SE DECIDERE DI SEPARARSI È DOLOROSO, LO È ANCOR DI PIÚ QUANDO SI PENSA ALLE SORTI DEI NOSTRI ANIMALI. L’OIPA CHIARISCE ALCUNI ASPETTI
L’amore tra due persone può finire ma ciò non avviene con il proprio fidato amico a quattro zampe. Come portare avanti quindi una separazione senza doversi distaccare dal proprio animale? L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) ha fornito alcune linee guida per garantire il benessere dell’amato animale domestico e permettere alla coppia di poter condividere la sua compagnia.
Purtroppo in Italia non esiste ancora una legge che regolamenti, in caso di separazione, l’affidamento e la tutela degli animali. È comunque possibile rimettersi alle vie legali per stabilire come procedere, lasciando alla discrezionalità del giudice la decisione.
Coppia sposata o di fatto: cosa cambia per l’animale?
La scelta sull’affidamento del proprio cane o gatto può variare in base al tipo di legame di coppia. In caso di matrimonio e in mancanza di un accordo prematrimoniale in merito, gli ex coniugi possono accordarsi, durante la separazione consensuale, sulla collocazione di qualsiasi animale domestico. Se non si arriva a un accordo, il pet sarà considerato come un “bene” tra quelli da spartire in un accordo di separazione.
Al contrario, in caso di coppia non sposata, si può decidere consensualmente la gestione, esclusiva o congiunta, dell’amico a quattro zampe. Se poi non si raggiunge un accordo, l’affidarsi a un legale aiuta a trovare una soluzione che tenga conto del benessere dell’animale e dei sentimenti delle persone coinvolte. Se ancora non si riesce ad accontentare entrambe le parti, sarà il giudice civile a disporre dell’affido dell’animale. La decisione può essere presa a prescindere dalla specifica intestazione all’Anagrafe degli animali d’affezione.
«Per evitare eventuali problemi futuri, consiglio a coniugi e conviventi di scrivere un accordo avente a oggetto la detenzione, la custodia e il mantenimento dell’animale domestico in caso di scioglimento della coppia – suggerisce l’avvocato Claudia Taccani, responsabile dell’Ufficio legale dell’Oipa -. Per esempio ci si può accordare su affido, spese, vacanze e visite. Si tratta di un vero e proprio vincolo lecito tra le parti. Può essere sancito autonomamente con una scrittura privata firmata da entrambi e può essere fatta valere davanti al giudice nel caso si apra, nonostante gli accordi presi, un contenzioso».
Cosa stabiliscono i giudici in caso di separazione?
In diverse occasioni, negli ultimi anni, i giudici italiani sono stati chiamati a rispondere a questa problematica. Tuttavia ogni provvedimento espresso è una pronuncia che va oltre la normativa attuale, dato che manca a oggi una regolamentazione chiara. Infatti molti Tribunali hanno ritenuto di non potersi pronunciare, essendo tale argomento non regolato dal legislatore. Dichiarano perciò la domanda relativa all’affidamento dell’animale da compagnia inammissibile.
In altri casi, invece, i giudici hanno affrontato la questione assimilandola alla disciplina stabilita per l’affidamento dei figli minori. Ne è un esempio la decisione presa dal Tribunale di Foggia che, in una causa di separazione, ha affidato il cane a uno dei coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata. Anche il Tribunale di Cremona ha disposto l’affido condiviso di un cane, con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento, applicando così la disciplina prevista per i figli minori.
Allo stesso modo il Tribunale di Roma ha deciso di tutelare l’interesse degli animali domestici e di stabilire un affido condiviso, con divisione al 50% delle spese per il loro mantenimento. E questa decisione è stata presa nonostante la coppia non fosse sposata. Infatti l’affetto e il legame instaurato con l’animale prescindeva dal regime giuridico che legava le parti in causa.
Animali e separazione: le decisioni dei tribunali
Più recentemente è stato il Tribunale civile di Como, con un decreto nel 2016, a precisare che l’accordo preso dai coniugi in separazione consensuale, mediante il quale sono stati disposti l’assegnazione e il mantenimento dell’animale domestico, non era contrario all’ordine pubblico. Quindi, poteva essere omologato dal giudice.
