UN PROGETTO DEL PARCO DELL’APPENNINO TOSCO EMILIANO SALUTA LA RINASCITA DEGLI “USI CIVICI” E DELL’ANTICA REGOLA MEDIEVALE COME STRUMENTI FONDAMENTALI DI SALVAGUARDIA AMBIENTALE. SI APRE COSÌ LA STRADA A UN NUOVO APPROCCIO PER LA TUTELA DEL NOSTRO ECOSISTEMA
La rinascita dell’antica saggezza medievale: uno scudo per la salvezza del clima
Antica saggezza. A Cerreto Laghi (Reggio Emilia), il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ha organizzato un evento molto evocativo, cui hanno partecipato una settantina di amministratori e cittadini.
Una pratica medievale, un tempo vissuta in comunità, si è sollevata infatti dal passato come una reliquia, rivelandosi un prezioso alleato nella lotta contro le sfide ambientali del futuro.
Parliamo dei cosiddetti usi civici, arcaiche regole di condivisione delle terre, che hanno risvegliato l’attenzione dei partecipanti.
Questi antichi concetti, noti anche come “quadri“, “regole” o “patriziati” in diverse regioni d’Italia, hanno una storia che affonda nel Medioevo. Approfondiamo la questione.

L’antica regola medievale
In quei tempi remoti, intere comunità gestivano e utilizzavano la terra insieme, preservando le risorse naturali, come i boschi rigogliosi per la raccolta di legna profumata e funghi succulenti, i pascoli che ondeggiavano sotto il sole e i corsi d’acqua che serpeggiavano tra le valli.
Sebbene il passare degli anni abbia diviso molte di queste proprietà, una parte dei diritti d’uso e l’accesso a questi tesori naturali è rimasta nelle mani dei cosiddetti “domini collettivi“.
È proprio su questa eredità che il Parco Nazionale ha posto l’occhio, riconoscendo il loro potenziale come pilastri della conservazione ambientale e della resilienza ai cambiamenti climatici, un tema urgente e pulsante ai nostri giorni.
Il progetto si materializza: la rinascita degli “usi civici”
L’entusiasmo del Parco si è dunque materializzato in una partnership innovativa con alcune di queste proprietà “condivise“. L’obiettivo? Promuovere pratiche agricole tradizionali, come suggerito dagli “usi civici”, che limitino lo sfruttamento eccessivo delle risorse.
In questo modo, si suggella un matrimonio tra antica saggezza e moderno, attraverso un progetto di crediti di sostenibilità.
Si tratta insomma, non solo di legna da ardere, ma anche di una ben orchestrata danza tra la cura della biodiversità, il controllo delle acque e la riduzione dei rischi idrogeologici.
E non finisce qui. Questi servizi per un futuro sostenibile, vengono venduti ad aziende desiderose di compensare le proprie emissioni di CO2.
Una nuova connessione tra l’uomo e l’ambiente
Durante l’incontro, le parole del direttore del Parco, Giuseppe Vignali, hanno risuonato come un canto che abbraccia i secoli, introducendo una nuova era di connessione tra l’uomo e l’ambiente. «Con il ruolo di coordinamento, abbiamo coinvolto quarantatré usi civici che vivono e respirano in questo territorio, guidandoli in attività ambientali coordinate e condivise».
Frase che preannuncia, non solo un momento di condivisione, ma il bagliore di una trasformazione imminente.
Vignali ha rivelato poi, con un palpabile fervore, che «sedici di questi fervidi custodi della natura hanno già compiuto un passo audace, avviando la vendita di servizi ecosistemici».
L’intervento del giurista Pagliari in difesa della legge
A mettere ordine sulla normativa relativa agli usi civici, (la legge del 1927 che voleva abolirli fallì, il tentativo anzi li rafforzò) è stata una legge del 2017.
A spiegarlo Giorgio Pagliari, un giurista illuminato ed ex senatore di Parma.
Con una voce carica di saggezza, Pagliari ha raccontato il cammino per “portare a casa” la legge del 2017, un atto rivoluzionario che finalmente ha regolamentato e riconosciuto l’esistenza di queste comunità, lasciandole intatte nella loro essenza.
Pagliari ha dunque rivelati i pilastri fondamentali della legge. Come prima cosa, «gli usi civici hanno ottenuto lo status di personalità giuridica di diritto privato».
Questo riconoscimento ha dunque sancito la loro autonomia nella gestione dei beni comuni, ponendo fine a un’epoca in cui questi tesori naturali erano spesso «sfruttati dai Comuni, come se fossero beni pubblici».
Ma non è finita qui.
Pagliari ha spiegato l’altro pilastro della legge: l’identificazione dei beni su cui gli usi civici hanno giurisdizione. Boschi, torrenti, persino le cave di marmo sono stati riconosciuti come “beni privati” di una comunità intera. «Appartengono a tutti i membri di una comunità e a nessuno in particolare, dunque non possono essere alienati, divisi e snaturati».

