venerdì, Aprile 26, 2024

Agenda 2030. Pensare il futuro

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I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 raccontati dai giovani

Pubblicata nel 2015, l’Agenda 2030 ha indicato 17 obiettivi, da raggiungere entro il 2030, importanti per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Sono problemi fondamentali che vanno dai cambiamenti climatici alla lotta alla povertà, dall’eliminazione della fame al consumo responsabile.

Una sfida che riguarda tutti i Paesi, dai singoli cittadini, alle organizzazioni sociali, a capi di Stato e di governo. Però, se non si conosce l’editto e il suo scopo, difficilmente ci sarà la volontà – individuale e politica – di agire e subito.

Alla domanda “quanto l’Agenda 2030 è conosciuta e condivisa?”, ha risposto la Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) insieme con l’UCSI (Unione Cattolica della Stampa italiana)

Agenda 2030 - Università Pontificia Salesiana

Le ricerche, firmate da Maria Paola Piccini e Paola Springhetti, affrontano due aspetti del problema.

La prima ricerca, di tipo quantitativo, esplora il mondo dei giovani per rilevare quale conoscenza hanno dell’Agenda e quanto e come sono coinvolti nel raggiungimento dei suoi obiettivi.

La seconda, di tipo qualitativo, riguarda invece il mondo dell’informazione, la sua disponibilità a dare spazio all’Agenda e le difficoltà che incontrano i professionisti nel coinvolgere il pubblico sui suoi temi.

Lo studio comprende, inoltre, alcuni commenti autorevoli, con il fine di aprire un dibattito sulla necessità di prendere sul serio il compito di “Pensare il futuro”.

La ricerca sui giovani

di Maria Paola Piccini
Agenda 2030 - Maria Paola Piccini
UPS, Professoressa Maria Paola Piccini

Rilevare e descrivere l’opinione pubblica, soprattutto giovanile, e il livello di consapevolezza in merito agli obiettivi dell’Agenda 2030, è lo scopo fondamentale dello studio che qui si propone. A tal fine è stato predisposto un breve questionario somministrato on-line dal 12 maggio al 9 giugno 2021 a giovani di età compresa tra i 18 e i 32 anni.

Il campione raggiunto è sostanzialmente un campione di convenienza, dunque, i risultati che ottenuti su di esso non sono in alcun modo generalizzabili all’intera popolazione target dello studio, tuttavia possono offrire degli interessanti elementi di riflessione.
Fra i 451 giovani che hanno deciso di partecipare rispondendo al questionario, si individua una netta prevalenza di giovani di sesso femminile (61,8%), l’età media degli intervistati è di circa 25 anni, con una buona percentuale di intervistati molto giovani. Infatti, la classe di età maggiormente rappresentata è quella dai 22 ai 24 anni (25,4%), seguita dalla classe 18-21 anni (24,9%).

Gli intervistati sono prevalentemente diplomati (39%) e laureati con laurea triennale (27,7%) o laurea magistrale (20,9%). Compatibilmente con le informazioni circa il titolo di studio, la percentuale di studenti nel campione ammonta al 51,4%.

Dove e come si informano i giovani

Il questionario si apre con l’area tematica dedicata alle abitudini e alle preferenze circa l’informazione degli intervistati. Alla richiesta di indicare quale sia il genere di informazione che interessa principalmente i rispondenti hanno indicato un ventaglio di generi che vanno dalla cultura, alla politica, dalla Scienza e tecnologia alla cronaca e alle notizie locali, dallo sport all’attualità e al gossip, per finire con l’informazione medica.

Si potrebbe pensare che i giovani intervistati siano, dunque, piuttosto
informati su argomenti rilevanti nel panorama sociale italiano e meno interessati ad argomenti poco salienti, come le notizie di gossip.

Per quanto concerne i mezzi di informazione preferiti dai giovani intervistati si noti una netta preferenza per i social network e i telegiornali, seguiti dai quotidiani online e i siti web d’informazione. L’elenco prosegue poi con i motori di ricerca su internet, la stampa quotidiana cartacea, le App su smartphone. Ottengono diverse indicazioni anche le tv all news e i giornali radio.

Tra i motivi della preferenza per i diversi mezzi di informazione ben oltre la metà degli intervistati indica l’accessibilità (58,8%), seguita dall’aggiornamento in tempo reale (18,2%) e, non senza sorpresa, la maggiore affidabilità (10,1%).

Nel dettaglio, sono ritenuti più accessibili e aggiornati in tempo reale mezzi d’informazione quali i social network e i telegiornali, i quotidiani on line e i siti web d’informazione, i motori di ricerca su internet, le App su smartphone.