Il Tribunale civile di Milano, invece, ha affrontato un caso più complicato. Il magistrato ha, in questo caso, confermato la correttezza della decisione presa da una ex coppia sull’affido e sulla gestione dei gatti di casa. Questi sono stati affidati alla madre di famiglia. È stato previsto per quest’ultima l’obbligo di provvedere al mantenimento e alla loro cura con il concorso, da parte dell’ex marito, alle spese straordinarie, come la visita dal veterinario o l’acquisto di medicinali. In questo modo si è deciso di garantire il continuo della convivenza dei gatti con la figlia minore presente in casa, senza dover quindi spezzare il loro legame d’affetto.
Una prospettiva diversa è, infine, quella che emerge da una decisione del 2019 del Tribunale di Sciacca. Qui si è stabilito che “in mancanza di accordo tra i coniugi, il giudice della separazione può disporre l’assegnazione dell’animale domestico in via esclusiva alla parte che assicuri il miglior sviluppo possibile dell’identità del cane o del gatto, oppure, in via alternata, a entrambi i coniugi, a prescindere dall’eventuale intestazione risultante dal microchip, nonché regolamentare gli aspetti economici (spese veterinarie e straordinarie) legati alla sua cura e al suo mantenimento”.
La soluzione mette d’accordo tutti, manca solo la legge
Eppure, essendo l’Italia uno Stato di “civil law” (cioè di norme scritte in forma dettagliata in codici o testi legislativi) non spetta alla giurisprudenza colmare le lacune normative. Il paradosso è ancora più evidente se si pensa che, da anni ormai, in Parlamento giace dimenticata una proposta di legge che ha appunto l’obiettivo di introdurre una norma finalizzata a regolamentare l’affido degli animali che sono in famiglia, in caso di separazione o divorzi.
Non si capisce quindi come mai questo ritardo nell’approvazione di ciò che potrebbe risolvere un problema che sempre più frequentemente si sta verificando. La questione è persino un argomento in grado di mettere d’accordo i vari orientamenti politici. Infatti prima, nel 2009, fu la senatrice del Partito Democratico, Franca Chiaromonte, a proporre una modifica dell’articolo 455-ter nel Codice Civile.
Questo potrebbe infatti prevedere che “in caso di separazione di coniugi proprietari di un animale di affezione, il tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o comunione e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, la prole, se presente, e, se del caso, esperti del comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere. Salvi diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei detentori provvede al mantenimento dell’animale da compagnia in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di affido esclusivo il mantenimento è a carico del detentore affidatario”.
Successivamente, nel 2013, fu la deputata Michela Brambilla di Forza Italia a riproporre una soluzione analoga.
Come l’animale affronta la separazione
Non è importante, però, curare solo l’aspetto legale della problematica. È essenziale anche fare attenzione all’atteggiamento e ai comportamenti adottati durante la separazione per far sì che il benessere del proprio amico a quattro zampe sia sempre al primo posto.
Un divorzio comporta cambiamenti radicali che arrecano tanto stress anche agli animali, estremamente sensibili alla tensione. Possono anche entrare in depressione per la mancanza dell’altra persona, malessere che manifesta leccandosi o grattandosi eccessivamente, urinando in casa o perdendo l’appetito.
La ex coppia dovrà quindi impegnarsi a far sì che gli incontri siano calmi e privi di litigi, in modo da dare rassicurazione al proprio animale. Occorre poi coordinarsi attentamente sulla sua educazione e la sua routine quotidiana.
Difficoltà nell’adattarsi a un nuovo ambiente domestico
La situazione si complica se si sceglie di condividere entrambi la vita con il pet, che quindi sarà costretto a vivere in due case contemporaneamente. Tuttavia, passare da una casa all’altra potrebbe causargli molta confusione. Un nuovo ambiente domestico può essere difficile da gestire, soprattutto se è presente un nuovo partner. È importante quindi permettigli di adattarsi gradualmente alla sua nuova vita. Ci si deve assicurare che ogni casa contenga elementi familiari, come il suo cesto, i suoi peluche e i suoi giochi. Inoltre è necessario dedicargli maggiore attenzione, per esempio portando il proprio cane a fare lunghe passeggiate.
Per quanto riguarda i gatti, al contrario, l’affidamento condiviso è sconsigliabile. I felini sono generalmente più attaccati ai loro dintorni. Un cambiamento di casa stresserebbe molto il gatto, il quale potrebbe iniziare a marcare il territorio e a cercare di allontanarsi. La soluzione migliore è che quindi il gatto, ma non solo, rimanga nella sua casa “natale” e che sia invece la coppia a dividersi il suo tempo.