Le navi della Marina Militare erano piene di amianto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione.
I processi agli ammiragli assolti sono da rifare
Dopo sette anni, tre rinvii e due assoluzioni, la Suprema Corte, nella sentenza del 6 novembre 2018, ordina che i processi a cinque ammiragli italiani della Marina Militare sono da rifare. I dispositivi sono stati resi noti solo sabato 16 marzo scorso. Gli alti ufficiali sono stati indagati per la morte del capitano di vascello Giuseppe Calabrò, di Siracusa e del meccanico Giovanni Baglivo, di Tricase (Lecce), deceduti nel 2002 e nel 2005.
Entrambi sono defunti a Padova, dove erano stati ricoverati per mesotelioma pleurico. Il tumore ai due marinai è stato provocato dall’inalazione di fibre di asbesto, respirate a bordo delle navi durante il servizio.
L’accusa nei confronti di Francesco Chianura, Guido Cucciniello, Agostino Di Donna, Elvio Melorio (deceduto) e Mario Porta è di aver omesso “per anni di rendere edotto il personale dipendente della Marina militare dei rischi per la salute provocati dalla presenza di amianto navi militari e negli ambienti di vita e di servizio a terra. Oltre che dei rischi prodotti dalle lavorazioni cui erano adibiti e dalle polveri che respiravano. Senza curare di fornire loro mezzi idonei di protezione individuale per ridurre i rischi”. Così recita la sentenza.
Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto, presieduto dall’avv. Ezio Bonanni, «sono più di 2mila i decessi provocati dall’asbesto presente sia a bordo dei navigli, sia negli arsenali», prima della bonifica iniziata nel 1992.
La sentenza storica della Corte di Cassazione
Una sentenza “storica”, quella della Cassazione che, di fatto, respinge la sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Venezia – del 16 marzo 2017 -. Questa competente per i processi contro i vertici della Marina Militare, responsabili della morte dei marinai. I due sono deceduti a Padova dove erano stati ricoverati per la gravissima patologia.
La III Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto per la terza volta la sentenza della Corte di Appello di Venezia e rinviato “ma in altra composizione”, il processo contro gli ammiragli Marina Militare.
Deceduti a causa dell’amianto Marina Militare
I giudici di legittimità hanno confermato che i due lavoratori sono deceduti a causa dell’asbesto, per responsabilità del datore di lavoro – gli ammiragli della Marina Militare – che non hanno adottato le precauzioni di legge.
Inoltre, sempre secondo le motivazioni della Corte di legittimità, gli stessi lavoratori restando in servizio hanno continuato a essere esposti alla fibra killer. hanno così creato il “cosiddetto effetto acceleratore” che ha ridotto il tempo di latenza e anticipato il decesso. La latenza è il tempo che intercorre dalla prima esposizione fino all’insorgere del mesotelioma. In media, secondo la comunità scientifica, è di circa trent’anni –
Il dispositivo conferma “anche l’esistenza del nesso causale tra l’evento mortale e le condotte emissive colpose attribuibili agli imputati”.
«Va detto, però», aggiunge Bonanni, «che nell’ambito civile, il ministero della Difesa è stato più volte condannato a risarcire tutti i famigliari delle vittime di asbesto, riconosciute anche come vittime del dovere con equiparazione alle vittime del terrorismo».
Due casi, in particolare, sono stati sostenuti dall’Osservatorio Nazionale Amianto e assistiti dall’avv. Bonanni. Il primo riguarda Alberto Sanna militare in servizio prima in Aeronautica Militare e quindi nell’Esercito Italiano; il secondo è di Antonello Serru che ha prestato servizio nella Marina Militare.
Entrambi i militari sono stati equiparati alle Vittime del dovere e il ministero della Difesa è stato condannato a riconoscere agli eredi sia i benefici assistenziali sia i benefici che spettano alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.