La stampa quotidiana cartacea, la stampa periodica cartacea, insieme alle tv all news e ai giornali radio sono, invece, considerati i mezzi più affidabili.

Le risposte ottenute alla domanda circa la frequenza di esposizione ai diversi mezzi di comunicazione mostrano, complessivamente, il 74,4% di giovani intervistati che leggono quotidiani, settimanali e periodici tradizionali mai o raramente; gli stessi vedono anche poco la TV.

L’ascolto della radio mostra più o meno la stessa tendenza, mentre la navigazione in internet è molto più assidua, così come l’uso dei social network.

Per quanto riguarda complessivamente l’utilizzo specifico di mezzi di informazione on line si registrano punteggi medio-alti di esposizione da parte degli intervistati, così come per la fruizione di mezzi di informazione televisivi quali telegiornali e canali Tv all news; si rilevano invece punteggi medio-bassi relativamente all’uso di mezzi di informazione cartacei, di mezzi di informazione mobile e App e anche in merito all’utilizzo di mezzi di informazione radiofonici.

Si noti, inoltre, la maggiore fiducia attribuita dai rispondenti, nell’ordine, a ricerche scientifiche e scienziati, ai libri e ai docenti, seguiti da siti specializzati, stampa quotidiana cartacea, telegiornali, parenti, giornali radio, tv all news, stampa periodica cartacea, amici, blog specializzati, quotidiani online.

Minore fiducia è attribuita a siti web di informazione, motori di ricerca su internet, web radio, sistema dei media nel suo complesso, Televideo/Mediavideo, App su smartphone, stampa free press, social network, blog/forum online. Ancora minore fiducia, infine, è attribuita dai giovani intervistati a politici e ai partiti, ai servizi sms tramite telefono cellulare e agli influencer.

In sintesi, la fiducia attribuita è medio-alta nei confronti delle fonti tradizionali, della Radio e Free Press, della Scienza e Conoscenza, dei Blog e siti specializzati e di amici e parenti, mentre è medio-bassa nei confronti dei New Media.

Il concetto di “sostenibilità”

La prima area tematica del questionario si chiude con un test di associazione libera di parole al concetto-stimolo “Sostenibilità”. Il ventaglio di parole utilizzate dagli intervistati è molto ricco e, in particolare, le più frequenti sono: Ambiente (129), Futuro (63), Ecologia (60), Economia (42), Riciclo (38), Sviluppo (23), Rispetto (20), Natura (18).

La mappa concettuale costruita sulla base di queste informazioni è composta da quattro dimensioni fondamentali di significati. Una prima dimensione è focalizzata su temi ambientali ed ecologici, ma anche economici e con una certa attenzione ai temi del futuro e del lavoro.

Segue una seconda dimensione centrata sugli aspetti dell’innovazione e del progresso, ma nel rispetto della natura. Una terza dimensione è dedicata ai concetti di economia circolare, crescita, impegno e cooperazione sociale. Per finire poi con una quarta dimensione determinata dai concetti di giustizia, equità, uguaglianza, responsabilità e benessere.

In estrema sintesi, il concetto di Sostenibilità evoca nei giovani intervistati un patrimonio concettuale in primo luogo connesso con le tematiche ambientali e, in secondo luogo, con tematiche di tipo economico. Per finire, poi, con questioni più spiccatamente sociali, quali l’equità, la giustizia e la lotta alle disuguaglianze.

I temi dell’Agenda 2030

Il 48,5% dei giovani rispondenti dichiara di conoscere l’Agenda 2030 a fronte di una maggioranza che afferma di non conoscerla. L’importanza dei temi dell’Agenda stessa nella vita degli intervistati e i punteggi medi ad essi attribuiti sono tutti molto elevati, ad eccezione dell’ultimo degli obiettivi, quello concernente la Partnership per il raggiungimento degli obiettivi.

In particolare, si sottolinea l’interesse verso temi quali: l’Istruzione di qualità, il Lavoro dignitoso e crescita economica, le Imprese innovazione e infrastrutture, la Riduzione delle Disuguaglianze, la Salute e Benessere, la Pace, giustizia e istituzioni solide, la Parità di genere, seguiti dall’interesse verso temi di carattere ambientale (la Vita sott’acqua, la Vita sulla terra, la Lotta contro il Cambiamento climatico, il Consumo e produzione responsabili, le Città e comunità sostenibili, l’Energia pulita e accessibile).

Segue poi l’interesse nei confronti di temi quali: la Lotta alla Fame, la Lotta alla Povertà, l’Acqua pulita e servizi igienico sanitari. In assoluto, i temi che più interessano i giovani intervistati sono quello dell’Istruzione di qualità (49,2%), seguito da Salute e benessere (36,6%) e da quello sulla Parità di genere (29,4%).

