UNA BATTERIA AD ALGHE HA ALIMENTATO UN COMPUTER DELL’UNIVERSITÀ DI CAMBRIDGE PER SEI MESI. I RICERCATORI HANNO POSTO LE ALGHE IN UN CONTENITORE CON ELETTRODI. QUESTE HANNO UTILIZZATO LA LUCE SOLARE PER CREARE ELETTRICITÀ
A Cambridge, alcuni ricercatori, tra cui l’italiano Paolo Bombelli, hanno sviluppato una batteria con anodo di alluminio alimentata da organismi fotosintetici, ossia alghe azzurre (cianobbatteri).
Si cercherà, ora, di migliorarne le prestazioni che potrebbero avere un impatto positivo sull’ambiente.
La generazione di corrente tramite batteri risale ai primi del ‘900, quando furono realizzate le prime pile a combustibile microbiologico.
In questi casi si trattava di organismi alimentati con zuccheri o altri composti, mentre il team di Cambridge ha sfruttato la fotosintesi.
Trasformata la luce in sorgente energetica, la corrente è stata poi convogliata verso un apparato capace di sfruttarla.
L’iter del processo che ha portato alla realizzazione della batteria ad alghe
I cianobatteri del genere Synechocystis agiscono come dei piccolissimi pannelli solari viventi. Essi utilizzano l’energia dei fotoni solari per le reazioni chimiche, che rilasciano elettroni a un substrato solido, cioè generano una corrente elettrica.
I ricercatori hanno posto le minuscole alghe in una batteria con anodo di alluminio per oltre 6 mesi, ottenendo una batteria con superfici trasparenti, di soli 50 grammi di peso e 6 centimetri di altezza. La tensione elettrica è di circa 700/800 millivolt, mentre l’intensità è di pochi microampere. I
l progetto è nato da un chip usato solitamente nel settore Internet-of-things. I ricercatori stanno pensando ora di sviluppare piccoli visori, mini-display, che mostrano informazioni di vario tipo e hanno bisogno di soli 3 volt.
La batteria ad alghe è, dunque, economica, facilmente trasportabile e a impatto ambientale molto ridotto rispetto ad ogni altra alternativa. È necessario adesso migliorarne le prestazioni, in modo da farla entrare nell’uso comune.

Una svolta per l’Internet of things
Oggi, i ricercatori si sono concentrati sul Synechocystis, isolato nel 1968 a Oakland sfruttando l’acqua di un lago del Nord America, ma questo è solo il punto di partenza. Era importante, infatti, scoprire il meccanismo per impiegare la corrente generata.
Ciò che ha meravigliato i ricercatori è stato il funzionamento della batteria anche durante le ore notturne, quando non c’era luce solare ad alimentare il dispositivo.
Si è ipotizzato che le alghe elaborano una parte del loro “cibo” quando non c’è luce, continuando a generare una corrente elettrica.
Queste alghe non sono in grado di alimentare dispositivi molto grandi, ma possono essere utilizzate in luoghi remoti e per piccoli dispositivi.
Rappresenterà certamente una svolta per l’Internet of things (IoT), cioè per tutti quegli oggetti usati quotidianamente che un giorno potranno essere connessi ad internet.