IL NOSTRO SISTEMA SANITARIO NAZIONALE È CHIAMATO NON SOLO A CURARE MA A PREVENIRE LA NOSTRA SALUTE, ANCHE ATTRAVERSO LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE. LO STILE DI VITA E L‘INQUINAMENTO AMBIENTALE HANNO INFATTI UNA CONNESSIONE DIRETTA CON UNA MALATTIA IN COSTANTE CRESCITA: IL DIABETE DI TIPO 2
Curare e tutale l’ambiente è importante per i pazienti diabetici
Il dibattito scientifico e l’agenda politica, da tempo scandiscono le sfide della salute e dell’ambiente come priorità ineludibili, come tesori da curare e preservare. Eppure, nonostante la loro stretta correlazione, spesso questi due mondi continuano a viaggiare su binari separati.
Un “position paper” di rilievo, intitolato “Innovazione, Salute e Sostenibilità nell’ambito del diabete”, recentemente promosso da The European House – Ambrosetti e presentato all’Istituto Luigi Sturzo di Roma, ha spiegato l’importanza di questa interconnessione.
Con il sostegno dell’azienda sanitaria Novo Nordisk, l’incontro si è focalizzato sul ruolo fondamentale delle tecnologie sanitarie nel preservare l’ambiente e migliorare la vita dei pazienti diabetici. Cerchiamo di capire perché la tutela dell’ambiente è così importante per la salute.
Salute e ambiente: un delicato equilibrio
L’impatto dei fattori ambientali sulla salute è spaventosamente evidente. Il 24% del carico globale delle malattie è attribuibile all’esposizione a questi rischi, che ogni anno causano oltre 13milioni di morti nel mondo. Questa realtà è la punta dell’iceberg di un problema che grava sulle nostre vite quotidiane.
Non solo l’ambiente influisce sulla salute, ma anche i sistemi sanitari stessi contribuiscono inesorabilmente all’aggravio dell’ecosistema. Il settore sanitario è responsabile del 4,4% delle emissioni globali di gas serra, posizionandosi come se fosse il quinto Paese al mondo per le sue impronte di CO₂.
Questi dati non possono e non devono passare inosservati e anche se la sfida è enorme, non è insormontabile.
«Il ruolo dell’ambiente e dei cambiamenti climatici è sempre più rilevante come causa dell’insorgenza delle malattie croniche non trasmissibili come diabete (che ogni anno costa al sistema sanitario 20miliardi di euro, ndr) e cancro. Questo nesso implica la necessità di una sensibilizzazione sempre maggiore sia delle istituzioni sia di tutti gli stakeholders della sanità. Oggi modificare il contesto ambientale necessita di investimenti necessari per la prevenzione e per preservare il cittadino».
A sottolinearlo, Angelo Avogaro, presidente della Società Italiana di Diabetologia.
La “salute urbana” sotto assedio: curare il diabete nelle città del futuro
Il frenetico sviluppo urbano ha un impatto silenzioso ma devastante sulla nostra salute e sul dilagare del diabete di tipo 2. Come ha acutamente evidenziato Avogaro, la corsa verso un’urbanizzazione senza freni, non solo limita gli spazi percorribili a piedi, ma erode anche la connettività sociale, promuovendo stili di vita sedentari e lavori ancorati alla staticità. È una spirale che risucchia sempre più individui, senza distinzione.
I numeri parlano chiaro: ben 1,2milioni di italiani affetti da diabete risiedono nelle Città Metropolitane, un numero destinato a crescere inesorabilmente nei prossimi anni. Eppure, la prospettiva di un incremento esponenziale non è l’unico spettro che si staglia sul nostro futuro.
L’inquinamento atmosferico, quel nemico invisibile, minaccia di annientare i benefici derivanti dalla “walkability” urbana, dalla pedonalità alla presenza di spazi verdi. Un paradosso stridente: mentre cerchiamo di rendere le città più accessibili a piedi, l’inquinamento rischia di rendere questo sforzo inutile. Occorre dunque fare qualcosa per curare l’ambiente malato.