L’obiettivo ritenuto prioritario dal punto di vista dell’intervento politico ed economico è quello dell’Istruzione di qualità (45,2%), seguito dalla Lotta alla povertà (42,6%), dalla Salute e benessere (34%), dal Lavoro dignitoso e crescita economica (29,4%) e dalla Lotta contro il cambiamento climatico (27,7%).

Le maggiori preoccupazioni della gente circa gli obiettivi dell’Agenda 2030, secondo gli intervistati, si concentrano su Lavoro dignitoso e crescita economica (61,5%), Salute e benessere (52,7%) e, se pure con grande distacco, su Parità di genere (29,1%), Lotta alla povertà
(28,4%) e Lotta contro il cambiamento climatico (26,4%).

Per quanto concerne l’opinione dei giovani intervistati, circa la maggiore conoscenza a livello globale degli obiettivi dell’Agenda 2030, è interessante notare come le risposte si concentrino sulla Lotta contro il cambiamento climatico (60,4%), Lotta alla Povertà (54,5%), Lotta alla Fame (46,2%), seguite da Parità di genere (33,3%) e Salute e Benessere (21,5%).

Alla domanda che invita gli intervistati ad indicare, secondo la loro opinione, quanto si parla nei media dei temi dell’Agenda 2030, mediamente le risposte si sono attestate su una posizione piuttosto bassa. Infatti la media dei punteggi è 4,45 che, in termini di voti, corrispondere a una valutazione insufficiente.
Il questionario prosegue con l’area tematica dedicata agli attori sociali e alle problematiche globali correlate direttamente agli obiettivi dell’Agenda 2030.

Punteggi molto elevati di responsabilità vengono attribuiti a: Comportamento delle persone, Politica, Multinazionali, Guerre, Criminalità organizzata, Economia, Produzione di armi, Mercati, Finanza, Terrorismo, Imprese, Allevamenti intensivi di carne, Trasporti terrestri, Trasporti aerei.

Punteggi meno elevati, se pure consistenti, vengono attribuiti a: Trasporti navali, Famiglia, Scuola, Cultura, Pesca, Tecnologia, Agricoltura.

Infine, minore responsabilità è mediamente attribuita a Scienza e Religione. A seguire, nel questionario si affronta il tema della conoscenza di diverse problematiche globali, sempre connesse con gli obiettivi dell’Agenda 2030.

È interessante notare come punteggi piuttosto elevati di conoscenza vengano attribuiti dai rispondenti a: Uguaglianza di genere, Diritto alla salute, Razzismi, Diritto allo studio, Democrazia, Diritti umani, Globalizzazione, Inquinamenti, Surriscaldamento dell’ambiente, Povertà, Diritti dei lavoratori.

Punteggi meno elevati, corrispondenti a un livello di conoscenza sufficiente, vengono attribuiti a: Populismi, Deforestazioni, Sottosviluppo.

Infine, minore conoscenza è riconosciuta mediamente dagli intervistati in merito a Geopolitica, Ecomafie, Guerre per procura.

A seguire, nel questionario si affronta il tema dell’efficienza delle scelte energetiche in vista del miglioramento della questione ambientale.

In questo caso, si noti come punteggi piuttosto elevati di efficacia vengano attribuiti dai rispondenti a: Energia solare, Riciclare materiali, Energia idroelettrica, Energia eolica. Punteggi meno elevati vengono attribuiti a: Trasporti
elettrici e Gas naturale.

Le preoccupazioni per il futuro

L’attenzione del questionario si concentra, poi, su quattro degli obiettivi dell’Agenda 2030 ritenuti particolarmente rilevanti per i giovani. È da sottolineare come tutti e quattro gli obiettivi abbiano registrato punteggi molto elevati di importanza. Si segnalano, nell’ordine: Istruzione di qualità, Lotta contro il cambiamento climatico, Ridurre le disuguaglianze, Lavoro dignitoso e crescita economica.

Per quanto concerne, poi, le preoccupazioni circa il futuro dei giovani intervistati è importantissimo notare come la grande maggioranza di essi (92%) si dichiari Abbastanza (56,4%) e Molto preoccupato (35,6). In particolare, si dichiarano abbastanza preoccupati per la possibilità di trovare (o mantenere) lavoro in futuro il 38,1% e molto preoccupati il 42,1% dei rispondenti.

