venerdì, Settembre 13, 2024

Come comunicare l’ambiente nel mondo del giornalismo?

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Parla di ambiente il Festival Internazionale del Giornalismo

L’ambiente e le modalità più efficaci per comunicare la crisi climatica sono stati temi cardine della XVI edizione del Festival Internazionale del Giornalismo.

Dopo due anni di pausa a causa dell’emergenza pandemica, l’evento torna ad animare il centro storico di Perugia. Da mercoledì 6 a domenica 10 aprile la città è diventata un palcoscenico internazionale. Vi hanno partecipato oltre seicento speaker provenienti da tutto il mondo, che hanno organizzato duecentoquaranta incontri, interviste, panel di discussione, presentazioni e spettacoli.

Il festival è stato un’occasione per conoscere le nuove tendenze del giornalismo e le nuove sfide che ci pone. Tra queste, comunicare, in maniera specifica ma, allo stesso tempo, accessibile a tutti, le tematiche ambientali.

Intorno a questo tema sono stati organizzati diversi incontri, che hanno affrontato la problematica da diverse prospettive.

Crisi climatica e crisi energetica a confronto

Sicuramente un appuntamento importante è stato “Crisi climatica, dalla protesta alla proposta”. In questa occasione la giornalista Valentina Petrini ha intervista il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Il ministro non essendo presente all’incontro, ha risposto alle domande precedentemente registrate.

A questo dibattito hanno partecipato anche Marica Di Pierri, direttrice del magazine online “Economia Circolare”, Filippo Sotgiu, attivista di Fridays for Future, il meteorologo e climatologo Luca Mercalli, il CEO di Enel Green Power, Salvatore Barnabei. Anche Claudia Tebaldi, esperta del Lawrence Berkeley National Laboratory, ha registrato il proprio intervento.

La questione centrale intorno al quale si è discusso è di come la geopolitica possa essere, in questo momento, un alleato nel far sì che vengano proposte nuove soluzioni energetiche rinnovabili e pulite. Eppure il ministro Cingolani non sembra voler andare in quella direzione. Infatti, al momento, lavora a una serie di accordi che possano sostituire la fornitura di gas russo. I programmi prevedono sostanzialmente il prelievo di questa fonte di energia da altri Paesi. In particolare dagli Stati dell’Africa come Algeria, Angora e Congo, noti per la propria instabilità politica. «Non abbiamo un’alternativa al momento – spiega Cingolani – bisogna garantire la sicurezza energetica del Paese».

Tuttavia l’esperta Claudia Tebaldi illustra come il gas, nonostante produca la metà delle emissioni di anidride carbonica rispetto ai combustibili fossili, continui a far aumentare il rilascio di CO2.

In più non va sottovalutato il grave impatto ambientale dovuto a eventuali perdite di metano durante il trasporto. «Il gas è una soluzione temporanea – dichiara Claudia Tebaldi -. Per arrivare a zero emissioni entro il 2050 occorre ridurre adesso le emissioni, mentre continuano ad aumentare».

La tutela dell’ambiente inizia dal cittadino

Sono quindi necessarie altre azioni più ambiziose per far fronte all’emergenza. E devono partire dai singoli cittadini. «Manca l’atteggiamento dei cittadini verso la sobrietà energetica» dichiara Luca Mercalli.

Invece l’attivista Filippo Sotgiu punta il dito verso le aziende, i cui guadagni vengono preservati a discapito della collettività. Eppure anche il giovane di Fridays For Future condivide che ogni rinnovamento inizi dal singolo. «Il cambiamento non arriverà da solo – conclude Filippo -. Abbiamo bisogno di Noi».

Negazionisti dell’emergenza climatica: ne parla Michael Mann

A porre rilievo sulla problematica del movimento negazionista dell’emergenza climatica è stata l’intervista, condotta dalla giornalista climatica Stella Levantesi, al direttore di Earth System Science Center e uno dei più importanti climatologi al mondo, Michael Mann, in videocollegamento.

«A causa delle inazioni dovute ai decenni di disinformazione condotta dalle industrie dei combustibili fossili – spiega Mann – abbiamo adesso un lavoro più duro da compiere per ridurre le emissioni».

Oltre ad accusare queste realtà di aver negato la crisi climatica, nonostante l’evidenza scientifica dimostrasse già in passato il sopraggiungere di questa grave emergenza ambientale, Mann illustra come adesso la loro strategia sia quella di non trovare soluzioni al problema o di promuoverne alcune inefficienti e senza garanzia di successo, come, per esempio, la “cattura” a posteriori della CO2 emessa.

Tuttavia «non c’è nessuna economia da mantenere in un pianeta morto», sottolinea il climatologo a conclusione dell’incontro dal titolo “La nuova guerra del clima. Le battaglie per riprenderci il pianeta”.

Celebrare la bellezza dell’ambiente nonostante la guerra

L’appuntamento “Raccontare la bellezza violata dello Yemen” ha mostrato, invece, come la bellezza di paesaggi incontaminati permanga anche in contesti di guerra, dove le azioni umane cercano di distrugge tutto ciò che li circonda: uomini, città e terre.

In questa occasione la giornalista Laura Silvia Battaglia al-Jalal ha intervistato la fotogiornalista Amira Al-Sharif e il fotografo Lorenzo Tugnoli, vincitore del Premio Pulitzer e collaboratore di “The Washington Post”.

Si sono così accesi i riflettori su Yemen e Afghanistan, scenari di guerra e oppressione, in cui la natura fa da sfondo, ma sembra emergere dirompente dalle foto scattate sul luogo dai due fotografi. Questi professionisti hanno cercato di rappresentare la crisi umanitaria che si sta verificando da anni in questi territori, ma non senza affrontare difficoltà. «Essendo un luogo che sentiamo lontano da noi – afferma Tugnoli – è più difficile comunicare l’emergenza al pubblico».

Infine hanno trattato tematiche ambientali anche altri incontri come:

  • “Dopo la COP: come coprire la crisi climatica e collegare le comunità locali con il pubblico globale?”, che aveva tra i partecipanti Angela Dewan, international climate editor della CNN, e Patrick Greenfield, reporter di “The Guardian”;
  • Cambiamento climatico: pro e contro del solutions journalism”, in cui sono intervenuti Katy Daigle, editor di “Reuters”, e Dayana Sarkisova di “The Washington Post”;
  • La pista dei soldi dietro la disinformazione sul clima”, con il direttore di openDemocracy Peter Geoghegan e Felicity Lawrence di “The Guardian”.

Numero verde ONA

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