Pagliari spiega l’articolo 9 della legge 2017
Spiegando l’art. 9 della legge 2017, Pagliari, padre ispiratore della stessa, ha aggiunto che esso «sancisce la consacrazione dei domini collettivi nella funzione di tutela dell’ambiente». Nell’ultima nota di questa sinfonia legislativa, ha saggiamente sottolineato, «c’è l’obbligo per la generazione che gestisce i beni, di migliorarli non distruggerli e conservarli per chi verrà dopo».
Ma le parole non si fermano qui, perché l’arte della gestione attiva e propositiva degli usi civici è una melodia che risuona attraverso le voci di visionari. Così, Pagliari, con il suo sguardo oltre l’orizzonte, ha sussurrato: «la legge ha dato gli strumenti, ma quello che serve è una gestione attiva e propositiva degli usi civici per lo sviluppo dei territori».

Altre voci allineate: il valore dell’antica regola
Annalisa Folloni, sindaco della città di Flattiera, in provincia di Massa Carrara (in Lunigiana) e presidente della Comunità del Parco tosco emiliano, ha fatto eco alle parole di Pagliari. «L’aspetto fondamentale degli usi civici è la loro capacità di conservare le risorse».
Ricco di pathos il commento di Raffaella Mariani, vicepresidente del Parco e sindaco di San Romano in Garfagnana (Lucca).
«Sono istituti molto attuali e mi sembra molto interessante che la loro storia ultracentenaria sia declinata nel dibattito sulla messa in discussione dei beni comuni, in chiave di sviluppo dei territori e delle comunità».
Annibale Salsa, antropologo e presidente del comitato scientifico della scuola per il governo del territorio e del paesaggio di Trento ha rimarcato come gli usi civici portino con sé «un’etica morale e ambientale. “Promuovono un determinato modello di relazioni sociali».
Un mosaico di menti illuminate
Al convegno hanno preso parte altre menti eccellenti. Alessandro Zampolini, presidente dell’uso civico di Cerreto, Elio Ivo Sassi, presidente dell’unione montana dell’Appennino regina e delegato della Provincia di Reggio Emilia. Presente altresì Gianluca Giannetti, sindaco del Comune di Fivizzano (Massa- Carrara).
Il clima si è poi acceso quando il “padrone di casa”, il sindaco del Comune di Ventasso (Reggio Emilia), Enrico Ferretti, ha esposto una verità incendiaria. Secondo lui, i Comuni possono rappresentare gli usi civici, un fatto che la tavola dei relatori ha accolto con un chiaro “ex lege”, un richiamo alla necessità che l’ente regionale si conformi alle nuove normative.
A conclusione dell’incontro, il presidente del Parco Nazionale, Giovannelli, ha suggellato il tutto tornando a insistere sulla “responsabilità” degli usi civici nella gestione dei territori: un’armonia che lega passato, presente e futuro in un unico, eterno abbraccio.