Di conseguenza, è interessante analizzare le risposte rilevate alla domanda su quali, gli intervistati, pensano possano essere le professioni del futuro. Le risposte indicano: Social media manager (56,3%), Medici, infermieri, psicologi (55,2%), Sviluppatori di App (43,8%), Data Scientist (39,6%), E-commerce Manager (33,9%), Designer di realtà virtuale (29,2%), Influencer (27,6%), Medici bio-biotici (24%), Raccoglitori di energia (22,4%), Agricoltori genetisti (19,8%), Ingegneri spaziali (19,8%), Virtual assistant (19,8%), Software Trainer (19,8%), Manager personal coach (18,8%), Data journalist (18,8%), Interpreti e traduttori (18,8%), Consulenti della terza età (16,1%).

Gli stili di vita

La seguente area tematica del questionario si apre con una domanda relativa alla disponibilità da parte dei giovani intervistati a modificare il proprio stile di vita con riferimento specifico ai temi dell’Agenda 2030.

Tale disponibilità è sempre decisamente ampia, infatti, si rilevano percentuali ben al di sopra del 50% degli intervistati in corrispondenza della risposta “decisamente sì” per ognuno degli Obiettivi, fatta eccezione per i temi Lotta alla Fame, Città e comunità sostenibili, Consumo e produzione responsabili, Lotta alla Povertà, Imprese innovazione e infrastrutture, Partnership per gli obiettivi, tutti obiettivi che mostrano percentuali di disponibilità minori, facendo concentrare gli intervistati, comunque, sulla risposta “Più sì che no”.

A seguire, agli intervistati è stata proposta una scala di valutazione di quelle che sono le pratiche comportamentali che possono contribuire a realizzare l’Agenda 2030. Punteggi piuttosto elevati vengono attribuiti dai rispondenti a: praticare correttamente la raccolta differenziata dei rifiuti, evitare il più possibile l’uso di plastica, se possibile muoversi in bicicletta, mangiare prodotti locali, utilizzare l’automobile il meno possibile, non lasciare le luci accese se non servono, usare detergenti completamente biodegradabili, boicottare brand che distruggono l’ambiente, effettuare la manutenzione degli impianti di casa, acquistare cibo a km zero, utilizzare servizi di fornitura elettrica provenienti da fonti sostenibili, usare la lavatrice a pieno carico, fare docce brevi e usare l’acqua solo per sciacquarsi, boicottare brand che sfruttano i lavoratori, fare vacanze eco sostenibili, utilizzare tecnologia rigenerata, spegnere e non lasciare in stand by apparecchi elettronici, usare lampade led, acquistare cibo equosolidale, bere acqua di rubinetto, riparare scarpe e vestiti, usare prodotti sfusi, mangiare più verdure e meno carne, fare attività sportiva.

Ancora, per quanto concerne le preoccupazioni dei giovani intervistati si noti come le risposte si concentrino su: l’inquinamento ambientale (53,0%); la violenza/delinquenza presente nella società (bullismo, mafia, criminalità, terrorismo…) (43,8%); la crisi economica mondiale (43,2%), non sapere cosa fare in futuro (42,2%), per poi proseguire con la situazione politica italiana (39,5%), la pandemia Covid-19 (33,0%), la disonestà della gente (24,9%), i problemi affettivi (22,7%), le difficoltà nello studio (21,6%), non avere una preparazione sufficiente per trovare lavoro (20,5%).

La ricerca sull’informazione

di Paola Springhetti

Parlano i professionisti dell’informazione

Agenda 2030 - Paola Spiringhetti
UPS, Professoressa Paola Spiringhetti

L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è stata sottoscritta nel settembre del 2015: sono dunque ormai sei anni che esiste e ne mancano solo nove per raggiungere gli obiettivi che propone.
È dunque lecito chiedersi se l’informazione l’abbia recepita e in che misura. I suoi obiettivi infatti, hanno bisogno dell’informazione: non possono essere raggiunti se non attraverso la convergenza di scelte politiche, economiche e culturali; scelte fatte ed attuate dalla politica, dalle istituzioni, dalle varie componenti della società civile, ma anche scelte individuali dei cittadini. E non ci può essere convergenza sulle scelte se non c’è condivisione degli obiettivi.

Ma l’informazione mainstream, riesce ad assolvere questo delicato ma fondamentale compito?
Quali difficoltà incontra, laddove abbia la disponibilità per farlo? Per rispondere è nata questa ricerca qualitativa che, attraverso una serie di interviste guidate, ha dato voce da una parte a chi l’informazione la costruisce (direttori/direttrici di testata e giornalisti/e), dall’altra a chi avrebbe i contenuti da offrire all’informazione (le fonti).

Hanno risposto 9 direttori, 8 giornalisti, 7 enti.

