domenica, Dicembre 8, 2024

Amazzonia: serve un Piano Marshall per salvare il polmone verde della Terra

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L’AMAZZONIA, IL “POLMONE VERDE” DELLA TERRA, IN SUDAMERICA, È MINACCIATA DA UNA COMBINAZIONE LETALE DI SICCITÀ, CALDO E INCENDI. IL TUTTO ESACERBATO DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO E DALLA DEFORESTAZIONE. GLI SCIENZIATI LANCIANO UN ALLARME SENZA PRECEDENTI, AVVERTENDO CHE DAL 10% AL 47% DELL’ATTUALE COPERTURA DELLA FORESTA PLUVIALE DOVRÀ AFFRONTARE QUESTI FATTORI DI RISCHIO COMBINATI ENTRO IL 2050, SE NON SARANNO PRESE MISURE URGENTI PER INVERTIRE LA TENDENZA

L’Amazzonia a rischio 

La foresta pluviale dell’Amazzonia, fonte di vita per milioni di specie vegetali e animali, si trova al bivio di una crisi senza precedenti. Secondo uno studio recente pubblicato su Nature, il riscaldamento globale e la perdita di alberi causati dalla deforestazione la stanno portando al punto di rottura. 

Quali sono le cause di questa crisi imminente? Il cambiamento climatico gioca un ruolo chiave.

L’innalzamento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni che portano infatti a siccità sempre più frequenti e prolungate. Questo, combinato con la deforestazione accelerata dall’attività umana e dagli incendi (quasi sempre dolosi), crea un cocktail letale che minaccia di spazzare via la foresta pluviale più grande del mondo.

Ma il futuro dell’Amazzonia non è solo una questione ambientale, è altresì una questione di sopravvivenza per l’intero pianeta

Gli alberi dell’Amazzonia svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo dell’acqua globale, trasportandola dal suolo nell’atmosfera. Quest’acqua poi si condensa sotto forma di pioggia e nutre nuovamente la foresta. 

In aggiunta, la foresta ha un ruolo attivo nel sequestro di carbonio. Contribuisce infatti a stabilizzare il clima e a fornire habitat vitali per una straordinaria diversità di specie.

La foresta pluviale sta diventando una savana

«La regione è sempre più esposta a uno stress senza precedenti. Questo è dovuto al riscaldamento delle temperature, alla siccità estrema, alla deforestazione e agli incendi, anche nelle parti centrali e remote del sistema». 

Così commentano i ricercatori.

«Una volta superato questo punto critico, forse non potremo più fare nulla», ha affermato l’ecologo Bernardo Flores dell’Università di Santa Catarina in Brasile, autore principale del rapporto.

«La foresta morirà da sola. È tempo – ha aggiunto Flores – di dichiarare un “allarme rosso” per l’Amazzonia, la più grande foresta pluviale tropicale del mondo».

Carlos Nobre, climatologo dell’Università brasiliana di San Paolo, non coinvolto nello studio afferma che «la nuova ricerca mostra quanto la foresta amazzonica sia vicina a un punto critico».

Secondo Nobre, abbiamo ormai distrutto circa il 18% della foresta amazzonica e, se questa cifra dovesse raggiungere il 20-25%, l’intera foresta potrebbe trasformarsi in savana.

Questa metamorfosi non è solo una trasformazione fisica del paesaggio, ma un dramma umano e naturale di proporzioni colossali. Anche gli incendi, alimentati dall’attività umana, contribuiscono a distruggere il “polmone verde”.

Una corsa contro il tempo per salvare l’Amazzonia

Ma c’è ancora speranza. Gli scienziati stanno cercando di decifrare i segreti di questa trasformazione drammatica.

Attraverso analisi complesse e meticolose, stanno cercando di capire i meccanismi che guidano questa metamorfosi senza precedenti. Studiando le aree boschive, esaminando le tendenze climatiche e umane, adesso cercano una soluzione per salvare il salvabile. 

