L’impianto, sperimentale, per produrre energia rinnovabile da fonti non fossili, è alimentato con gli scarti alimentari della mensa del Centro Ricerche Casaccia (Roma).
Nuovo impianto sperimentale per produrre biogas
Il 10 ottobre presso il Centro Ricerche Casaccia-Roma, ENEA ha realizzato un nuovo impianto sperimentale per produrre biogas. È una delle fonti alternative più utilizzate per la produzione di energia rinnovabile. È indicata dall’UE tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili, che possono garantire non solo autonomia energetica, ma anche la riduzione graduale dell’attuale stato di inquinamento dell’aria e quindi dell’effetto serra.
Un ciclo virtuoso che sfrutta la materia di scarto trasformandola in combustibile di origine non fossile. Si può utilizzare sia nei trasporti sia per produrre calore ed energia elettrica.
L’impianto dovrebbe aumentarne resa e contenuto in metano per oltre il 70%, riducendo volumi, tempi e costi di produzione rispetto agli impianti “tradizionali”.
L’apparato sperimentale è stato realizzato nell’ambito del Programma Industria 2015. È finalizzato all’incremento dell’efficienza del processo di digestione anaerobica attraverso infrastrutture, fermentatori da banco, circuiti e impianti sperimentali di piccola taglia, fino a impianti pilota veri e propri del volume di alcuni metri cubi.
A finanziarlo il ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con l’azienda Ladurner Ambiente (capofila del progetto).
Il presente e il futuro della produzione di biogas
L’impianto si presta a essere alimentato con biomasse “povere”, come canne, paglia, residui agricoli o rifiuti organici. Ma al momento funziona solo con gli scarti provenienti dalla mensa del Centro Ricerche Casaccia.
In futuro sarà ingrandito e dotato di altri componenti per sperimentare, anche attraverso la collaborazione sinergica dell’industria del settore, nuove tecnologie attraverso cui si dovrebbe essere in grado di produrre bioidrogeno e biometano.
Nel dettaglio, si sta progettando la realizzazione di una copertura con pannelli fotovoltaici. Non solo potranno alimentare le utenze dell’impianto ma saranno anche in grado di produrre, mediante elettrolisi dell’acqua, una corrente di idrogeno da utilizzare in processi all’avanguardia per la bioconversione della CO2 contenuta nel biogas in metano.
Il biometano: c’è chi dice si. Il parere di Vito Pignatelli
Parimenti al gas naturale, il biometano è una fonte di energia rinnovabile ottenuta dalla lavorazione della frazione organica dei rifiuti urbani e dalla valorizzazione di prodotti e sottoprodotti della filiera agricola e agroindustriale.
Secondo ambientalisti ed economisti, il biometano può essere immesso nelle infrastrutture del gas naturale, apportando grandi benefici.
Il responsabile del Laboratorio ENEA di “Biomasse e Tecnologie per l’Enegia”, Vito Pignatelli ha dichiarato:
«La produzione di biogas da impianti di digestione anaerobica è considerata una tecnologia matura ampiamente diffusa sul territorio nazionale, in particolare nel nord Italia, ma presenta delle criticità, specie nel caso di utilizzo di una percentuale rilevante di biomasse povere».
Ciò infatti comporta costi elevati per l’eventuale immissione in rete del biogas, che per legge deve avere un contenuto minimo di metano del 97%.
«Grazie alle innovazioni sviluppate nei laboratori dell’ENEA, come ad esempio l’impiego di miscele selezionate di funghi e batteri e la separazione dei diversi stadi del processo di digestione anaerobica in due diversi reattori (processo bistadio), oltre ad aumentare le rese di conversione di biomasse povere, siamo anche in grado di prevenire perdite di produttività in quanto, se si verifica un problema nel primo reattore, mentre si interviene su questo, il secondo continua a produrre metano regolarmente», spiega Pignatelli, che poi aggiunge:
«I benefici sono comunque anche altri e di carattere più generale: utilizzando scarti alimentari contribuiamo alla riduzione dei rifiuti e con l’impiego di biomasse povere siamo in grado di valorizzare economicamente scarti dell’agricoltura, che rimangono in gran parte inutilizzati o, in prospettiva, recuperare a fini produttivi terreni degradati o comunque non utilizzabili per l’agricoltura convenzionale, come le aree in prossimità delle discariche».
Differenza tra compostaggio e digestione anaerobica
Utile precisare che l’intero processo produttivo del biogas viene gestito e controllato da un software in grado di programmare e monitorare il volume e la composizione del biogas prodotto e i principali parametri di processo quali temperatura, pH e livelli.
Attenzione: è importante fare una differenza tra compostaggio e digestione anaerobica. Perché?
Il compostaggio viene considerato il modo più sano per gestire i rifiuti organici. Il processo si svolge in presenza di aria (aerobico). Produce il compost, materiale di scarto domestico attraverso cui rigenerare e fertilizzare il terreno (è il sistema che l’Europa, i medici e gli scienziati ritengono migliore).
Gli impianti di digestione anaerobica – chiamati anche centrali a biogas/biometano o biodigestori –, invece, secondo alcuni detrattori, inquinano. Rappresenterebbero una truffa ai danni dei cittadini che pagano gli incentivi concessi a questi impianti. Sarebbero soggetti a esplosioni e sversamenti, produrrebbero emissioni nocive e un digestato pericoloso per la presenza di nitrati, metalli pesanti e spore di Clostridium Botulinum (3mila casi di botulismo in Germania vicino alle centrali a biogas).