SONO ORMAI TANTI I LIBRI CHE PARLANO DI CAMBIAMENTO CLIMATICO E DELLE SUE CONSEGUENZE IN ITALIA
Parlare di clima e soprattutto di cambiamento climatico non è più prerogativa solo del genere della saggistica ma diventa sempre più caratteristica dell’immaginario degli italiani, grazie a romanzi e produzioni cinematografiche. Si tratta di Climate fiction o Cli-fi, genere letterario e non solo televisivo ideato dal giornalista inglese Dan Bloom. Nella categoria Cli-fi rientrano tutte le opere che esplorano le conseguenze della crisi climatica. Si pone a metà strada tra la fantascienza e la distopia, con finalità spesso anche politiche e civili.
Riprendendo la tradizione post-apocalittica del Novecento, espressione di paure e ansie che hanno colpito la popolazione nelle varie fasi del passato (invasioni di alieni, pandemie, guerre atomiche, terremoti, eruzioni vulcaniche, mutazioni animali), attualmente il racconto della fine del mondo si concentra sulla crisi climatica e sull’eco-ansia. Tuttavia in queste eco-distopie la distruzione dell’umanità non è causata da un solo grande evento, bensì da una serie di concause inestricabili e gradualmente emergenti dovute al cambiamento climatico.
Il genere Cli-fi nel panorama letterario italiano
La maggior parte dei libri che possono ricondursi al Cli-fi appartiene al mondo anglosassone, tuttavia esiste già nel panorama italiano qualche esempio rilevante. Tra questi c’è “Qualcosa, là fuori” di Bruno Arpaia (Guanda), un romanzo ambientato in un periodo imprecisato tra il 2070 e il 2080. Qui migliaia di persone partono dall’Italia, divenuto un Paese quasi completamente desertificato, imbarcandosi su una nave che li porterà verso la salvezza in Svezia, unico territorio dove il clima è adatto all’insediamento umano.
Una terra arida, colpita dal caldo vento di scirocco, è anche quella di Sassari, in Sardegna, dove lo scrittore Gianni Tetti ambienta il suo romanzo “Mette pioggia” (Neo Edizioni). Qui la polvere che continua a cospargere case e persone favorisce il proliferare dei ratti e il rapido espandersi di una malattia misteriosa cui quasi nessuno sembra dare il giusto peso.
“Bambini Bonsai” di Paolo Zanotti (Ponte alle Grazie) è invece ambientato a Genova, città vittima dell’innalzamento delle acque mediterranee. Qui miasmi hanno causato a poco a poco la morte di pesci e uccelli marini. Il calore costante, colpevole di aver fuso i ghiacci, si alterna poi a tifoni devastanti. In questa atmosfera, descritta più in maniera onirica che apocalittica, i bambini sembrano gli unici in grado di accettare il nuovo mondo e di viverlo com’è, nonostante gli eventi climatici estremi che lo caratterizzano.
Stagioni impazzite, con lunghi inverni e altrettante lunghe estati, sono quelle che si susseguono anche nel libro “Noi siamo campo di battaglia” di Nicoletta Vallorani (Zona 42). Qui la pianura padana è ormai diventata un golfo e l’odore della salsedine raggiunge anche Milano, così come la sabbia del deserto.
La crisi climatica diventa crisi dell’essere umano
A concentrarsi invece sul lato umano e sui sentimenti dei personaggi che si muovono in un contesto segnato dallo stravolgimento climatico è Chiara Mezzalama in “Dopo la pioggia” (Edizioni e/o). Anche qui le estati sono infinite e siccitose, tanto da rendere la terra arsa e dura. Durante l’autunno invece l’acqua arriva in forma molto violenta, come nel nubifragio che apre il romanzo. A Roma il fiume Tevere, passato da secco a gonfio in poche ore, esonda, sradicando alberi, distruggendo palazzi e mettendo in fuga migliaia di persone. Un black out elettrico manda in tilt la rete. I cellulari si scaricano. Nessuno sa più dove sono i propri amici e la propria famiglia.
E questa drammatica situazione fa da sfondo a un’altra altrettanto drammatica: quella di una donna, Elena, a conoscenza da tempo che il marito la tradisce, ma che non ha mai avuto il coraggio di lasciarlo. Il sentimento di angoscia che la invade di fronte alle conseguenze del cambiamento climatico e alla loro accettazione passiva è lo stesso che le provoca così tanto dolore nella propria vita personale. La crisi ambientale diventa perciò anche la crisi di un modo di vivere e relazionarsi, profondamente individualista, che collassa insieme alla natura. Non c’è altra strada che ricominciare tutto, ridefinire le basi del nostro vivere, muoverci, nutrirci ma anche amarsi.
Modi diversi in cui affrontare la crisi climatica
Infine anche la scrittrice canadese Deborah Willis nel suo nuovo libro “La mia ragazza su Marte” (Bollati Boringhieri) indaga il concetto di amore in un’epoca sempre più caotica e sconvolta dal cambiamento climatico. In un mondo quindi in cui le conseguenze della crisi climatica sono descritte come ineluttabili, senza via di fuga, la vita di Amber e Kevin, fidanzati da quattordici anni, cambia improvvisamente quando lei decide di iscriversi a un nuovo reality show, MarsNow, per diventare uno dei primi esseri umani a vivere su Marte.
Tanto la vita di Kevin è basata sulla ripetitività e sull’incapacità di agire, tanto quella di Amber è dinamica e determinata a realizzare il suo progetto. L’energia di Amber è così intensa da rendere il suo movimento più simile a una fuga dalle responsabilità, dalla sua storia d’amore e da tutto ciò che c’è di sbagliato in questo mondo divenuto sempre più fragile. Al contrario l’inerzia in cui vive Kevin è così forte da rendere la sua realtà priva di stimoli. Si rinchiude sempre più dentro casa e dentro sé stesso. In un mondo dove tutti parlano e comunicano, soprattutto attraverso i social network, Kevin è incapace di entrare di nuovo in contatto con la donna che ama, ormai lontana e inafferrabile.
“La mia ragazza mi ha abbandonato – scrive nel suo libro la scrittrice -. Sono anni che cerca di allontanarsi da me, da quella sensazione di pantano nel fango che è la nostra storia. È un po’ come la crisi climatica: ora ne sono consapevole, finalmente la vedo, ma stava succedendo davanti ai miei occhi da molto tempo”.