Anche le piante sono esseri viventi, con una propria dignità
Per evitare la distruzione scriteriata del patrimonio naturale, la giornalista Alessandra Viola, che da anni si occupa di etica e biologia del mondo vegetale, propone l’adozione di una Carta per i diritti delle piante.
La funzione del verde, oggi, nel paesaggio antropizzato, nelle periferie urbane, nelle aree agricole e boschive necessita di essere rivalutata accuratamente per tutelare la salute dell’uomo e la sopravvivenza del pianeta Terra.
I grandi sconvolgimenti climatici che si verificano periodicamente sono un segnale d’allarme da non sottovalutare.
Purtroppo, i governanti si mostrano sempre più insensibili al problema e portano avanti politiche ambientali che prevedono abbattimenti di alberi anche storici e potature selvagge.
I decisori politici ignorano i Diritti delle piante
“Meno verde e più cemento”, sembra essere lo slogan dei decisori politici che ignorano il diritto al verde, distruggono intere foreste e filari di alberi cittadini.
Di questo passo, è ormai assodato, ci si avvierà verso la desertificazione, si perderanno tante specie vegetali e si metterà a rischio la salute di tutti.
Nonostante gli allarmi lanciati dalle associazioni ambientaliste e dai vari comitati civici formatisi negli ultimi anni, lo scempio sul patrimonio arboreo continua ad opera di privati affaristi, delle mafie e degli amministratori locali che mandano alle centrali a biomasse i resti delle capitozzature dei alberi cittadini.
Anche i boschi sono a rischio. Specialmente dopo l’approvazione del Testo Unico Forestale (TUF), nel 2018. Il TUF assoggettò il patrimonio boschivo “alle esigenze socio-economiche locali, alle produzioni legnose e non legnose, alle esigenze di fruizione e uso pubblico del patrimonio forestale”. In altre parole, il TUF equiparò boschi e foreste italiane a vere e proprie “miniere energetiche”, dando il via libera allo sfruttamento della risorsa legnosa.
Nessun diritto, dunque, è mai stato riconosciuto alle piante, esseri viventi a tutti gli effetti che permettono ad altri esseri viventi di vivere. Che fare allora?
Necessaria una Dichiarazione dei diritti delle piante
Una risposta giunge da una giornalista scientifica, Alessandra Viola, che da tempo si interessa di etica e biologia del mondo vegetale e che nel suo ultimo libro “Flower Power” (Einaudi) espone la necessità di una Dichiarazione dei diritti delle piante.
Secondo la giornalista, i tempi sono maturi per considerare un nuovo soggetto giuridico, le piante, dopo la proclamazione, negli ultimi duecento anni, dei diritti dell’uomo, dei bambini, delle donne e degli animali.
In una intervista rilasciata nelle scorse settimane al settimanale “Venerdì” di Repubblica, Viola spiega che non è più una questione di se ma di quando. Poiché la strada per il riconoscimento dei vegetali come “persone – giuridiche – non umane, esseri viventi con dignità, autonomia, fini propri e consapevolezza”, sarebbe già segnata. I vegetali sono esseri viventi.
Si tratta, ora, solo di sottoscrivere una “Dichiarazione universale dei diritti delle piante”. Così come è stato fatto dall’Unesco per i diritti degli animali. «Una pianta può essere considerata una persona nei termini della sua dignità di essere vivente», afferma Viola al Venerdì. «Si deve superare l’idea delle piante come oggetti da tutelare e di considerarle al pari degli animali, dei soggetti di diritto».
Una rappresentanza legale per le piante
È più che mai necessario riconoscere il loro diritto a vivere, «a non subire trasformazioni genetiche – asserisce la giornalista – a non essere utilizzate per scopi ludici ed essere risarcite da eventuali danni tramite rappresentanza legale».
Diritti delle piante, dunque, che pongano «dei limiti al loro sfruttamento indiscriminato. La pratica degli alberi di Natale, per esempio, non sarebbe più ammissibile. Il punto centrale – conclude Viola – è che uccidere, danneggiare una pianta deve generare una tensione morale. La ricerca ha dimostrato che sono organismi con una loro forma di intelligenza e sensibilità: continuare a trattarle come oggetti non è più sostenibile».