C’è tuttavia bisogno di un’azione urgente e coordinata, a livello globale e locale.

Questo potrebbe essere l’unico modo per fermare la deforestazione, proteggere le foreste rimanenti e promuovere pratiche agricole sostenibili.

«La nostra intenzione era quella di mettere sul tavolo tutti i pezzi del puzzle e cercare di comprendere l’importanza di ciascuno di essi per il quadro complessivo».

Questa la spiegazione di Flores.

«I percorsi sono diversi, ma sono tutti collegati alla perdita di biodiversità», sottolinea Marina Hirota, coautrice dello studio, dell’Università brasiliana di Santa Catarina.

«Per le comunità indigene e altre popolazioni che dipendono dalla foresta per le loro risorse, questi cambiamenti rappresenterebbero una catastrofe imminente».

L’appello del ministro dell’Ambiente brasiliano 

L’anno scorso Marina Silva ha lanciato un appello accorato. Secondo il ministro dell’Ambiente brasiliano, per salvare l’Amazzonia ci vuole uno sforzo globale su scala pari a quella del Piano Marshall.

Per chi non lo sapesse, parliamo di uno dei piani politico-economici statunitensi per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Riguardo alla vasta gamma di risultati previsti dalla nuova ricerca, l’ecologista Nicola Clerici dell’Università del Rosario di Bogotà ha sottolineato l’importanza di ulteriori studi per aumentare il livello di certezza scientifica.

La politica di Bolsonaro: Amazzonia in caduta libera

Dal 2019, cioè da quando Jair Bolsonaro è entrato in carica come presidente del Brasile, la foresta amazzonica ha subito i peggiori colpi. Secondo uno studio internazionale condotto dallIstituto Nazionale per la Ricerca Spaziale in Brasile (INPE) e pubblicato su Nature il 20 Gennaio 2023, le emissioni di carbonio dalla foresta amazzonica sono approssimativamente raddoppiate nel 2019 e nel 2020 rispetto alla media del periodo precedente, che va dal 2010 al 2018.

Questo aumento delle emissioni è stato principalmente attribuito alla deliberata deforestazione e ai roghi provocati per fare spazio all’allevamento del bestiame e all’agricoltura, azioni che hanno caratterizzato i primi due anni di mandato di Bolsonaro.

A causa delle sue politiche scellerate, la deforestazione in Amazzonia è aumentata del 34% rispetto al 2018, raggiungendo la cifra di 10.129 km² di foresta distrutta.

Contrariamente ai cicli meteorologici che influenzano naturalmente le variazioni delle emissioni di carbonio dell’Amazzonia, l’aumento osservato sotto Bolsonaro è stato principalmente attribuito al sistematico declassamento dell’applicazione delle leggi ambientali in Brasile. Durante la sua presidenza, le multe per la deforestazione illegale sono diminuite notevolmente, mentre gli incendi e la deforestazione sono aumentati. Ma veniamo ai dati.

I dati di Greenpeace

Secondo quanto riportato da Greenpeace, il tasso annuo di deforestazione in Amazzonia nel 2019, era di 7.536 km². Nel periodo compreso tra l’agosto 2020 e il luglio 2021 sono stati distrutti 13.235 km² di foresta amazzonica: un aumento del tasso di deforestazione di oltre il 75% rispetto al 2018.

Bolsonaro come “El Niño brasiliano”

L’analisi degli scienziati evidenzia che Bolsonaro ha agito come un “El Niño brasiliano“, accentuando la crisi ambientale. Nonostante l’opportunità di proteggere le foreste del mondo attraverso il calo dei tassi di deforestazione in alcuni Paesi, come evidenziato dall’attuale presidente brasiliano, Luiz Inàcio Lula da Silva, il vertice panamazzonico non ha ancora raggiunto un accordo regionale per fermare la deforestazione, a causa di disaccordi su questioni come l’esplorazione di petrolio e gas.

Sempre una questione di interessi economici?

A quanto pare sì!

Numero verde ONA

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