I cambiamenti climatici hanno contribuito a scatenare gli incendi che fino a qualche giorno fa hanno aggredito e distrutto varie porzioni della California. Le stagioni secche si stanno intensificando, aumentando, così, il rischio di incendi. I venti autunnali, che hanno raggiunto anche 130 Km l’ora, hanno scatenato maggiormente le fiamme.
Fiamme inarrestabili sulla California
È sempre difficile per me parlare di California, perché è il posto dove vivo, cui voglio bene e spesso penso di non essere obiettiva nel parlarne. C’è una sorta di riservatezza e di pudore per me di parlare di qualsiasi cosa che mi riguardi da vicino e credo che un po’ lo Stato dove vivo da più di venti anni (gulp!) ne faccia parte.
Ad ogni modo, ogni anno siamo qui e ogni anno diventa peggio. La stagione degli incendi che si prolunga, i fuochi che fanno maggiormente paura, le zone da blackout che si allargano, l’aria dalla qualità fetida che senti una cosa che brucia in gola, gli occhi che vorresti chiudere, grattare, piangerci, tutto insieme.
E questo per me che vivo più o meno al sicuro dalle fiamme che divampano.
C’è chi ha dovuto abbandonare la propria casa, chi l’ha dovuta abbandonare più volte, e chi non l’ha più ritrovata.
I cambiamenti climatici devastanti
I cambiamenti climatici, una popolazione sempre crescente, gente che si sposta sempre più a vivere verso zone boschive e pericolose per pagare di meno, i pali della luce in bellavista che non ci vuole niente a una scintilla di innescare l’incendio. E mi chiedo sempre: ma se in Italia siamo riusciti a mettere quasi tutti i suddetti cavi elettrici sottoterra perché qui non si può fare?
L’idea di questo Stato è sempre stato l’ottimismo. Infinita terra, infinite risorse, infinite possibilità. “Go west, young man and grow up with the country” (Vai a ovest, giovanotto e cresci con il Paese), diceva tale Horace Greeley giornalista, nel 1850 o dintorni, incoraggiando i giovani a lasciare l’East cost troppo urbanizzata e densa e di andare verso ovest per trovare se stessi.
Eravamo appunto uno stato giovane, con la speranza infinita, con terre fertili, scarsa popolazione, vita semplice e selvaggia. Bastava solo la voglia di fare. Ideale per i giovani.
Ora la natura ci ricorda che la speranza non è infinita e che le speranze di gioventù si dissolvono come gli occhi ridenti e fuggitivi di Silvia.
Probabilmente il periodo d’oro è stato il dopoguerra. L’ideale della casetta con piscina per tutti, lavoro, ottimismo per la vita. E nel contempo, sorgevano organizzazioni e si facevano leggi per proteggere mare e costa, ambiente e qualità di vita. Era possibile negli anni 1950 prendere interi lotti agricoli e trasformarli in mille, diecimila, ventimila case.
Aranceti, campi di fave, piantagioni di limoni. Tutto è diventato una casa. Sempre più gente, sempre più tecnologia, sempre più crescita.
Ma la crescita non dura in eterno. In 150 anni siamo diventati troppi, con troppi ricchi-ricchi e con troppi poveri-poveri. Il ceto medio si sgretola. Le terre sono finite, l’acqua pure. Tutto costa troppo. Uber, Apple e Facebook certo, ci rendono la quinta o la sesta o la quarta economia del mondo, ma c’è anche una vasta umanità di senza tetto che fanno rabbia e schifo e pena allo stesso tempo.
E adesso che non si sa che fare con gli incendi c’è la soluzione più low cost e low tech del mondo: spegniamo le luci!
Non paiono esserci soluzioni fattibili.
Nel frattempo la California brucia.
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