I direttori intervistati sono: Fabio Bogo, direttore responsabile di Green&Blue (mensile e content hub digitale, dedicato principalmente ai temi dell’ambiente, della sostenibilità dell’innovazione per la transizione ecologica); Luigi Contu, direttore responsabile dell’agenzia ANSA; Emanuele Dessì, direttore responsabile del gruppo Unione Sarda (quotidiano), con Videolina (tv), UnioneSarda.it (web), Radiolina (radio); Luciano Fontana, direttore responsabile del Corriere della Sera cartaceo e web; Michele Partipilo, direttore responsabile della Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano cartaceo e web; don Antonio Rizzolo, direttore di Famiglia Cristiana settimanale cartaceo e web; Simona Sala, direttrice della testata RAI Giornale Radio e di Radio Uno; Andrea Tornielli, direttore editoriale presso il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, cui fanno capo il quotidiano cartaceo L’Osservatore Romano, il sito web Vatican News (web) e Radio Vaticana; Giuseppe Vecchio, direttore responsabile de La voce dell’Jonio, testata non profit on line.

Gli otto giornalisti intervistati sono: Maurizio Di Schino di TG2000; Cristina Gabetti di Striscia la notizia, programma televisivo di intrattenimento; Vincenzo Iurillo del quotidiano Il Fatto; Helena Jovanovič, della RAI (sede di Trieste); Marilù Mastrogiovanni, collaboratrice della testata web Il
Tacco D’Italia e di Scuola E Amministrazione (mensile cartaceo e on line); Anna Pozzi, freelance, collaboratrice del mensile Mondo e Missione; Antonello Riccelli, coordinatore di Telegranducato (che ha risposto anche a nome della redazione); Paolo Seghedoni, del quotidiano Gazzetta di Modena.

Non si può definire un campione statisticamente rappresentativo, quanto piuttosto un campione di convenienza, perché hanno scelto di rispondere quelli che sapevano di avere qualche cosa da dire, in genere perché già impegnati nel fare informazione a proposito dell’Agenda 2030 o sui suoi temi.

Si è comunque cercato di avere testimoni di testate diverse: nazionali e locali, su diversi mezzi di comunicazione, di diverso orientamento culturale.
Quanto alla scelta delle fonti, sono stati privilegiati enti della società civile, essendo il rapporto tra l’informazione mainstream e quest’ultima da sempre problematico.

L’ANSA, che in quanto agenzia per i giornalisti è una fonte, qui viene interpellata come testata, perché parte del mondo professionale giornalistico.

L’Agenda 2030 nelle redazioni

Con direttori/direttrici e giornalisti/giornaliste si è cercato di capire in che modo il programma dell’ONU si sia conquistato spazio nelle redazioni.

La premessa è che sui tre elementi fondamentali dell’Agenda – ambiente, inclusione sociale e crescita sostenibile – già si lavorava e che comunque questa indagine è stata fatta dopo due anni di pandemia e di conseguenti emergenze sociali e crisi economica.

Le testate riconducibili ad una matrice culturale cattolica, inoltre, erano spinte ad occuparsi dei temi dell’Agenda anche dall’insegnamento dei papi: Francesco in particolare (la “Laudato Si’” è del 2015 come l’Agenda 2030), ma anche i precedenti.
Detto questo si registra qui una prima differenziazione, tra testate grandi e testate piccole.
Semplificando, possiamo dire che nelle testate più grandi ci sono stati cambiamenti profondi: man mano che alcuni temi si imponevano, gli si dedicavano più spazi, o addirittura se ne aprivano di nuovi, con nuovi prodotti, nuovi progetti, investendo quindi anche in risorse umane.

Nelle testate più piccole ci si è limitati a ricavare qualche spazio nella programmazione, foliazione od organizzazione ordinarie.

In genere, i giornalisti appaiono un po’ più pessimisti dei direttori, nel valutare il “peso” dell’Agenda sull’informazione e fanno notare che alcuni temi sono entrati nel lavoro ordinario solo negli ultimi due o tre anni, grazie ad una serie di concomitanze: il movimento dei FridaysForFuture,
la pandemia, il PNRR e così via.

Ciò nonostante, da quando è entrata in redazione, l’Agenda ha «cambiato l’approccio ai temi dello sviluppo sostenibile»; «c’è maggiore attenzione e un’informazione più completa che genera sul territorio una sensibilità più diffusa»; è diventata «un punto di riferimento per poter fare un giornalismo basato sui dati».
Se comunque la scelta di investire spazi e strumenti sull’Agenda appare legata alla disponibilità di risorse, più che a valutazioni di merito, quella di accompagnare l’approfondimento alle notizie sembra trasversale a grandi e piccoli: tutti riconoscono la necessità di non limitarsi a dare notizie di cronaca, ma di offrire approfondimenti di vario tipo.