La solitudine espone ulteriormente al rischio diabete
E non è tutto. La solitudine, una condizione sempre più diffusa in queste metropoli bulimiche di cemento e luci, rappresenta un ulteriore pericolo. Vivere isolati aumenta il rischio di sviluppare il diabete del 20%, un campanello d’allarme che suona nelle strade vuote e negli appartamenti spesso affollati di solitudine. In che senso? A spiegarlo, uno studio pubblicato su Diabetologia, secondo cui la solitudine, intesa come l’emozione derivante dalla percezione di bisogni sociali non soddisfatti, avrebbe un collegamento significativo con il rischio di sviluppare il diabete. Lo studio ha coinvolto oltre 4mila individui non diabetici monitorati per circa 10 anni.
La ricerca ha quindi rilevato un aumento del 46% nel rischio di sviluppare il diabete nelle persone che sperimentavano solitudine, indipendentemente da fattori come età, sesso, etnia, stile di vita (come fumo, consumo di alcol, attività fisica), condizioni mediche preesistenti (ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari) e indice di massa corporea. Anche dopo aver considerato la presenza di depressione, isolamento sociale e il vivere da soli, si è ancora osservato un aumento del 41% nel rischio di diabete nelle persone che sperimentavano solitudine.
I meccanismi sottostanti a questa forte associazione sono ancora oggetto di approfondimento. Gli autori suggeriscono che potrebbero essere sia di natura comportamentale, legati ad esempio a possibili adattamenti sociali inappropriati che influenzano la salute, sia di natura biologica, come un’eccessiva attivazione dei sistemi biologici correlati allo stress.
È importante sottolineare che lo studio ha distinto chiaramente la solitudine dall’isolamento sociale, evidenziando che si tratta di un’emozione percepita dall’individuo, differente dal semplice vivere da soli o dall’isolamento sociale.
Il parere dell’esperta
Come ha puntualizzato Daniela Bianco, partner e responsabile dell’Area Healthcare di The European House – Ambrosetti, «la nostra salute è in gran parte il risultato dei comportamenti e del contesto in cui viviamo lungo tutto il corso della vita, sin dal momento del concepimento. Comprendere questa relazione significa poter intervenire per prevenire, intercettare tempestivamente e gestire in maniera efficace le diverse patologie che sono determinate da questi fattori».
Chiaro anche il pensiero di Francesco Saverio Mennini, esperto in economia sanitaria del ministero della Salute e direttore del gruppo di ricerca sull’Economic Evaluation e HTA del Centro di Studi Economici e internazionali di Tor Vergata.
«Per concretizzare il concetto di salute in un’ottica One Health e come Investimento servono alcune azioni (caratteristiche dell’HTA), quali: misurare non solo la singola prestazione ma il risultato di tutto il percorso di cura, tenendo conto dei costi evitati e dei vantaggi in termini economici, sociali ed ambientali; misurare la spesa non su un anno ma su un periodo più lungo per valutare l’efficienza dei percorsi di cura, similmente a quanto si fa per gli investimenti. Misurare e valutare devono diventare i pilastri di riferimento».
Verso un futuro sinergico: curare ambiente per stare bene
In mezzo alle sfide senza fine che affrontiamo in un mondo sempre più urbanizzato, un raggio di speranza balena nel riconoscimento globale dell’interdipendenza tra ambiente e salute.
La COP28, appena conclusa a Dubai, ha rappresentato un passo epocale includendo, per la prima volta, una giornata interamente dedicata alla salute nel suo vasto panorama dedicato al clima e all’ambiente.
Questo segnale positivo, condiviso da Roberta Toffanin, esperta del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, rappresenta un importante atto di consapevolezza. Finalmente, l’interconnessione tra salute umana e stato ambientale riceve l’attenzione e la considerazione globale che merita.
Questa svolta rappresenta un punto di partenza verso un futuro in cui la salute e l’ambiente non sono più considerati in isolamento, ma come parti inscindibili di uno stesso ecosistema.
Tuttavia, questa è solo l’inizio. È ora di passare dalle parole ai fatti, dall’attenzione all’azione concreta, perché il nostro destino è intrecciato con quello del nostro Pianeta. Scegliamo dunque di preservarlo attraverso una serie di azioni che garantiscano una vita sana per le generazioni presenti e future. L’interconnessione tra salute e ambiente non è solo una realtà ineluttabile, ma la chiave per un mondo più sano, equo e sostenibile per tutti.