SOTTO IL MANTO DI GHIACCIO PERMANENTE DELL’ARTICO GIACE UN NEMICO SILENZIOSO: IL METANO. A CAUSA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI, LO SCIOGLIMENTO DEL PERMAFROST, CON LA FUORIUSCITA DEL GAS, POTREBBE SCONVOLGERE L’EQUILIBRIO ATMOSFERICO, GIÀ CRITICO. A SVELARLO, UNO STUDIO PUBBLICATO SU FRONTIERS
Metano a due metri sotto il ghiaccio dell’Artico
Il tentativo di scrutare la distribuzione del metano nell’arcipelago delle Isole Svalbard (Norvegia), nel Mare Artico, ha rivelato l’inquietante presenza di metano a soli due metri sotto la superficie del ghiaccio.
Questo gas potentissimo, apparentemente tranquillo, è pronto a risalire verso la superficie se “liberato”. E non è un problema esclusivo delle Svalbard: altre regioni artiche con simili origini geologiche potrebbero nascondere lo stesso pericolo.
Se ciò dovesse accadere, si potrebbe assistere infatti a uno sconvolgimento dell’equilibrio climatico globale.
Ad affermarlo Thomas Birchall, un geologo del Centro Universitario delle Svalbard. «La scoperta di accumuli di gas in tutti i pozzi esplorati è stata puramente causale», spiega, sottolineando che questo fattore potrebbe avere implicazioni devastanti. «I tentativi delle aziende di ricerca di idrocarburi, volti a individuare queste riserve in ambienti più consueti, hanno avuto un tasso di successo inferiore al 50%».
Una storia emblematica viene dal pozzo vicino all’aeroporto di Longyearbyen, la città più popolosa delle Isole Svalbard.
«Abbiamo utilizzato degli allarmi rudimentali per rilevare livelli di metano», racconta Birchall. E quando ci siamo avvicinati al pozzo si sono attivati immediatamente».
Una ricerca senza precedenti
Sconcertante è il fatto che, nonostante oltre mezzo secolo di trivellazioni, questo è il primo studio che getta luce sulla quantità dell’idrocarburo nascosto sotto il permafrost delle Svalbard.
Per comprenderne al meglio la distribuzione, Thomas Birchall e il suo team hanno esaminato i pozzi di esplorazione di idrocarburi.
«Il permafrost nelle valli delle Svalbard agisce come un efficace tappo criogenico, trattenendo il metano profondo e impedendone la fuga nell’atmosfera», spiega Birchall.
Diversa la situazione negli altipiani, dove non essendoci umidità, l’equilibrio fragile del permafrost crea una barriera più debole. «Le aree degli altipiani mostrano un ghiaccio più sottile e frammentato, meno impermeabile rispetto alle valli», sottolinea poi il ricercatore.
«Qui, l’aumento della pressione all’interno dei pozzi suggerisce l’accumulo di gas metano», prosegue.
Un disequilibrio Artico
«Siamo di fronte a un’evidente situazione di disequilibrio», chiosa Birchell. La terra sotto il ghiaccio sembra muoversi, gli idrocarburi cercano un varco verso la superficie e il metano si disperde nell’atmosfera, anche se in quantità modesta.
Ma se al momento la situazione è abbastanza sotto controllo, il cambiamento climatico e il conseguente riscaldamento globale provocando lo scioglimento del permafrost, potrebbero causare uno sconvolgimento totale del pianeta
Insomma, in questa corsa contro il tempo, il destino climatico del nostro pianeta è appeso a un “filo di ghiaccio”.