Gli obiettivi che hanno più spazio

Energia, transizione ecologica, welfare, parità di genere, educazione: sembrano questi i cinque temi dell’Agenda che occupano più spazio nell’informazione, ma con molte eccezioni, dovute soprattutto al fatto che gli obiettivi sono strettamente legati tra loro.
Questi sono comunque i temi che incrociano maggiormente la cronaca, anche quella locale, con cui si confrontano le testate più legate ai territori (per fare un esempio, pensiamo a come influenza l’agenda dell’informazione l’Ilva a Taranto).

Sui temi però si evidenzia una seconda differenziazione: mentre le testate laiche sembrano privilegiare i temi ambientali, quelle cattoliche segnalano come centrale il tema della povertà e delle disuguaglianze e, in seconda battuta, la pace, intesa non solo come assenza di conflitti, ma anche come solidarietà.

La formazione dei giornalisti

Agenda 2030 - words are important

Se può essere scontato che una testata specializzata abbia una redazione costituita da specialisti in materia, o che testate grandi abbiano al proprio interno giornalisti esperti, più articolato diventa il discorso sui redattori e collaboratori in altre testate, la maggior parte delle quali ha affrontato un periodo di transizione, per fortuna basato su un dato positivo: l’interesse e la disponibilità dei redattori.

Anche sul tema della competenza specifica dei giornalisti, dunque, si evidenzia una differenziazione, tra le testate grandi, che possono contare sulla presenza di esperti o possono reclutarli, e quelle medie e piccole, per le quali questo è più difficile.

Il tema della formazione, comunque, è stato risolto sul campo – ci si forma partecipando agli eventi, studiando i rapporti, occupandosi con continuità di un tema – e affidandosi all’impegno personale nell’aggiornarsi e approfondire.

Il rapporto con le fonti

Naturalmente, è ampio e variegato il ventaglio delle possibili fonti d’informazione sui temi legati agli obiettivi dell’Agenda. I direttori interpellati citano principalmente – o meglio quasi esclusivamente – fonti istituzionali primarie (agenzie, Università e centri di ricerca, enti nazionali come l’Istat o la Banca d’Italia e internazionali…) e secondarie (interviste a personaggi pubblici o del mondo della ricerca, altri giornali, spesso stranieri…).

Anche se qualcuno ricorda la necessità di “dare voce alla gente”, più che altro per rendere meno noiosi i servizi.

Con l’eccezione di ASVIS (Agenzia italiana per lo Sviluppo Sostenibile), le fonti della società civile sono citate più dai giornalisti che dai direttori e soprattutto dalle testate cattoliche (ed ecco un’altra differenziazione), che dichiarano di valorizzare programmaticamente associazioni, movimenti, chiese locali eccetera.

Strettamente legato al problema di “quali fonti” privilegiare, si pone quello del rapporto da stabilire con esse. I giornalisti vorrebbero non essere solo altoparlanti che diffondono ciò che le fonti decidono di rendere pubblico. Vorrebbero poter stabilire rapporti di collaborazione, che diano anche la possibilità di porre domande ed ottenere risposte.

Ma rapportarsi alle fonti non è sempre facile, per almeno due motivi: il linguaggio e il fatto che non adottano criteri di notiziabilità in sintonia con quelli giornalistici. Inoltre, i giornalisti denunciamo la poca propensione delle fonti istituzionali a collaborare, rendendosi disponibili a fornire risposte, approfondimenti, materiali aggiuntivi.
Tutti però riconoscono che negli ultimi anni c’è stato un innesto di professionalità della comunicazione in alcuni mondi: università, associazioni datoriali, organizzazioni sindacali hanno capito che è importante affidarsi a professionalità sicure.

Lo spazio dell’Agenda 2030

I giornalisti sono piuttosto critici con le testate in cui lavorano: la maggior parte di loro ritiene che non si occupino sufficientemente dell’Agenda 2030, oppure che lo facciano in modo non abbastanza continuativo (ma anche su questo c’è una differenziazione: l’insoddisfazione riguarda soprattutto le testate medio-piccole).

I giornalisti sono critici anche nei confronti dell’informazione mainstream nel complesso: pur riconoscendo che alcuni esperimenti interessanti ci sono, e che la pandemia e il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) stanno in qualche modo fungendo da acceleratore, lo spazio dedicato all’Agenda appare ancora insufficiente.

I motivi sono legati ai mali strutturali della nostra informazione: la fretta, per cui non c’è tempo per inchieste e approfondimenti; la tendenza a rincorrere la cronaca; la tendenza a politicizzare l’informazione e a “ricadere nelle logiche della propaganda”; l’influenza dei modelli aziendali basati sulla pubblicità.

