri – continua Falconi -. Tipicamente le zone di trasporto e di accumulo interessano le aree verso valle, dove c’è maggiore presenza di strutture e infrastrutture. Ed è questo l’oggetto di nostro interesse».
Perciò l’applicazione di questa metodologia può diventare uno strumento in più che le amministrazioni pubbliche potrebbero adottare per adeguare le proprie strategie di pianificazione e mitigazione.
«Si auspica nell’adozione sistematica di misure di mitigazione del rischio. Così, partendo dalle mappe di pericolosità prodotte, individuano le misure strutturali e non strutturali più idonee – conferma Claudio Puglisi -, tra cui scelte urbanistiche più resilienti, sistemi di allerta precoce e piani per la Protezione Civile».
In particolare l’ENEA ha già seguito questo approccio per realizzare mappe di pericolosità per le colate rapide nei due bacini di Giampilieri e Briga (Messina). Si è focalizzata l’attenzione sulla stima delle distanze di propagazione delle frane, sull’individuazione della relativa intensità e delle aree dove si possono determinare i maggiori danni.
Uno strumento di tutela della collettività
E come la raccolta di tutti questi dati può essere utile al singolo cittadino?
«La metodologia può fornire informazioni in più su quali possono essere le aree di territorio che possono essere interessate da questi fenomeni, dopo eventi di piogge intense – risponde Luca Falconi -. Questo tipo di approcci, se acquisiti, possono essere applicati sia in senso statico sia in senso dinamico. In senso statico possono fornire una fotografia di quella che è la previsione futura: in questo territorio c’è più probabilità di eventi di pioggia e che avvengano frane rispetto a un altro territorio. Questa informazione può essere così acquisita dai piani regolatori. La visione dinamica è l’uso di queste informazioni per sistemi di allerta rapida. La Protezione Civile potrebbe avere così uno strumento in più per un aggiornamento continuo sulla probabilità d’innesco delle frane e su dove il materiale mobilizzato potrebbe essere portato».
E questo aspetto è sicuramente importante per garantire la sicurezza dei cittadini.
Le altre tipologie di fenomeni franosi
Come per le colate rapide anche per gli altri tipi di frana dovrebbero esserci delle metodologie più specifiche. Infatti ogni tipologia ha delle caratteristiche differenti che la contraddistinguono. In particolare, secondo la classificazione delle frane più utilizzata di Cruden e Varnes, si individuano cinque classi di base, a cui si aggiungono le frane complesse e quelle composite.
La prima tipologia è il crollo (fall), un fenomeno franoso che inizia con il distacco di materiale, roccia o terra, da un pendio ripido seguito da spostamenti per caduta libera. Poi c’è l’espandimento (spread), che è caratterizzato dall’espansione laterale di un materiale roccioso o di terra posto al sopra di uno strato più debole e che avviene solitamente su pendii poco inclinati o terreni pianeggianti.
Un altro tipo di fenomeno franoso è il flusso (flow), che a sua volta si divide in:
- valanghe, le quali comprendono movimenti di detriti, terre, neve o ghiaccio lungo pendii ripidi;
- flussi di detrito, quando coinvolgono miscele di terre e acqua;
- flussi di terre o fango, quando coinvolgono miscele di terre prevalentemente a grana fine.
Nel ribaltamento, invece, si verifica la rotazione in avanti di una massa. Infine c’è lo scorrimento, in cui il materiale di roccia o di terra si sposta lungo una superficie di rottura. In particolare lo scorrimento planare si manifesta con uno scivolamento lungo una superficie più o meno piana. Al contrario è definito scorrimento rotazionale quando un collasso iniziale è seguito da una rotazione.
(*) Termoclastismo o processo termoclastico: processo di lenta disgregazione delle rocce (Treccani)