Ma su questi punti c’è una distinzione importante, fatta notare da più di un intervistato: un conto è fare informazione sui temi dell’Agenda, un altro conto informare sull’Agenda stessa. Oggi i temi – soprattutto alcuni – hanno spazio; lo strumento, cioè l’Agenda, molto meno.

E quindi molti non la conoscono, né sanno a che punto siamo rispetto agli obiettivi e se ci stiamo avvicinando ad essi, e cosa davvero serve per raggiungerli.
Anche da questo discende una certa vaghezza, a volte, nell’affrontare alcuni temi oppure l’usura di alcuni termini, come “sostenibile” o “green”, diventati talmente di moda da avere perso contorni semantici chiari.

Gli interessi del pubblico

In questo momento, secondo i professionisti e le professioniste dell’informazione, gli obiettivi che interessano maggiormente il pubblico sono quelli che riguardano il clima e quelli legati all’ambiente, anche perché ogni grande evento e ogni catastrofe risvegliano l’interesse. E al tema dell’ambiente sono connessi quelli dell’energia pulita e della transizione ecologica.

Ancora una volta, sono i media cattolici a differenziarsi, segnalando il tema della povertà come quello che coinvolge di più, per una questione di empatia o perché legato ad altri problemi, come la fame, l’acqua pulita, la salute, rilanciato dal diffondersi della pandemia da Covid 19.

Parlano le fonti

Sono stati intervistati Antonio Barone, responsabile della comunicazione WWF Italia, ONG impegnata soprattutto negli obiettivi 13, 14, 15; Gigi Borgiani, coordinatore del Tavolo Giustizia E Solidarietà (1,2,3,4 8,11,12); Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione Con Il Sud (8, 10, 11), Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenacord (6, 7, 11, 13, 14, 15); Stefano Laporta, presidente ISPRA (6, 7, 11, 13, 14, 15); Ottavia Ortolani (e Giulio Loiacono), responsabile progetti comunicazione advocacy Asvis (tutti gli obiettivi); Roberto Sensi, Policy Advisor e Advocacy sul programma “Diseguaglianze globali” di Actionaid Italia (1, 2).

Le priorità nell’impegno comunicativo

Prendersi cura della comunicazione, per gli enti intervistati, ha un presupposto: che ci si sia presi cura dei contenuti. E quindi l’impegno è prima di tutto di pubblicare rapporti o fornire informazioni attendibili, complete e affidabili.
Il secondo passo è quello di proporli con linguaggi che ne facilitano la comunicazione. C’è dunque una divergenza tra quanto emerge dai giornalisti (secondo i quali le fonti spesso parlano un linguaggio tecnico, difficile da “tradurre” e divulgare), e quanto affermano le fonti, che si dicono impegnate esattamente su questo fronte, usando immagini, diversificando gli strumenti di comunicazione. Nella loro critica, però i giornalisti sembrano riferirsi soprattutto alle fonti istituzionali, mentre qui sono state interpellate soprattutto fonti della società civile.

Tutti gli enti intervistati hanno un ufficio stampa e i responsabili sono giornalisti. E tutti sono impegnati nella gestione di strumenti diversi: tradizionali (ufficio stampa, newsletter, sito, eventi…) e nuovi (social media, video, webinar…).

Anche i linguaggi praticati, di conseguenza, sono estremamente diversi: al linguaggio scritto e grafico degli articoli, dei comunicati, dei rapporti e delle pubblicazioni e a quello orale degli eventi in presenza od online, si aggiunge la produzione di immagini fotografiche, video e, per ISPRA, anche documentari.

Sembra di cogliere, comunque, una certa centralità del sito web, che diventa un po’ il punto di convergenza dei vari contenuti, variamente diffusi.

Il rapporto con i giornalisti

Nonostante l’investimento fatto da questi enti nell’acquisire professionalità in ambito comunicativo e nel cercare di venire incontro alle richieste dei giornalisti, il rapporto con questi ultimi resta segnato da alcune difficoltà, probabilmente di natura strutturale.

C’è prima di tutto un problema relativo ai criteri di notiziabilità delle testate giornalistiche. Vista la capacità dei media di influenzare la scelta dei temi all’ordine del giorno, se alcuni contenuti non sono in quel periodo nell’agenda mediatica, non passano, per quanto impegno ci possano mettere gli enti.
C’è poi un problema relativo alle routine delle redazioni, focalizzate sulla cronaca, e ai tempi di produzione delle notizie, che determinano uno “short-termism”, cioè un pensare a corto respiro. C’è infine un’incongruenza con i criteri di notiziabilità adottati nelle redazioni, incentrati sull’emergenza, sulla notizia drammatica, sulla novità.

Cosa fa notizia

A fare notizia sono soprattutto i rapporti, frutto di ricerche e quindi ricchi di dati e anche di ipotesi interpretative. Naturalmente, tutto è più facile se si lavora su un tema popolare, come quelli legati all’ambiente.
Alla domanda se ci sono temi più difficili di altri da veicolare ai media, ognuna delle fonti interpellate tende a indicare quelli di cui si occupa maggiormente: sintomo di un rapporto ancora frustrante tra le fonti e gli organi di informazione.

Ci sono poi temi che incrociano più di altri il rapporto tra informazione e politica, rimanendone prigionieri. Il caso più evidente è quello dell’immigrazione, di cui si parla molto, ma in modi stereotipati e secondo narrazioni – come quella securitaria – con forti implicazioni politiche.
Trasversale a tutti i temi è invece il problema delle buone notizie, ancora una volta legato ai criteri di notiziabilità: le buone notizie non hanno rilevanza e, se prese in considerazione, vengono facilmente relegate in spazi e rubriche “dedicati”, dove restano un po’ ghettizzati.

Collegato a questo c’è un altro problema irrisolto: quello che riguarda le realtà non profit, spesso ignorate – soprattutto se si occupano di sociale – perché inserite in cornici narrative stereotipate, che impediscono di considerarle fonti di informazione interessanti e di valutarne l’impatto.

Cosa chiedono i giornalisti

Le richieste dei giornalisti variano molto da testata a testata, anche in base al livello di specializzazione con cui lavorano. Oltre ai dati i giornalisti chiedono storie, e questa è una prospettiva che ha due facce: da una parte sono importanti per cercare di contestualizzare quello che i goal significano, dall’altra rischiano di occupare anche lo spazio che andrebbe ai dati e agli approfondimenti. Di qui la preoccupazione di «superare lo stereotipo per cui funzionano solo le storie…».
Sempre di più, inoltre, i giornalisti chiedono, oltre alle notizie, anche materiali per confezionarle: immagini, video e fotografiche, di qualità.

La formazione dei giornalisti

Il giudizio sulla formazione dei giornalisti vede in genere più pessimisti gli intervistati che si occupano soprattutto di temi sociali e più positivi quelli si occupano soprattutto di ambiente e clima.
Alcune delle fonti interpellate organizzano corsi di formazioni con i crediti rilasciati dall’Ordine dei Giornalisti, cercando così di dare il proprio contributo all’aggiornamento e alla formazione dei professionisti dell’informazione.

Lo spazio per l’Agenda 2030 nell’informazione mainstream

È difficile, per gli intervistati, valutare se l’informazione mainstream dia sufficiente spazio all’Agenda. Ancora una volta torna la distinzione tra i temi e l’Agenda in senso stretto, con i suoi obiettivi, che non rientra nelle priorità dei media…

Prevale quindi la valutazione che vede l’Agenda decisamente trascurata.
In altre parole, da una parte c’è il rischio del green washing, cioè dello spammare parole entrate nell’uso e nella sensibilità comune, per accattivarsi le simpatie del lettore (o del consumatore, quando a farlo sono le imprese); dall’altra c’è il rischio che molte buone prassi o addirittura esperienze entrate nel modo abituale di produrre e lavorare, non vengano comunicate (come abbiamo detto, ciò che è normale, quotidiano o positivo non fa notizia).

Le proposte

Sia ai professionisti/professioniste dell’informazione, sia alle fonti è stato chiesto di fare proposte per un’informazione più ampia e più completa sull’Agenda 2030. Sono emerse idee molto diverse tra loro, di cui elenchiamo qui sono alcuni esempi.

  • Stanziare fondi ad hoc, perché le testate possano sviluppare rubriche specifiche su questi temi…
  • Andrebbe fatta una fotografia puntuale, da parte dell’informazione, dello stato di avanzamento degli obiettivi, anche perché un conto è discuterne, un conto è declinarli in attività amministrative, di governo e di politiche globali.
  • Servirebbe un’opera di sensibilizzazione attraverso grandi comunicatori come influencer, personaggi tv, scienziati noti al pubblico, anche istituendo una giornata dedicata (come ad esempio c’è una giornata dedicata alla Shoah).
  • Creare un’App, un “calcolatore universale”, che quantifichi quanto ogni comportamento sbagliato incida sull’ambiente, e quanto invece un comportamento corretto lo aiuti. Oppure aprire sui siti web delle testate, programmi che consentano di catalogare i comportamenti della giornata e dare un punteggio di modo da stimolare il raggiungimento di determinati obiettivi.
  • Coinvolgere non solo le scuole, ma anche gli organismi della società civile in progetti di sensibilizzazione.
  • Il non profit dovrebbe “appropriarsi” maggiormente dell’Agenda 2030, che può dare propulsione al settore.

Numero verde ONA

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